Da allievo a maestro, una storia di talento

Dopo le numerose esperienze al fianco di Marco Grossi, Emanuele Porzia inaugura a Bitonto l'Artist Academy e si appresta a varare un proprio corso di recitazione

“Insegnare non è mai facile, specie quando si è molto giovani”. Parola di Emanuele Porzia, talentuoso attore bitontino, che si appresta a varare un corso di recitazione alle Officine Culturali di largo Gramsci nella città degli ulivi. Il progetto sviluppato dall’Artist Academy, scuola teatrale con sedi in tutta Italia e finalmente anche a Bitonto, mira ad una preparazione globale dell’artista con l’avviamento a quattro discipline: recitazione, dizione, canto e movimento scenico. “Un’accademia più democratica -la definisce Emanuele- che non necessita di alcun provino; alla quale non è tanto difficile accedere quanto rimanerci, sacrificando gli impegni quotidiani per dedicarsi interamente alla recitazione”. È evidente che gli sforzi sono notevoli, ma quel che conta è uscirne appagati e soprattutto ripagati, con l’acquisizione del diploma nazionale che certifica la frequenza nei tre anni.   

Emanuele non è nuovo a questo tipo di esperienza. Dopo aver cominciato a recitare con la compagnia teatrale Fatti d’Arte e con l’associazione Compagnia Urbana del regista romano Marco Grossi, muove le prime esperienze alla regia e aiuto-regia, partecipando a diversi spettacoli teatrali nonché corti cinematografici e ricoprendo diversi ruoli protagonistici e secondari. Si diploma all’Artist Academy nel giugno 2020, acquisendo il titolo di maestro di recitazione che, senza dubbio, costituisce una marcia in più per chi, come lui, è iscritto al corso di laurea in lettere, arti e spettacolo all’università di Bari.

Studio e passione da sempre caratterizzano il suo iter formativo, perfezionato e irrobustito oggi attraverso l’insegnamento, un’opportunità che si è presentata un anno fa, quando ha svolto in perfetta autonomia un corso di recitazione promosso dall’associazione Compagnia Urbana.

Sorprende pensare quanto il giovane attore, classe 2001, si sia avventurato nei meandri della finzione scenica, sobbarcandosi tante e gravose responsabilità. “Non è facile, lo ammetto però l’idea di tornare a recitare dopo il lock down -spiega- mi spinge a vedere il lato positivo di questa esperienza. Non si viene mai presi sul serio quando si insegna in giovane età ed è quello che ho notato la mia prima volta nei panni di maestro. Prima insegnavo a bambini molto piccoli, adesso invece mi occupo dei ragazzi dai dodici anni in su. Inizialmente sostituivo Marco Grossi, mio docente e guida; ora sono completamente solo al timone di questa associazione”, commenta.

Tuttavia Emanuele non avverte nessun disagio nel condurre una didattica in assoluta libertà, anzi gli piace sperimentare approcci educativi differenti rispetto ai metodi impiegati dal suo maestro: “sprono i ragazzi a presentare qualcosa ogni due-tre mesi per tenerli in allenamento. Il confronto costante con il pubblico è fondamentale, perché lo spettatore esprime un bisogno da soddisfare, sia di natura ludica sia di distrazione o di crescita. Ci tengo molto ad insegnare a parlare in dizione e a usare il diaframma, perché voglio una voce piena senza l’aiuto dei microfoni. I miei allievi devono prepararsi per l’esibizione, come se stessero studiando per un esame universitario”. Poi prosegue mostrando le peculiarità e i criteri della sua disciplina, palesemente dissimili da quelli impartiti dal suo insegnante: “Marco affidava il copione ai ragazzi dieci o quindici giorni prima dello spettacolo per far ‘entrare’ la loro emotività – ansia, paura, eccitazione – nel personaggio da rappresentare. Io preferisco una preparazione più ragionata, l’entrare in modo graduale nel personaggio da portare in scena”.

E a proposito della componente emotiva, prerogativa importante ma non indispensabile affinché un ruolo possa ritenersi “ben riuscito”, Emanuele crede sia opportuno giocare con il personaggio affezionandovisi, proprio come hanno insegnato i grandi attori del passato senza però sviluppare un eccessivo coinvolgimento emotivo. Si cerca dunque di analizzarlo nella sua dimensione narrativa e psicologica, entrando nella sua ottica anche quando lo si percepisce molto distante dalla propria persona. Solo così l’attore è in grado di manifestare una coscienza critica. L’immedesimazione totale, generalmente proposta dalla scuola statunitense, punta tutto sull’emotività ma tralascia molti altri aspetti.

La solida formazione accademica di cui il ventenne va fiero viaggia di pari passo ai numerosi progetti che serba in cantiere: “a novembre, per la giornata contro la violenza sulle donne, faremo un primo ingresso sulle scene, a cui seguirà la consueta prova d’attore di dicembre, una sorta di battesimo di fuoco dove i corsisti proveranno una scena comica e una drammatica, davanti al pubblico per suggellare l’inizio di questa avventura. Nel periodo pasquale, invece, ci sarà la Dante’s week e sicuramente organizzeremo qualcosa per la giornata mondiale contro l’omotransfobia. Con il saggio di fine anno, che non può mancare. Insomma, non ci resta che imboccare le maniche!” rivela.

Emanuele Porzia in scena al Traetta di Bitonto con Marco Grossi

E, in linea con il pensiero del maestro Glauco Mauri che rimarcava quanto fosse presuntuoso da parte di molti insegnare la materia scenica, Emanuele è convinto dell’azione benefica del teatro. “Il teatro costituisce una forma di aiuto silenziosa: permette di evadere dalla realtà e acquisire la consapevolezza che la vita non è limitata”. La società opprime imponendo ritmi frenetici e impegni improrogabili, riassunti nel detestabile trio casa-lavoro-bollette. Bisogna cogliere appieno i pochissimi momenti di svago che la vita ci dona e tra questi, perché no, continuare a coltivare emozioni andando a teatro e sostenendo chi quelle emozioni le regala attraverso le sue performance.

In alto e nelle altre foto, il giovane attore bitontino Emanuele Porzia