Nella giornata di ieri, domenica di Pentecoste, papa Francesco ha fatto entrare in vigore la sua riforma della curia romana. La costituzione apostolica Praedicate Evangelium sostituisce la Pastor Bonus promulgata nel 1988 da San Giovanni Paolo II. Una rivoluzione frutto di una lunga preparazione e di un duro e complesso lavoro, durato ben nove anni. Lo stesso numero dei cardinali, di ogni parte del mondo, chiamati a collaborare fianco a fianco con papa Francesco per la redazione del testo. Possiamo dire che Roma è stata “cambiata” dal mondo.
Il nuovo ruolo dei laici
Novità assoluta il ruolo decisivo assegnato ai laici, maschi e donne. Un’autentica rivoluzione. A questi viene consentito l’accesso alla guida dei dicasteri, organismi che sino a ieri erano denominati congregazioni o pontifici consilii, in maggior parte appannaggio di cardinali. I nuovi dicasteri sono sedici: ristrutturati e riorganizzati nei contenuti, nelle competenze e nei poteri. Primato assoluto alla competenza specifica: “La potestà di governo nella Chiesa non discende più dal sacramento dell’Ordine (cioè dall’ordinazione sacerdotale o episcopale – ndr) ma dalla missione canonica”. Passiamoli in rassegna, almeno nominalmente, questi dicasteri, scorrendo l’indice della costituzione apostolica, nell’ordine indicato che ne evidenzia l’importanza.

Costituzione Apostolica “Praedicate Evangelium” sulla curia romana e il suo servizio alla chiesa e al mondo
INDICE
I Preambolo
II Principi e Criteri per il servizio della Curia Romana
III Norme generali (artt. 1 – 43)
IV Segreteria di Stato (artt. 44 – 52) (con ampia revisioni nei poteri, è collocata fuori dai dicasteri)
V Dicasteri: 1 – Dicastero per l’Evangelizzazione (artt. 53 – 68): presieduto direttamente dal papa, 2 – Dicastero per la Dottrina della Fede (artt. 69 – 78), 3 – Dicastero per il Servizio della Carità (artt. 79 – 81), 4 – Dicastero per le Chiese orientali (artt. 82 – 87), 5 – Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (artt. 88 – 97), 6 – Dicastero delle Cause dei Santi (artt. 98 – 102), 7 – Dicastero per i Vescovi (artt. 103 – 112), 8 – Dicastero per il Clero (artt. 113 – 120), 9 – Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (artt. 121 – 127), 10 – Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita (artt. 128 – 141), 11 – Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani (artt. 142 – 146), 12 – Dicastero per il Dialogo Interreligioso (artt. 147 – 152), 13 – Dicastero per la Cultura e l’Educazione (artt. 153 – 162), 14 – Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale (artt. 163 – 174), 15 – Dicastero per i Testi legislativi (artt. 175 – 182), 16 – Dicastero per la Comunicazione (artt. 183 – 188) già assegnato a un laico, il giornalista Paolo Ruffini.
VI Organismi di giustizia
Organismi di giustizia (art. 189), Penitenzieria Apostolica (artt. 190 – 193), Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica (artt. 194 – 199) (presieduto da un cardinale), Tribunale della Rota Romana (artt. 200 – 204)
VII Organismi economici
Consiglio per l’economia (artt. 205 – 211) (presieduto da un cardinale), Segreteria per l’economia (artt. 212 – 218), Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (artt. 219 – 221), Ufficio del Revisore Generale (artt. 222 – 224), Commissione di Materie Riservate (artt. 225 – 226), Comitato per gli Investimenti (art. 227)
VIII Uffici
Prefettura della Casa Pontificia (artt. 228 – 230), Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice (artt. 231 – 234), Camerlengo di Santa Romana Chiesa (art. 235 – 237)
IX Avvocati (artt. 238 – 240)
X Istituzioni collegate con la Santa Sede (artt. 241 – 249)
XI Norma transitoria (art. 250)
Dai cardinali ai laici

