L’occhio vigile e responsabile dell’artista

Nell'era delle immagini e della pervasività del web, Giulio De Mitri, direttore scientifico del Crac, riflette sull'arte come strumento per "rifondare" la società

Dopo il sofferto black out che ha paralizzato le arti, si assiste finalmente a una timida ripresa culturale del territorio. Un esempio per tutti, l’iniziativa del CRAC (Centro Ricerca Arte Contemporanea) Puglia della Fondazione Rocco Spani che ha promosso la rassegna culturale Taranto: Nuove narrazioni contemporanee, tra arte, didattica, filosofia e musica, nell’ambito del progetto artistico Opera nell’opera: omaggio a Giovanni Paisiello/progettualità ambientale per un monumento alla musica. Direttore scientifico del CRAC Puglia è Giulio De Mitri, artista dalla sensibilità innata, cardine prezioso nel dibattito artistico nazionale, con la sua raffinata trama progettuale. Attivo nel campo della sperimentazione visiva dagli anni Settanta, è in grado di stimolare meditazioni ancestrali, attingendo ad antichi saperi con arguzia da alchimista contemporaneo. Le sue opere, infatti, sono da sempre pervase da una materia spirituale interconnessa con microuniversi concettuali, in grado di scomporsi e ricongiungersi in un infinito organico e trascendente. Con De Mitri proviamo a raccontare l’iniziativa varata dal CRAC, allargando lo sguardo alla realtà contemporanea dell’arte.

Giulio, parlaci del progetto in corso su Taranto…

L’emergenza in atto ha reso necessaria la costruzione di nuove identità, capaci di annettere al sé l’altro da sé e di superare barriere all’apparenza invalicabili tra generi, religioni, tradizioni culturali e linguistiche. Le ‘nuove narrazioni contemporanee’ declinano l’alternanza di rapidi mutamenti sociali e dell’altrettanto veloce rinnovarsi delle coscienze. L’importante significato della ‘memoria storica’, segno e traccia indelebile, è in primis la condizione essenziale per leggere il presente. Le numerose riflessioni e interconnessioni  tra immagini, pensiero e suono accrescono ulteriormente e recuperano quell’umiltà necessaria per ritrovare concretamente il bene e il senso nuovo di collettività.

Come nasce quest’iniziativa culturale?

Si riaccendono i fari della speranza per una vera rinascita del territorio jonico. L’Isola Madre-città vecchia, simbolo per eccellenza della Taranto antica e della sua storia millenaria, si riappropria dei valori identitari riconnettendosi con l’ambiente, e ritrovando l’unione tra gli esseri viventi, il senso di appartenenza. Con l’idea che la stessa pandemia diventi un’occasione di resistenza per superare le paure e generando una concreta resilienza. Nel solco di questa auspicabile rinascita il CRAC Puglia contribuisce con il proprio background culturale allo sviluppo di una comunità inclusiva, libera e coesa, che supera pregiudizi e stereotipi, e che si oppone con la creatività dell’arte e dei tanti saperi, ad omologazioni e falsi valori, che dominano ormai il nostro quotidiano.

In che modo l’arte sta risalendo la china dopo il blocco totale?

Capire e metabolizzare un evento traumatico come quello che abbiamo vissuto e che ancora in parte viviamo, non è cosa semplice. Questa nuova realtà, questo particolare periodo ci ha posto nelle condizioni di riflettere sul nostro modo di essere al mondo, tra vissuti, connessioni, mutamenti e sconfinamenti. I nostri spazi mentali sono diventati più liberi e più infiniti, offrendoci la possibilità di attribuire una maggiore attenzione e più senso al tempo che scorre. L’arte, attraverso alcune strategie adottate dagli artisti, sta risalendo la china richiedendo agli stessi nuova e ulteriore energia, forza interiore e nuovi equilibri che possano attraversare la leggerezza, lo sdoppiamento e la distanza. L’arte è costruzione di nuovi modelli del pensiero, è visionarietà che rende percepibile la nascita del nuovo giorno: grandi orizzonti di vivibilità, di vera eguaglianza, di ecosostenibilità e solidarietà, in cui la ragione, l’emotività e i tanti saperi sono connessi.

