Che sorpresa il costo dell’energia! Un rincaro nè previsto né programmato. Un costo troppo pesante per le famiglie e per le imprese. Gli importi dell’ultima bolletta, ricevuta a casa o in azienda, sono davvero insostenibili. Al peggio non c’è mai fine! Non abbiamo fatto in tempo a metabolizzare i danni causati dalla pandemia che, come un nuovo “castigo”, ci ritroviamo ad affrontare quelli prodotti della guerra. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha determinato una vera, grave emergenza. E non è finita qui! Le sanzioni economiche di USA e Unione Europea contro Putin stanno innescando una serie di ritorsioni, con ricadute davvero pesanti non solo sul fronte energetico ma anche su quello alimentare, con il rischio di un disastro umanitario per la mancata fornitura del grano ucraino alle popolazioni africane. Ma torniamo all’emergenza energetica. La realtà è che l’alternativa alla dipendenza da fonti fossili (non rinnovabili) per anni è stata sottovalutata se non proprio ignorata. E oggi si cerca, disperatamente, di correre ai ripari.
Il ruolo del gas in Italia
Il gas russo rappresenta per il nostro paese il 38% circa del fabbisogno energetico totale (produzione di energia elettrica, riscaldamento, altri usi).
Eliminato il ricorso all’energia nucleare e utilizzando molto poco il carbone, il metano è diventato nel nostro paese la fonte primaria per produrre energia, ben diversamente dagli altri stati europei. La percentuale di energia prodotta dal gas, sul totale dell’energia consumata, è pari al 38%. Assai inferiori le percentuali di Germania (26%), Spagna (23%), Francia (17%) e Regno Unito (28%).
Fonte GSE – Terna 2020
Come spiega il diagramma, il fabbisogno netto di energia elettrica si è attestato nel 2020 sui 301 TWh (Terawattora), di cui circa il 38% derivante da fonti rinnovabili, il 51% da fonte termica e l’11% dall’importazione dall’estero. L’energia prodotta utilizzando gas, nelle centrali a ciclo combinato e a turbogas, è stata pari a 130,4 TWh, il 43,3% dell’intero fabbisogno nazionale.
Tale dato evidenzia un mix energetico fortemente sbilanciato a favore del gas, proveniente da paesi a forte instabilità politica. Il combustibile solido (carbone), in arrivo da molteplici paesi con forniture stabili, si attesta al 4% dell’intero fabbisogno nazionale.
Per quanto riguarda la Puglia, nel 2020 la produzione di energia elettrica (28,3 TWh) è stata superiore al fabbisogno interno (17,2 TWh): circa il 38% dell’energia prodotta è stata esportata verso altre regioni.
(Fonte Terna – unità di misura il GWh, con 1.000 GWh = 1 TWh = 1 miliardo di KWh)
Il fabbisogno interno della Puglia, al netto delle perdite (1.447 GWh) e della trazione elettrica (199 GWh) si attesta sui 15.562 GWh, così suddivisi per utilizzatori finali:
Il mix energetico della Puglia è costituito per il 63% da fonti fossili e per il 37% da rinnovabili (eolico, fotovoltaico e bioenergie):
La Puglia è la prima regione italiana per produzione di energia eolica e fotovoltaica, come si evince dalla tabella.
La Puglia prima regione per produzione di energia eolica e fotovoltaica
La produzione di energia elettrica da fonte eolica e solare si è attestata a circa 8.641 GWh (8,6 miliardi di KWh). Tale quantità di energia rinnovabile è ampiamente sufficiente a sostenere il fabbisogno elettrico delle Ferrovie dello stato (4,6 miliardi di KWh) oppure a garantire tutta l’illuminazione pubblica italiana (5,1 miliardi di KWh). In termini equivalenti, considerato che una famiglia media assorbe circa 3.600 KWh all’anno, la produzione di fonti rinnovabili in Puglia è in grado di soddisfare le esigenze elettriche annuali di circa 2,4 milioni di famiglie. Nella nostra regione grande priorità è stata data all’obiettivo ”emissioni zero”, cioè emissioni di CO2 e di gas serra pari a zero, col fine di limitare il riscaldamento climatico globale. L’obiettivo era da raggiungere entro il 2050, con una riduzione considerata possibile entro il 2030 pari al 55%. Ma il programma è saltato.