Solo per due organismi è stato previsto che a presiederli sia un cardinale. La curia non è più il centro di potere nel quale vigeva la logica della carriera dei preposti. A volte abbiamo dovuto registrare cronache di lotte intestine e scandali all’interno di questi organismi. A ben guardare, questa riorganizzazione coincide con il grande lavoro sinodale voluto da papa Francesco e che la chiesa sta compiendo, con fatica, in Italia e nel mondo, a tutti i livelli. La “riforma” è un’attenta rilettura del suo essere missionaria nel mondo ma anche al suo interno. Posizioni di vertice ricoperte come mandato a termine, per tutti: cinque anni, salvo il riconoscere valore professionale disgiunto, però, da “mire carrieristiche”.
Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, sono scelte rivoluzionarie, che si fondano sulla competenza e non certo sulle sgomitate o sul chiacchiericcio. Certamente questa “riforma” (ma chissà quando) potrà avere una ricaduta anche a livello diocesano. Il ritardo nell’applicazione di una norma, di una legge significa non condivisione e voglia di affossamento senza dichiararlo. Il fattore “tempo” ci potrà dire come certe cariche, certi livelli di responsabilità creano rendite inaccettabili di potere e di posizione determinando, a volte, abusi o snaturando la loro stessa funzione. Abbiamo avuto modo, analizzando dei casi, di capire, di segnalare, di denunciare prevaricazioni e incrostazioni a tutti i livelli nella chiesa, dal vertice alla periferia, e di registrare forti resistenze al cambiamento.
Sarà il caso di dare reali poteri di analisi e di verifica agli “organismi di partecipazione” voluti dal Concilio ecumenico Vaticano II (i consigli pastorali, diocesani e parrocchiali) o inesistenti o ridotti a centri di obbedienza di decisioni già prese altrove. Concilio voluto da papa San Giovanni XXIII e svoltosi a Roma, in San Pietro, dall’11 ottobre 1962 all’8 dicembre 1965, concluso da papa San Paolo VI, con la partecipazione di circa 2450 vescovi giunti da tutto il mondo. Anni di grande fervore, di risveglio (“la primavera della Chiesa”), di ricerca, di riposizionamento della comunità ecclesiale nei confronti del mondo contemporaneo, a partire dalla riforma liturgica che introdusse, per noi, le celebrazioni in lingua italiana. Una riscoperta della parola di Dio, della bibbia; un input alla valorizzazione del ruolo dei laici e degli organismi di partecipazione.

Il problema vero è stata l’accettazione dalla base, a partire dai vescovi e anche dal riscoperto e ritrovato “popolo di Dio”, in esso, dei laici. Oggi, a distanza di quasi sessant’anni dalla sua conclusione, la chiesa marcia ancora con un passo molto più lento rispetto all’evoluzione che anche la recente, grave pandemia e l’inaccettabile, dolorosa invasione dell’Ucraina da parte della Russia – che sta seminando morte, distruzioni, crisi alimentari ed energetiche – dimostrano con grande sofferenza e non senza preoccupazioni politiche nazionali ed internazionali.
Il monito del cardinale Carlo Maria Martini
“La spirale regressiva scaturisce da una crisi di fede, sfocia in una crisi di comunicazione e produce la crisi dell’identità cattolica che insterilisce l’istituzione ecclesiastica. Dimostrazione analitica – sostenuta con germanica acribia da indagini di terreno, interviste, sondaggi – del doloroso allarme lanciato dal cardinale Carlo Maria Martini nel suo testamento spirituale: La Chiesa è rimasta indietro di duecento anni“. Due secoli di ritardo sul mondo non si recuperano d’un colpo. Ma se la rimonta dovesse riuscire, se fra qualche tempo senso comune fosse che la Chiesa si è riaperta al mondo senza scadere nella mondanità, sapremmo che tutto cominciò quella sera del 13 marzo 2013, quando dal Palazzo Apostolico in Vaticano si affacciò Jorge Mario Bergoglio, che per nome si diede Francesco.”
La lunga citazione è tratta dall’editoriale di Lucio Caracciolo intitolato Hic Petrus hic salta, apparso sul numero 3 del 5 aprile 2013 di Limes. Papa Francesco, in soli nove anni, da solo, con la riforma della curia ha dato un’altra forte spinta al cambiamento della chiesa. Non ha mancato di affidarsi, proprio nel giorno di Pentecoste allo Spirito Santo che “collega l’insegnamento di Gesù con ogni tempo e ogni persona“. “Grazie allo Spirito la fede è sempre giovane, mai cosa da museo“. Guai se questa riforma che da oggi diventa effettiva dovesse affidarsi solo al “chiacchiericcio che è una cosa brutta. Distrugge l’identità di una persona!” Una citazione sempre riproposta da papa Francesco. Se così fosse sarebbe solo “parola abusata”.
Nella foto in alto, papa Francesco tra la folla di fedeli (foto Vatican News)