Dall’alto della tua esperienza e del tuo bagaglio culturale, come valuti l’attuale momento dell’arte?

L’arte ci  mette in guardia dal costante pericolo di una falsa universalità che inquina la nostra quotidianità. Oggi c’è una totale precarietà e insicurezza che ci impedisce di vedere, leggere e capire il visibile e l’invisibile, le storie personali e quelle collettive, il pensiero razionale e la memoria inconscia. L’arte oggi tenta di farci riconnettere con il nostro mondo interiore, stimolando l’immaginazione e le potenzialità creative. Noi artisti siamo convinti da sempre – come affermava Albert Camus – che ‘senza cultura e relativa libertà che ne deriva, la società, anche se fosse perfetta, sarebbe una giungla. Ecco perché ogni autentica creazione è in realtà un regalo per il futuro’.

Tu che sei spesso a contatto con i giovani, quali sono le nuove proposte nel panorama artistico?

La nuova generazione di creativi è un popolo “nomade”, si sposta soprattutto virtualmente. Le nuove e serie proposte artistiche sono poche, c’è molto déjà vu, l’effimero la fa da padrona. La grande lezione sul guardare attraverso ‘la pulizia dello sguardo’, non esiste più. La pratica dell’arte che ha sempre sostenuto, suggerito e stimolato la ricerca è oggi claudicante. C’è, invece, un accumulo di banalità e di superficialità, manca la rarefazione dell’immagine, domina la sovrabbondanza. Bisognerebbe riconnettere lo sguardo per dare vita, oltre il senso comune, ad una nuova narrazione, prestando soprattutto attenzione a ciò che abitualmente passa inosservato. I pochi artisti emergenti evocano i grandi temi esistenziali, cifra espressiva di un lavoro in progress.

Sei un artista raffinato e sempre al passo con i tempi. A cosa stai lavorando ultimamente?

Progettare è il dato fondamentale del mio lavoro, lo step successivo è il processo, dove si incontrano e si scontrano intuizioni, casualità, interiorità, esteriorità, sensi molteplici, conoscenza del sé tra il dato oggettivo e quello soggettivo, consolidando, così, un intimo rapporto con il mondo interiore, evocando nel contempo, una ricaduta positiva sull’uomo e sull’ambiente con la finalità di ‘annettere al presente il sapere rimosso che appartiene alla memoria personale e a quella collettiva’. Una ricerca, la mia, tra macro e microcosmo, mescolando in giuste proporzioni “péras” e “apeiron”, il finito e l’infinito, sollecitando il potenziale fruitore a riconnettersi con il proprio mondo interiore. Una bellezza spirituale  tra etica ed estetica, restituendo allo sguardo la capacità di vedere e di volare in profondità, con la speranza di incontrare il mistero.

In che modo l’arte si sente libera oggi? Ritieni che ci sia una responsabilità sociale?

Oggi la saturazione delle immagini ha raggiunto i massimi livelli e tutte quelle che ci circondano sono diventate irrilevanti. Il mercato dell’arte ha rimosso egoisticamente la libertà dell’arte. Negli anni passati gli artisti mediavano con il sistema dell’arte affinché la ricerca venisse sostenuta. Oggi l’opulenta società del consumo non guarda ai valori dell’arte ma al becero mercato. L’arte ci richiama a un ruolo di responsabilità e ci induce ad una seria riflessione morale ed etica della società.

Siamo oramai dominati dagli eventi online?

Durante il lockdown, causato dalla pandemia, i media hanno contribuito a dar voce e visibilità a tutto ciò che ci veniva negato, ovvero a ciò che accadeva all’esterno del nostro habitat. L’utilizzo dei media ci pone di fronte a numerosi interrogativi di responsabilità: mi auguro che il dominio online non diventi una realtà invasiva e unica nelle relazioni umane e sociali, ma raggiunga un’equilibrata armonia che assicuri all’umanità serenità e progresso, cardine invalicabile e modello da tener conto per una sana e nuova società del futuro. Forse solo utopia?

Nella foto sopra Giulio De Mitri. Nelle altre foto, alcune opere dell’artista