La Russia ha chiuso i rubinetti del gas all’Europa per cercare di renderla più flessibile al tavolo delle trattative per la pace, in realtà mai seriamente avviate. Così la crisi energetica è balzata al primo posto nella tabella delle emergenze che i governi europei devono affrontare a causa della guerra. Solo la Francia non ha subito grosse conseguenze perché produce energia sufficiente dalle centrali nucleari, con impianti peraltro costruiti nelle vicinanze dei nostri confini.
La centrale termoelettrica a carbone di Brindisi, tra le più grandi d’Europa, copriva nel 2018 il 100% del fabbisogno elettrico pugliese (pari al 6% del fabbisogno energetico nazionale). Oggi per la centrale, che era stata avviata alla chiusura, si sta programmando una riattivazione provvisoria. In prospettiva, il piano RePowerEU prevede entro il 2030 un incremento di produzione dell’energia da fonti rinnovabili dall’attuale 40% al 45%.
Dopo tante lotte, condotte con furore ideologico, antindustrialismo e senza razionalità; dopo anni in cui non sono state operate le scelte giuste, corroborate da volontà politiche chiare e non legate a contingenze elettorali, oggi ci accorgiamo del tempo sprecato, di non poter disporre di altre strutture (rigassificatori), altre linee di gasdotti (Tap), un parco di rinnovabili molto più ampio e diffuso di quello sinora realizzato. Tutti impianti che non possono essere costruiti in tempi rapidi. Il rubinetto del gas russo da un giorno all’altro è stato chiuso e, non senza affanno, il governo è alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento e di potenziamento delle forniture in atto. Una questua in giro per i paesi del Nord Africa che non riesce a colmare la fornitura russa.
Passare dal carbone al solare
Certo il carbone ripropone tutte le conseguenze negative che si era voluto debellare, nonostante gli interventi di miglioramento degli impianti che Enel ha realizzato presso le sue centrali. Gli impianti di ambientalizzazione per abbattere gli inquinanti provenienti dalla combustione dei combustibili solidi. Gli impianti di abbattimento della polverosità diffusa.
La difesa dell’acqua con la riduzione del prelievo dell’acqua di falda, il recupero e il riutilizzo di acque di lavaggio di alcune strutture; la salvaguardia della biodiversità e dell’acqua del mare antistante la centrale con campagne di monitoraggio e analisi delle comunità fito e zooplanctoniche. La difesa del suolo con l’impermeabilizzazione delle vasche dei rifiuti e i bacini di contenimento per evitare sversamenti di combustibili liquidi o reagenti.
Le scelte in difesa della salute e dell’ambiente sono, tuttavia, prioritarie rispetto alla convenienza economica del carbone. Il ricorso alle fonti rinnovabili è la strada maestra. Così la realizzazione di impianti solari ed eolici, nell’attuale emergenza, deve avere un’accelerazione ed una più ampia, capillare diffusione. E pensare che siamo il paese che ha la più grande, diffusa, lunga copertura di sole. Nonostante ciò produciamo solo il 16% di energia fotovoltaica mentre la Norvegia ne produce il 66%.
Appare chiaro, dunque, che non abbiamo più tempo da perdere. Non possiamo certo baloccarci in battaglie nominali che nulla hanno a che fare con i problemi sul tappeto. Il rischio è “l’Italia al buio”, “l’Italia senza riscaldamento”, le industrie ferme, una rapida rinuncia ambientale “obbligata”, una dipendenza energetica permanente perché le fonti di approvvigionamento sono nelle mani di paesi politicamente poco affidabili, in grado di condizionare il nostro sviluppo e la qualità della nostra vita.
Comunità Energetiche Rinnovabili (REC)
C’è da fare, dunque, una vera e propria corsa contro il tempo. Per evitare, soprattutto, che il prezzo più alto della crisi ricada sulle fasce più deboli. Bisogna costruire il più rapidamente possibile impianti individuali, superando, azzerando tutte le difficoltà imposte da una burocrazia asfissiante. I comuni devono esercitare una funzione di raccordo operativo sull’avvio dei lavori. Gli edifici pubblici sono quelli ai quali destinare in via prioritaria gli impianti fotovoltaici: per sostenere il fabbisogno energetico degli uffici ma soprattutto il consumo di energia legato all’illuminazione pubblica. Una differenziazione temporale di consumi molto efficace, economicamente vantaggiosa.
