Le candele che scandiscono il tempo dell’Avvento

I simboli che addobbano le chiese in questi giorni rinviano alle profezie della bibbia ma soprattutto sono un'occasione per riflettere sulla venuta del Salvatore

Nelle quattro domeniche che precedono il Natale, andando in chiesa, abbiamo visto, nel punto di accesso al presbiterio (il luogo riservato al celebrante, ai sacerdoti e ai ministranti nelle celebrazioni liturgiche) una corona di rametti di pino o di abete con, all’interno, quattro grosse candele che vengono accese una ogni domenica. Queste candele, accese in progressione, hanno un significato ben preciso. Non si tratta di un omaggio floreale nè di un addobbo, come i tanti che in questi giorni impreziosiscono le strade delle città, le nostre case, i balconi e le finestre. Costituiscono La corona dell’Avvento; segnano il tempo che ci separa, giorno dopo giorno, dal Natale, dalla nascita del Festeggiato.

La prima candela: quella del profeta

Nella Bibbia profeti ed evangelisti parlano del Salvatore tanto atteso. Queste le profezie che riguardano Gesù: Nato a Betlemme (Michea 5:1), Potente ed eterno (Isaia 9:5-6), Nato di una vergine (Isaia 7:14), Dalla tribù di Giuda (Genesi 49:10), La strage degli innocenti Geremia (31:15), La fuga in Egitto (Osea 11:1), Sgombro del tempio (Salmo 69:9), Entrata in Gerusalemme (Zaccaria 9:9), Trenta siclì d’argento (Zaccaria 11:12-13), Silenzioso davanti ad accusatori (Isaia 53:7), Prega per i nemici (Isaia 53:12), Tirare a sorte per i suoi vestiti (Salmo 22:18), Nella tomba di un ricco (Isaia 53:9), Soffre e muore per i nostri peccati (Isaia 53:4-12).

Una loro riscoperta, una loro rilettura ci aiuta a capire quanto lunga, sofferta, desiderata sia stata quella venuta per il popolo eletto. Vissuta fra alti e bassi. Ma può anche aiutarci a capire se quella venuta, oggi, per noi, sia in continuità, rappresenti il compimento di quelle profezie. Dopo oltre duemila anni, la ricorrenza di quella venuta assume il significato di una riattualizzazione del Mistero. Chi sono oggi i profeti del nostro tempo? Bella domanda, direte. Ne abbiamo da dire!

La seconda candela è quella di Betlemme

Chi l’avrebbe detto? Un piccolissimo centro, abitato da pastori dediti al pascolo delle greggi diventato famoso: per non aver saputo o potuto dare ospitalità ad una coppia di sposi, Giuseppe e Maria, in attesa di un Figlio. Il Figlio di Dio, Il Messia, il Salvatore, l’atteso dalle genti per la loro e la nostra salvezza. Niente palazzi regali. Niente appartamenti con servitù. Niente lenzuola bianche e profumate. Solo una stalla. Una mangiatoia, un po’ di paglia e qualche fascia.

Niente camici bianchi o verdi di medici e infermieri. Solo un bue e un asinello per far calore! Che assurdità: chi può tutto sceglie di nascere nel niente, all’ultimo posto, con i più poveri. Una scelta dei tempi che, nella nostra logica, poteva essere meglio opzionata. Niente. Era proprio questa, per il nostro Dio, “la pienezza dei tempi”! Intanto, tutti a domandarci, oggi come ieri: che cosa può nascere di buono da Betlemme? Ma davvero il Figlio di Dio sceglie l’ultima delle “soluzioni” possibili?

La terza Candela: quella dei pastori

Che privilegio! Proprio ai pastori, a loro per primi, è riservato il lieto annunzio. L’unico evangelista a parlarne è Luca: mentre alcuni pastori vegliano all’aperto, sorvegliando il gregge, un angelo appare ed essi si spaventano. L’angelo li tranquillizza e spiega che a Betlemme è nato il Salvatore, Gesù. Dà loro anche un segno: a Betlemme avrebbero trovato un bambino avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia.

Subito dopo appare un gruppo di angeli, che cantano:“Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”. Dopo che gli angeli sono spariti, i pastori decidono di recarsi a Betlemme a visitare Gesù e ritornano al loro gregge pieni di gioia, lodando Dio. Le persone che ascoltano i pastori si meravigliano di quello che dicono.

Per chi lo avesse dimenticato, questo è il presepe, quello che in mille modi cerchiamo di rappresentare, di realizzare nelle nostre case, coinvolgendo soprattutto i bambini. I pastori: i media di allora! Hanno ricevuto un messaggio straordinario. Niente social, nemmeno un “cinguettio”. Una notizia così preziosa, unica, senza agenzie stampa, senza inviati speciali, ma affidata all’entusiasmo di pastori stupiti. L’annuncio dei tempi della salvezza è affidato a loro. Sono loro i messaggeri: ci informano che la nostra vita, la nostra storia con Gesù, da Gesù in poi è totalmente cambiata. Niente telegiornali, niente interviste. I pastori hanno visto il Salvatore e con la loro gioia diffondono la lieta novella.

Ormai il Natale è vicino. Domanda: abbiamo “raddrizzato le vie, colmate le valli, abbassato i monti”? Per arrivare al Natale, dovevamo fare tutti questo lavoro. Chi lo ha fatto? Solo preparativi esteriori, luci, ghirlande colorate, acquisti ai supermercati? Se “a Natale si può dare di più”, a chi e cosa abbiamo dato?

La quarta candela: quella degli angeli

“Un angelo del Signore si presentò a loro (ai pastori) e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”.

Con un annuncio straordinario portato a conoscenza di molti, dai più umili agli estremi confini della terra, torniamo a porci la domanda che ricorre in questi giorni: ci sarà posto per il Festeggiato? “Se togliamo Gesù, che cosa rimane del Natale? Una festa vuota. Non possiamo togliere Gesù dal Natale: Gesù è il centro del Natale, Gesù è il vero Natale!”, spiega papa Francesco. E, ancora, nel corso dell’Angelus di domenica scorsa, quarta domenica di Avvento: “…Lei (Maria) esce per dare aiuto, condividendo la sua gioia. Maria dona a Elisabetta la gioia di Gesù, la gioia che portava nel cuore e nel grembo. Va da lei e proclama i suoi sentimenti, e questa proclamazione dei sentimenti poi è diventata una preghiera, il Magnificat, che tutti noi conosciamo. Dice il testo che la Madonna si alzò e andò in fretta”. Si alzò e andò. Nell’ultimo tratto del cammino di Avvento, lasciamoci guidare da questi due verbi. Alzarsi e camminare in fretta: sono i due movimenti che Maria ha fatto e che invita anche noi a fare in vista del Natale.