L’altra scultura è il titolo della mostra di Salvatore Sava, talentuoso scultore salentino, inaugurata negli ariosi e raffinati spazi della Fondazione Biscozzi | Rimbaud a Lecce, diretta da Dominique Rimbaud. Al centro del percorso artistico dell’autore troneggia la natura, le sue fratture, le sue contraddizioni, i germogli, i suoi drammi. Utilizzando la pietra, i metalli e alcune fluorescenze, Sava ordisce architetture interiori che si ergono in tutta la loro prepotente fragilità. Il legame con la terra è fortemente sostenuto dalla scelta della materia prima e dall’animo prodigo e attento alle questioni ambientali, che l’artista “maneggia” con tocco lieve ma incisivo.
Le forme alluse, abbozzate, spezzate trasmettono una sensibilità espressa nella più aspra genuinità, che rimanda a strutture primarie e memorie mediterranee. Ogni opera è intensamente espressiva, con citazioni archetipiche che prendono vita in uno spazio visivo trascendente. C’è un senso quasi musicale nelle opere di Sava, un ritmo atavico di quelli che scorgi tra le pieghe dell’anima. Così, tra filamenti e accenni inchiostrati ci si ritrova a parlare con il vento o con la luna o, semplicemente, con se stessi. Pietra leccese, fogli d’argento, rame, acciaio gli elementi che fanno da supporto ai suoi messaggi caricano di vissuto il racconto, ridotto a pure sagome essenziali, che dialogano tra turbamento interiore e dimensione empirica, simbolismo segnico, a tratti cifrato e criptico, e trasporto emotivo.
L’equilibrio delle strutture, così come il bilanciamento della materia, non è solo un moto che lega a sé i corpi in un intreccio necessario ma una danza quasi ancestrale, che attinge al recupero memoriale e intrappola palpiti senza tempo. Il rigore della composizione e la severità di alcuni assemblaggi dalla patina ferrosa non cedono, però, all’inganno del vuoto. Tutto è generato da forti vibrazioni e si fonde con la natura in una solenne armonia, intrinseca al progetto stesso. Aiuole petrose, steli rigidi eppur leggeri, grovigli come avveniristiche trappole coniugano artificio e natura, superando a piè pari ogni tradizionale volontà mimetica, in chiave riflessiva e percettiva.
Come chiarisce magistralmente Paolo Bolpagni nel catalogo da lui curato “lo scopo di questa mostra è analizzare la produzione artistica di colui che può essere ritenuto uno degli scultori più significativi della sua generazione in Italia. Il titolo allude, nel suo rimando a un’alterità, alla consapevolezza da lui dimostrata e allo sforzo di individuare un futuro per tale forma di espressione plastica, perseguendo una strada autentica, spesso solitaria, diversa e controcorrente. L’ambizione è di presentare anche opere di datazione compresa fra il 1995 e il 2021 rimaste finora inedite, che svelano aspetti e ricerche dell’artista restati in ombra, ma meritevoli di attenzione”.
Dominique Rimbaud così illustra il senso di questo secondo appuntamento: “La scelta dell’artista è dettata da varie motivazioni, in primis la qualità e l’originalità della sua produzione. C’è anche tuttavia un aspetto più privato che mi piace ricordare. Mio marito Luigi Biscozzi e io abbiamo conosciuto Salvatore nel 1997, in occasione della sua personale alla Galleria San Carlo di Milano e fummo subito attratti dalla forza delle sue opere, collegate alla natura salentina. Lo abbiamo poi ritrovato nel 1999 alla stessa galleria e nel 2001 al Castello di Carlo V a Lecce e oramai si era consolidata tra noi un’amicizia profonda e una stima reciproca”.
Nella foto in alto, Salvatore Sava con una sua opera. Nelle altre immagini, alcune sculture dell’artista