Quando l’arte è il frutto di una magia

Tra scorci della marina e bozzetti di vita quotidiana, una mostra a Giovinazzo offre un ulteriore saggio del raffinato talento della pittrice terlizzese Maria Bonaduce

Una bimba accovacciata sulla scrivania guarda curiosa il papà mentre dipinge nel suo studio, in uno dei rari momenti di quiete. Tra le mani dell’artista un bastoncino acuminato, alla cui estremità un ciuffo di peli corre rapido e sicuro su una tela bianca e, come per incanto, spuntano visi, persone e paesaggi. Poi, con un cenno fugace, domanda alla figlioletta, attratta da quello strano turbinio di colori, se gradisce il suo disegno.

E’ in questa immagine che Maria Bonaduce, autrice terlizzese, rivede se stessa quando ci spiega l’origine della sua passione, ereditata, conservata e mai accantonata. Quasi come un’antica pozione magica da custodire gelosamente. E in effetti ci vuole un pizzico di magia quando si parla di pittura che, oltre ad essere un antidoto efficace contro i giorni più cupi, resta un metodo valido per sprigionare creatività e per tradurre un’emozione in un segno tangibile, miracolo edificante per chi lo fa e per chi lo osserva seguendo un principio di mutuo arricchimento interiore.

Vive la giovinezza come fosse un’opera d’arte, tenendo bene a mente le prodigiose “magie” sulla tela uscite dalle mani del papà con semplici tocchi leggiadri. Le successive iscrizioni al Liceo artistico e all’Accademia delle Belle Arti barese le consentono di acquisire una buona padronanza di tutte le tecniche di pittura, che ha occasione di esibire nella prima collettiva d’arte del 1972. Da allora si susseguono varie mostre in Italia e all’estero (Canada, Messico, Stati Uniti, Emirati Arabi, Bulgaria, Romania, Inghilterra, Polonia), coronate da lusignhieri successi.

Artista, paesaggista e raffinata ritrattista, l’artista si dedica alla realizzazione di opere sacre quali dipinti e vetrate istoriate, una delle più antiche tecniche utilizzate per decorare le finestre delle chiese. Si tratta di un procedimento consistente nell’assemblaggio di piccole lastre di vetro soffiato a bocca per mezzo di piccoli canaletti di piombo. Ogni pezzo è numerato e presenta caratteristiche differenti, in quanto esistono più di ottocento tinte che permettono di ottenere immagini variegate e complesse. Una volta composta la figura, si passa al chiaroscuro, ricavato da una sostanza simile all’acquerello chiamata grisaglia e, infine, all’infornatura del lavoro. Nel 1999 le vengono commissionate sette vetrate istoriate per la chiesa ruvese della Santa Famiglia, alle quali seguiranno quelle delle chiese dell’Immacolata Concezione di Ruvo di Puglia, di Santa Maria della Stella a Terlizzi, di San Giuseppe e San Bernardino a Molfetta, di Sant’Antonio a Depressa (Lecce), solo per citarne alcune.

Ma il programma figurativo della pittrice, lungi da improvvise battute d’arresto, si avvale anche di un’audace ed irrefrenabile smania sperimentativa, percepibile altresì nel suo modo di intendere la vita: “Trascorro intensamente ogni giorno come se fosse l’ultimo dedicando la maggior parte del tempo alla pittura che è divenuta il mio lavoro e la mia vocazione. In passato ho amato il ballo e il cinema, ora mi limito a fare lunghe passeggiate osservando il mondo che mi circonda da prospettive diverse ed incontrando gente nuova“, precisa. Dipinti, mosaici, vetrate, sculture: non manca proprio nulla nel suo studio, simile ad una vecchia bottega d’arte in cui instancabilmente si progetta, si modella, si crea. Il tutto è riconducibile ad un’elevata concezione della figura dell’artista in grado di approcciarsi a qualsiasi tecnica compositiva e pittorica, senza tralasciarne alcuna. Relativamente ai soggetti da ritrarre, Maria non ha una particolare predilezione: ogni elemento può essere interessante se lo si guarda con “il lume della meraviglia”: “c’è stato un periodo in  cui ho persino dipinto ciò che restava in un piatto a fine pranzo e ho scoperto che anche il “rifiuto” può avere un suo fascino se i nostri occhi lo cercano“, commenta.

Dunque, la luce diviene l’elemento indispensabile per segnalare la presenza del soprannaturale nella realtà, esaltando le peculiarità di un oggetto. Quella luce a lungo studiata e ricercata che alla pittrice dona un senso di libertà, sconfinatezza, superamento dell’ignoto proprio come il mare, oggi triste rifugio di quanti provengono da terre lontane in cerca di un futuro migliore.

Maria Bonaduce

Ed è questo silenzioso scenario naturale a fare da sfondo ad una sua recente personale. Il titolo fortemente evocativo Maredamare si presta ad un duplice significato: “mare da amare” e “ mare generato dal mare”. L’acquerello, infatti, è acqua colorata, che restituisce pittoricamente la trasparenza del mare infondendo serenità in chi si sofferma ad ammirarne le sfumature. “Desideravo dare un messaggio positivo in questo momento critico. Pertanto ho accolto con piacere l’invito di Patrizia Dinoi e Lino D’Agostino, galleristi dello Spazio Start di Giovinazzo che conosco da alcuni anni, che mi hanno incoraggiata ad allestire una mostra in un periodo di grande affluenza turistica”, spiega.

In uno dei graziosi locali in pietra, a pochi passi dalla veduta panoramica sul porto, c’è un mare che silenziosamente palpita nelle tele di Maria Bonaduce, custodendo segreti e leggende di chi lo abita. Il riverbero dei raggi solari o dei pescherecci colorati sull’acqua tremula instillano quel sentimento a metà tra il malinconico e il sognante, riunito a quel fascinoso termine che Fernando Pessoa immortalò nel suo Libro dell’inquietudine: saudade.

Il baluginio dei lampioni proveniente dal nucleo antico ci stimola a chiudere gli occhi e ascoltare in sottofondo le vibrazioni di una vita che lentamente scorre: il balbettio degli anziani, i saluti veraci -tra sigari e tabacco- dei pescatori alla terraferma, il leggiadro mormorio della risacca increspata dal vento. Tutto, intorno, profuma di iodio e di incanto, quello che Maria tenta di evocare in tutte le sue opere. Per lei fare arte significa perseguire la bellezza, un elisir che aiuta a sentirsi giovane e sempre al passo con i tempi. Mari Bonaduce ha ambiziosi progetti in cantiere, forse anche troppi. Ma, tenace, non si arrende con la speranza di riuscire sempre ad avventurarsi verso nuovi orizzonti da esplorare, sognare, vivere.

Nella foto in alto, uno scorcio di Giovinazzo. Nelle altre immagini alcune marine pugliesi