Bentornato a casa Gigante!

Una mostra multimediale a Palazzo Caputi celebra il ritorno a Ruvo di Puglia del famoso Vaso di Talos, in attesa della sistemazione definitiva presso il Museo Jatta

A grande richiesta un gradito ritorno. Dopo essere stato ospite al Castello Svevo di Bari, nell’ambito della rassegna “Vasi Mitici”, il pezzo più importante della collezione Jatta è oggi il protagonista della mostra Talos – Un gigante nella storia di Ruvo, allestita al Museo del Libro/Casa della Cultura di Palazzo Caputi a Ruvo. Inaugurata nelle scorse settimane con una breve cerimonia alla presenza del sindaco Pasquale Chieco e dall’assessora alla cultura Monica Filograno, la rassegna contiene il racconto dettagliato del ritrovamento del vaso di Talos e delle varie fasi del restauro. Una vicenda lunga secoli, che s’intreccia a doppio filo con la storia di Ruvo, di cui lo stesso Talos è considerato il simbolo.

Non è un caso, infatti, che al Gigante custode di Creta siano intitolati eventi culturali, diverse attività e persino alcuni esercizi commerciali, con un richiamo vigoroso alla cultura e soprattutto all’identità ruvese. Il fattore identitario gioca, dunque, un ruolo importante nell’immaginario collettivo e nella coscienza storica dei cittadini da sempre legati al patrimonio culturale del prioprio paese. Restituire alla comunità locale un’icona così importante è stata un’operazione delicata, resa possibile grazie alla sinergia tra la Direzione Regionale dei Musei della Puglia e il Comune che ha individuato il luogo più idoneo per ospitare il celebre vaso.

Abbiamo ampliato gli accessi a Palazzo Caputi per consentire una maggiore fruibilità non soltanto ai cittadini ma anche ai numerosi turisti – spiega Teresa De Francesco, direttrice del Museo del Libro/Casa della Cultura – incrementando gli orari di visita e inserendo, oltre ai percorsi mattutini, due visite pomeridiane nonché le aperture straordinarie nel weekend a cura della Pro Loco”. Uno sforzo collettivo volto a far rifulgere di bellezza non soltanto un così importante contenuto, già di per sé tanto fascinoso, ma anche un contenitore culturale carico di storia, a disposizione di tutti gratuitamente, un modo per incentivare più fasce di popolazione alla conoscenza del patrimonio culturale cittadino.

Dal momento che l’edificio ospita una biblioteca e il museo del libro, sono stati organizzati itinerari diversi in modo da evitare l’uso promiscuo di ambienti e sale, favorendo il distanziamento interpersonale, fondamentale in questo periodo, e soprattutto valorizzando la presenza del vaso di Talos. “Stiamo registrando un ampio riscontro sia da parte di turisti italiani sia stranieri che vengono ad ammirare il vaso, anche perché abbiamo portato avanti una campagna di comunicazione davvero considerevole, commenta soddisfatta la direttrice De Francesco, che prosegue: “è necessario spiegare che in una città come Ruvo, di fortissima vocazione storica, il Museo Jatta e la Pinacoteca d’arte contemporanea ‘Domenico Cantatore’ sono attualmente chiusi per lavori di restauro. Così Palazzo Caputi costituisce, al momento, l’unico contenitore culturale accessibile oltre la cattedrale e le tante chiese.

Turisti alla mostra del Talos a Palazzo Caputi

 Diversi, dunque, gli elementi di novità che caratterizzano la mostra: si passa dai pannelli esplicativi che ripercorrono, attraverso didascalie e immagini, la storia della famiglia Jatta e del collezionismo a partire dagli anni Venti dell’Ottocento fino alla descrizione minuziosa del cratere e delle fasi di restauro. Il marchio di originalità dell’intera rassegna è suggellato da un efficace sistema multimediale per quanti abbiano sete di conoscenza: un monitor touch screen coinvolge gli appassionati di tecnologia in una visita interattiva mediante l’impiego della realtà aumentata. Questa applicazione garantisce una narrazione totale e tridimensionale del vaso grazie a un QR code, con la possibilità di continuare a leggere la storia del vaso anche dopo la visita.