Le aziende che realizzano impianti e reti da rinnovabili potrebbero beneficiare del credito d’imposta, così come richiesto dalle aziende stesse con le organizzazioni categoriali. Ma c’è un obiettivo che può essere prioritario e più facile da realizzare: la costituzione di Comunità Energetiche Rinnovabili (REC).
La Settimana Sociale di Taranto
L’idea lanciata, nell’ambito della riflessione legata al tema dell’ecologia integrale, nel corso della Settimana Sociale di Taranto, lo scorso ottobre, oggi appare di pressante attualità. Dieci le indicazioni concrete presentate per coniugare ambiente, lavoro, sviluppo e sostenibilità. “Uno dei messaggi fondamentali delle Settimane Sociali è che non dobbiamo chiedere il cambiamento ai potenti ma realizzarlo noi; non dobbiamo lamentarci per quello che accade, ma dobbiamo ricordarci che siamo consumatori e risparmiatori e se certe cose accadono dipende essenzialmente dalle nostre scelte di consumo, con le quali possiamo far vincere le aziende responsabili”, ha ricordato Leonardo Becchetti, economista e membro del Comitato scientifico e organizzatore.
Nel suo intervento, mons. Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali, a conclusione dell’evento nel capoluogo jonico ha indicato quelle che ha definito “le piste di impegno”. Tra l’altro, ha affermato espressamente: “Chiediamo che le parrocchie e le diocesi assumano l’impegno di promuovere la nascita di cooperative di comunità, cooperative di consumo, comunità energetiche e gruppi di acquisto solidale”. Un impegno, indicazioni precise, concrete, un vero cambio di passo già realizzato da tante comunità.
Un vero cambio di passo
Le comunità energetiche sono un’associazione tra cittadini o attività commerciali o amministrazioni locali pubbliche o piccole e medie imprese che decidono di unire le proprie forze per dotarsi di uno o più impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia prodotta da fonti rinnovabili. Nel nostro paese, le comunità energetiche rinnovabili, previste dalla Direttiva Europea RED II (2018/2001/UE) sono ormai legge, grazie al Decreto Milleproroghe 162/2019.
E’ evidente che si passa dalla concentrazione di fonti energetiche in grandi impianti a una produzione di energia “diffusa”. Possiamo dire “energia a chilometro zero” e “reti intelligenti (o smart grid)”. I futuri impianti, a differenza di oggi, potranno fornire energia a più utenze. Immaginiamo un condominio o un gruppo di villette, edifici pubblici, chiese e strutture parrocchiali. Bisogna chiedere con forza che lo stato sostenga questi investimenti che creano un ritorno considerevole e durevole nel tempo.
La grave crisi energetica in atto e il perdurare del conflitto russo-ucraino impongono scelte coraggiose, nel solco di una ecologia integrale applicata. Istituzioni, amministrazioni pubbliche, parrocchie, associazioni, condomini, gruppi di cittadini non possono tirarsi indietro. Il Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei cattolici italiani, recentemente ha ribadito che, siamo tutti “impegnati nel promuovere la diffusione di buone pratiche di ecologia integrale e la nascita di comunità energetiche”. “Queste ultime –viene sottolineato- costituiscono uno strumento particolarmente efficace per promuovere una cultura e una prassi coerente dell’ecologia integrale, rafforzare i legami di comunità, costruire reti aperte e inclusive sui territori, prevenire e combattere la povertà energetica, accelerare la transizione verso un modello di sviluppo più sostenibile sotto un profilo socio-ambientale e più inclusivo”.
“Buone pratiche” che hanno come punti di riferimento l’enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco, gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il processo di transizione ecologica in Italia e l’appello all’azione scaturito dalla 49ª Settimana sociale dei cattolici italiani, svoltasi proprio a Taranto.
L’immagine in alto (tratta da energy4com.eu) rappresenta le Comunità Energetiche Rinnovabili