Due milioni di profughi ucraini hanno raggiunto la Polonia, che sostiene un sistema d’accoglienza incredibile, mai visto prima dalla fine del secondo conflitto mondiale. A dare conferma dell’impegno solidaristico del popolo polacco è Zosia, che vive a Cracovia e che ho avuto modo di conoscere nei mesi trascorsi a Bari come studentessa in Erasmus, l’esperienza di formazione universitaria che punta allo scambio culturale tra giovani di diverse nazionalità.
“Le famiglie sono impegnate con grande slancio nell’accoglienza dei profughi. Durante le prime settimane, il sistema messo in piedi dalle autorità presentava molte lacune. E così molti cittadini di propria iniziativa si sono recati alla stazione per accogliere donne e bambini ucraini e ospitarli nelle proprie case”, spiega Zosia. E aggiunge: “Di notte, da queste parti, la temperatura scende sino a meno cinque gradi. Il freddo è un problema da non sottovalutare”. “La situazione è complicata, perché -chiarisce- da un lato la gente vuole aiutare i profughi, ospitandoli nelle proprie abitazioni, dall’altro è preoccupata poiché tanti ucraini vogliono, devono lavorare, ma con il rischio di non avere un contratto”.
Dopo un mese di guerra e di flusso ininterrotto di profughi, il sistema dell’accoglienza nelle città polacche sembra meglio strutturato. Un decreto del governo stabilisce per ogni cittadino che ospita in casa rifugiati ucraini un indennizzo di dieci euro a notte per due mesi, oltre ad un sussidio di cento euro mensili per i minori. “Adesso la situazione è più gestibile; le famiglie che accolgono sono alleggerite e maggiormente sostenute dall’amministrazione pubblica. Una mia amica si reca spesso in stazione per distribuire matite, libri da colorare per i bambini ucraini che arrivano e sostano lì. Inoltre tante persone chiedono scarpe e vestiti per un alunno nella classe dei figli”, spiega Zosia.
Insomma c’è un gran fermento, una forte mobilitazione per sostenere i profughi. A cominciare dalle numerose campagne, come quella, lanciata sul sito Siepomaga.pl (clicca qui) che punta a raccogliere fondi per sostenere l’impegno di Katia che con la piccola Tamila di cinque anni già nel 2014 aveva lasciato Donetsk, a seguito degli attacchi nel Dombass, per raggiungere Kiev. Katia è una “doppia rifugiata” dato che ha dovuto lasciare Kiev senza neanche aver salutato il marito rimasto in patria, per raggiungere la Polonia nella città di Hrebenne vicino Lublino al confine con l’Ucraina. Qui è fortemente attiva nell’aiuto ai volontari polacchi preparando pacchi di cibo, farmaci e vestiti utili per l’accoglienza dei profughi.
Zosia, inoltre, segnala sempre su Siepomaga.pl le raccolte di fondi attive dall’inizio del conflitto per portare beni di ogni genere al confine ucraino: 10 pallets contenenti medicine, 800 sacchi a pelo, 100 cassette di pronto soccorso sono già partiti verso l’Ucraina. Questa campagna, soprattutto, punta a raccogliere donazioni per permettere le cure presso un ospedale in Germania ad un bambino ucraino colpito dal cancro e che insieme alla mamma, al fratello maggiore e al suo cane ora si trova a Poznan.
La ragazza polacca, che scrive e parla italiano grazie alla sua esperienza in Erasmus a Bari, afferma senza giri di parole: “In Polonia si condanna con fermezza la Russia per essere il paese aggressore”. Oltre a Zosia c’è la voce di un’altra ragazza polacca, Ania di Istebna, nel sud del paese al confine con la Slovacchia, che ci fa giungere il suo messaggio.
“Stiamo accogliendo un numero incredibile di rifugiati. Fiumi di persone stanno lasciando l’Ucraina e loro case. Provvediamo a fornire cibo, vestiti, un posto per dormire e possibilmente anche un lavoro”, afferma. Ania, che ho conosciuto per aver accolto con la sua famiglia giovani baresi nella propria casa in Polonia nel 2016 in occasione della Giornata mondiale della gioventù svoltasi a Cracovia, a conferma del grande senso di ospitalità dei suoi connazionali, segnala un sito molto interessante Uchodzcy.info (clicca qui), che spiega dettagliatamente il sistema di accoglienza dei rifugiati.
Mai come in questo momento dobbiamo sentirci tutti un unico, grande popolo, accomunati dalla sensibilità orgogliosa, culturale, solidale di persone così straordinarie come Zosia e Ania.
Nella foto in alto di Francesco Faraci, bambini ucraini nel centro di accoglienza allestito nella stazione di Varsavia