E per i più piccoli le sorprese non finiscono qui: possono dilettarsi, infatti, con l’utilizzo della realtà aumentata, nella composizione di immagini in cui appaiono vicino a qualsiasi reperto archeologico o addirittura al vaso di Talos, di cui un video rivela le origini mitologiche attraverso le voci di Giovanni e Giovannino, i principali collezionisti della famiglia Jatta. Il complesso lavoro di indagine e ricostruzione storica si palesa ancor più nella vetrina dei restauri ottocenteschi, contenente frammenti aggiunti proprio nel XIX secolo per colmare le mancanze di parti del collo e della spalla del recipiente, in nome di un ideale di bellezza che prediligeva forme integre. Quando poi nel 1993 il Museo Jatta è diventato finalmente nazionale, si è proceduto al restauro conservativo e dunque filologico del vaso, escludendo i frammenti che osserviamo nella vetrina.

La vetrina con gli inserti del vaso di Talos

Ma cosa colpisce davvero i turisti? Rispondere al quesito in poche battute rischierebbe di diventare un’operazione riduttiva. Proviamo allora ad immaginarli all’opera, mentre passano in rassegna le bellezze del palazzo. Tale sarà lo stupore nel valicare l’androne dalla volta a botte unghiata e nell’accedere alla stanza dedicata a Talos che prometteranno a sé stessi di ritornarci. E in effetti, non lontano dalle nostre fantasticherie, li riscopriamo intenti a scrutare silenziosamente il meraviglioso cratere di fine V secolo a.C. dalle imponenti dimensioni, posto al centro della sala, sul quale si riverberano delicati giochi di luce provenienti dalle finestre, che offrono un effetto cannocchiale molto interessante.

L’attenzione degli ospiti viene immediatamente rapita dall’anfora a figure rosse che, realizzata ad Atene e successivamente giunta nel nostro territorio grazie ai continui approdi sulla costa adriatica, testimonia l’esistenza a Ruvo di contatti commerciali con la Grecia tra VI e il V secolo a.C. Le vivide cromie della ceramica facilitano la lettura del vaso, sulla cui facciata principale domina la figura di Talos, muscoloso, nudo, morente e in equilibrio precario, eseguito con una colorazione biancastra che doveva rendere l’effetto dell’uomo di bronzo. Il gigante custode di Creta è sorretto da due Dioscuri, Castore e Polluce, riconoscibili dalle loro vesti accurate, dalla corona d’alloro posta sul capo e dalla presenza di due grandi cavalli.

Il sindaco Pasquale Chieco e l’assessora Filograno all’inaugurazione della mostra

Se all’estrema sinistra è ritratta la maga Medea, con tunica e mantello, che tiene tra le mani un calice, all’estrema destra sono presenti altre due figure che assistono alla scena centrale: il dio del mare Poseidone e la dea Anfitrite, entrambi protettori dell’isola di Creta. In basso a destra, invece, si individua una figura femminile in fuga, personificazione dell’isola impaurita dall’oltraggio subito da Talos. Un dato da non trascurare è l’assoluta coincidenza tra l’apparato iconografico e la letteratura greca di età ellenistica: i personaggi ritratti sul cratere si ritrovano nel poema epico Le Argonautiche di Apollonio Rodio, che narra il mitico viaggio degli Argonauti capeggiati da Giasone alla ricerca del vello d’oro.

