Non è l’idrogerno la marcia in più che serve all’auto

La linea del governo, ribadita a Bari dalla viceministra Bellanova, trascura l'opzione elettrica, l'unica vera alternativa al petrolio nella transizione ecologica dei trasporti

Sempre più frequentemente si sente parlare dell’idrogeno come soluzione strategica per decarbonizzare (limitare l’utilizzo di combustibili fossili) il settore del trasporto su strada. L’attenzione al tema si è intensificata notevolmente negli ultimi mesi in seno al dibattito sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e anche il governo Draghi sembra aver deciso di puntare molto su questa tecnologia nel processo di transizione ecologica dei trasporti. A confermarlo è stata anche la viceministra delle Infrastrutture e Mobilità sostenibili, Teresa Bellanova, intervenendo da remoto all’incontro organizzato a Bari da Renael (clicca qui) la Rete Nazionale delle Agenzie Energetiche Locali.

L’immagine dalla home del sito di Renael

La viceministra ha annunciato lo stanziamento di 230 e 300 milioni di euro per la sperimentazione dell’idrogeno rispettivamente sul trasporto stradale e ferroviario: finanziamenti che saranno ripartiti in funzione della percentuale di traffico e che prevederanno lo sviluppo di circa 40 stazioni di rifornimento. Per quanto riguarda il trasporto ferroviario, il governo invece intende “convertire verso l’idrogeno le linee non elettrificate in regioni caratterizzate da elevato traffico in termini di passeggeri e con un forte utilizzo di treni a diesel”, con la realizzazione di 10 stazioni di rifornimento su 6 linee ferroviarie, in Puglia, Lombardia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna, Abruzzo, Umbria e Lazio.

Il fallimento del progetto di trasporti ad idrogheno a Imperia

Annunci che vengono fatti, ironia della sorte, proprio nei giorni in cui è definitivamente naufragato il progetto nel segno dell’idrogeno di Imperia e provincia, dove non hanno retto più di sei mesi sulle strade i mezzi acquistati dalla Riviera Trasporti e inaugurati a novembre del 2018 nell’ambito di un progetto cofinanziato dall’Unione europea del valore di 7,3 milioni di euro per la parte italiana, di cui 4 a carico di Rt e 3,3 della comunità europea. La centrale di stoccaggio (45 mila euro all’anno di diritti di superficie), i terreni destinati agli impianti e gli autobus già acquistati saranno adesso dismessi.

Anche in quel caso l’obiettivo era nobile e convergente con quello annunciato a Bari dalla viceministra Bellanova: “ridurre la dipendenza dei trasporti dai combustibili fossili”. Nessuno però pare si sia posto una semplice domanda: ha senso, in termini economici, tecnologici e scientifici ammettere l’uso di idrogeno nel trasporto stradale e ferroviario nel prossimo decennio, in presenza di un’alternativa più rapida ed economica come l’elettrificazione diretta? Malgrado la centralità che gli viene conferita, infatti, i limiti dell’utilizzo dell’idrogeno come soluzione per decarbonizzare il trasporto su strada sono molteplici e noti da tempo.

Un bus a idrogeno, acquistato da Riviera Trasporti, ora in dismissione (foto Autobusweb)

 L’efficienza energetica dei veicoli a idrogeno non è paragonabile a quella dei veicoli elettrici

Primo fra tutti l’efficienza energetica, che nel caso dei veicoli a idrogeno a celle combustibili è meno della metà rispetto agli elettrici a batteria. In uno scenario in cui al 2050 è presumibile che tutta l’elettricità debba essere prodotta da fonti rinnovabili, il principio alla base della scelta del percorso di decarbonizzazione non può che essere quello di favorire – ove possibile – l’impiego di tecnologie a maggior rendimento, minimizzando la quantità necessaria di energie rinnovabili addizionali. Non è un caso che l’industria mondiale dell’automotive abbia già investito in modo massiccio nella tecnologia elettrica a batteria, presentando sul mercato sempre più modelli di veicoli elettrici, che risultano essere l’unica opzione commercialmente pronta ed economicamente percorribile in grado di rispettare i target di riduzione di CO2 necessari alla decarbonizzazione.

Anche per quanto riguarda il trasporto ferroviario, i dubbi sono pochissimi: i costi della pura elettrificazione della rete, per lunghezze comprese tra i 100-200 km, come la quasi totalità della rete non elettrificata italiana, sono in ogni caso inferiori all’investimento che serve per le infrastrutture rinnovabili e la produzione e stoccaggio di idrogeno. Nel caso della sola elettrificazione della linea, l’energia che serve alla trazione dei treni e degli autobus può essere impiegata direttamente con il rendimento medio di rete. Così non è per l’idrogeno, che ha bisogno di circa il doppio dell’elettricità rinnovabile o da nuova potenza elettrica rinnovabile per alimentare gli elettrolizzatori, lo stoccaggio di idrogeno e la successiva trasformazione a bordo dei veicoli.

Per centrare l’obiettivo di zero emissioni occorre puntare sull’energia elettrica da fonti rinnovabili

Se si vuole centrare l’ambizioso obiettivo di un’economia a zero emissioni nette entro il 2050, è invece fondamentale che il principio di efficienza energetica detti le strategie di decarbonizzazione, favorendo le tecnologie a zero emissioni che hanno maggior rendimento. Questo significa, ove possibile, elettrificare direttamente e celermente il trasporto stradale e ferroviario. Inoltre, per evitare di sprecare elettricità da fonti rinnovabili, è necessario che l’utilizzo di idrogeno venga limitato a quei settori dove l’elettrificazione diretta non è possibile o ancora molto difficile, i cosiddetti settori hard-to-abate come la navigazione di lungo raggio, l’aviazione e i settori industriali energivori come acciaio e chimica.

L’Unione Europea vuole fornire 330 TWh di idrogeno al mercato nel prossimo decennio, ma affinché l’idrogeno possa davvero decollare avremo bisogno di mercati di punta (Commissione Europea, 2020 – leggi qui). Un recente studio dimostra che i soli settori dell’aviazione e del trasporto marittimo basterebbero a creare un nuovo e considerevole mercato per l’idrogeno verde, aiutando a scalare la tecnologia e aprendo la strada al trasporto marittimo e all’aviazione a zero emissioni. (Transport&Environment, 2020 – leggi qui). “Sprecare” però l’elettricità rinnovabile producendo idrogeno per il trasporto terrestre quando l’elettrificazione diretta non solo è tecnicamente fattibile ma è anche l’opzione economicamente più conveniente, non solo renderà più difficile la decarbonizzazione di quei settori come la navigazione marittima, l’aviazione, l’agricoltura e l’industria energivora ma può mettere a repentaglio il raggiungimento della neutralità climatica al 2050. In un momento di transizione, bisogna valutare con cura le caratteristiche delle opzioni di decarbonizzazione e le tecnologie da adottare: i fondi pubblici sono limitati e non c’è più tempo per gli errori.