Nel IV libro in particolare si racconta lo sbarco degli Argonauti sull’isola di Creta, dove furono respinti dal Talos, corazzato e invincibile, talmente grande da riuscire a percorrere l’intera isola tre volte al giorno e tanto forte da riuscire a scagliare in mare enormi macigni di pietra per tenere lontane le navi nemiche. Ma il gigante di bronzo aveva un unico punto che lo rendeva vulnerabile: una vena vicino al calcagno la cui rottura gli avrebbe procurato la morte. E così avvenne: Medea con le sue arti magiche riuscì ad annebbiare la vista del gigante che, inciampando su uno spuntone di roccia, si lacerò il calcagno e morì.

La conferenza per la presentazione della mostra a Palazzo Caputi

Lungi dal perderci in un dedalo di nozioni ora teoriche ora squisitamente letterarie, sorge spontaneo chiedersi dove saranno collocati gli altri reperti archeologici quando faranno ritorno a Ruvo. Scongiurando ogni sorta di perplessità o di malumore nell’opinione pubblica, la dott.ssa De Francesco assicura che i vasi torneranno nella loro casa d’origine: il Museo Jatta. “Su questo non ci sono dubbi perché parliamo di un museo nazionale che non può essere spostato secondo criteri arbitrari. La necessità di restauro e di adeguamento funzionale era ormai improrogabile. Alludo all’impianto elettrico e di sicurezza, soprattutto quello delle vetrine che andavano inevitabilmente restaurate. Non appena i restauri e gli adeguamenti funzionali saranno terminati tutti i vasi torneranno nella loro sede originaria, nel tipico allestimento di impianto ottocentesco”, spiega la direttrice.

“La valorizzazione dei beni culturali è fondamentale per l’educazione civica e civile. Esporre un’opera d’arte – spiega la dott.ssa De Francesco – è da una parte un piacere e dall’altra un arricchimento non soltanto personale ma dell’intera società, che viene coinvolta nell’operazione culturale. Anziché tenere il vaso chiuso in una cassa o nascosto ai fruitori dei beni culturali, si è preferito renderlo fruibile d’intesa con la Direzione Regionale dei Musei Puglia, del Ministero e dell’amministrazione comunale. Mentre i vasi in mostra a Bari faranno un viaggio più lungo per tornare a Ruvo, il vaso di Talos passerà da Palazzo Caputi al Museo Jatta. Non c’è alcuna probabilità che i reperti archeologici di ritorno da Bari trovino ospitalità a Palazzo Caputi, poiché torneranno nella loro sede originaria”.

Le luminarie relaizzate da Daniele Cipriani nelle strade di Ruvo

Insomma, c’è un cuore che batte all’unisono per Talos e per la sua storia e che palpita per ogni via del centro abitato, proprio nel momento in cui a Ruvo fervono i preparativi per la sedicesima edizione della sagra del fungo cardoncello, in programma sabato 13 e domenica 14 novembre. A battezzare la città nel nome e nel segno del custode di Creta si aggiungono le miriadi di lucine a forma di vaso o addirittura modellate secondo la sagoma del gigante bronzeo: un progetto ideato dall’artista Daniele Cipriani, già autore di numerose altre opere di grande spessore culturale in vari comuni della Puglia, al fine di rievocare la funzione delle agorà nelle città-stato del mondo greco.

Un omaggio al mito di Talos dell’artista Rita Di Gioia

Se guardare al passato è indispensabile per la formazione di una solida coscienza civile, torna utile comprendere quanto lo stesso abbia influenzato non solo il nostro modo di pensare ma anche le nostre attitudini. E sulla scia di questo dialogo estemporaneo tra passato e presente non è mancato chi si è dilettato nella riproduzione di opere ispirate al mito di Talos. Tra queste gioverà ricordare il delicato olio su tela realizzato dalla pittrice ruvese Rita Di Gioia, divenuto il simbolo di una comunità non dimentica delle sue origini. Dunque, una città che rinasce dai fasti del passato per godersi i copiosiu doni del futuro che batte alle porte.

Nella foto in alto, il vaso di Talos in mostra a Palazzo Caputi. Tutte le foto sono tratte dalle pagine fb del Museo del libro e del Museo Jatta di Ruvo di Puglia