Il visionario che voleva condividere il valore e la bellezza dell’arte

A un mese dalla scomparsa, un ricordo del prof. Mino Devanna, la cui passione e generosità resero possibile la nascita nel 2009 della Galleria Nazionale di Bitonto

Sono stato la prima volta a casa Devanna intorno al 1984/85 per via della riproduzione di un disegno di Raffaele Armenise, autore del boccascena del Petruzzelli come pure del sipario “Liberazione di Bari nel 1002 da parte dei Veneziani”. La padrona di casa che mi accolse era Rosaria Devanna, mentre chi mi introdusse nella casa, in cui ogni millimetro era occupato da “cose d’arte”, era Erminia Cardamone.

Bisogna dire che quando Mino tornava a Bitonto era come se il circo avesse piantato il tendone: la voce del suo arrivo si spargeva rapidamente in città. Ad annunciare l’evento, soprattutto Pantaleo Avellis e Franco Sannicandro, fraternamente presenti in coppia in ogni dove.

Una tela della Galleria Nazionale di Bitonto

La personalità di Mino Devanna va inquadrata nel modello dell’arte del Novecento, partito dall’America, del “way for live”. La rappresentazione visionaria di Mino è stata quella della sua generazione e delle sue canzoni. Mino appartiene alla generazione di Oliviero Toscani, Bob Dylan, Mick Jagger. Pensando a questi nomi mi viene in mente una frase della giovinezza, ripetuta dall’amico Michele Zaza (stessa generazione): “chi mi vuole mi segua nel vento”, dichiaratamente attinta da Bob Dylan.

Ma a raccontarla tutta, quando si parlava con Mino, altra caratteristica era la sua “visione laterale” della vita. Piuttosto che confermare la tesi dell’interlocutore con il quale era in dialogo, era capace di trovare un’alternativa, pur essendo pienamente d’accordo. Ancora frugando nella biografia dylaniana, Mino era per il “play it fuckin’ loud!” (suonate più forte che potete!), come ha dimostrato nel suo essere uomo con un grande senso politico.

Una sala della galleria nazionale

Appartenente, infatti, ad una generazione che ha preso a cuore il modo di vivere “liberi” – anche con un pizzico di anarchia – ha improntato la sua condotta politica (complice sua sorella Rosaria) al motto di Boris Pasternak: “Scopo dell’arte è donare se stessi, non clamore o successo”. In definitiva, sulla voglia di possedere è prevalsa l’idea della condivisione e della solidarietà, il “dare” e “fare” cultura.

Tra i tanti aneddoti legati alla vicenda umana e professionale di Mino, voglio ricordane uno in particolare. Immaginiamoci la scena di un sindaco di Bitonto curioso, il prof. Nicola Pice, in un contesto amicale che insegue il professore per parlargli di collaborazioni e nuovi progetti. Sono ancora anni in cui il nostro è in piena attività, pronto a salire sull’aereo diretto verso paesi lontani, per visitare musei o partecipare ad aste di opere d’arte.

Interno giorno, stanza del sindaco: “Sovrintendente Soragni, che ne pensa se l’amministrazione comunale fa atto di donazione del Palazzo Sylos-Calò e il ministero lo acquisisce con l’impegno di creare la Galleria Nazionale di Puglia”. Il sindaco, ancora da qualche parte della città: “Senti Mino, se io combino di prendere Palazzo Sylos-Calò e lo dono allo stato, tu doneresti qualcosa di tuo?”. “Va bene Nicola, se le cose si mettono così, ci sto!”, la risposta immediata di Devanna.

Rosaria Devanna, con la nipotina, sul terrazzo di casa in piazza cattedrale a Bitonto

La macchina si muove lentamente e Mino, tra una parola pubblica e l’altra privata, stanco di attendere all’infinito la nascita della galleria a Bitonto, dichiara di voler donare una parte della sua collezione all’Albania. Esterno giorno, autostrada: un “rider” alla Dennis Hopper guida, in maniera spericolata, al posto della Harley-Davidson una vecchia Alfa Romeo. Intercettato, viene inseguito dai carabinieri. La figura misteriosa, che a suo dire vorrebbe patteggiare la propria libertà con la cessione del veicolo, viene invitata a chiamare il Ministro Giuliano Urbani che lo cerca disperatamente. Inutile dire – lo si è ormai intuito – il “ricercato” è proprio Mino. Il resto è realtà, ecco la Galleria Nazionale di Puglia, fiore all’occhiello della città di Bitonto, grazie al coraggio, alla passione e alla generosità dei fratelli Rosaria e Mino Devanna.

L’azione di Mino, come si è detto, è stata anche politica. Nel senso di educazione, tutela, valorizzazione e fruizione condivisa del patrimonio artistico. E’ in definitiva ciò che insegna l’educazione civica (disciplina per molti astratta) e che, invece, per quanto mi riguarda, nella mia funzione di docente, cerco di insegnare tutti i giorni, sistematicamente, con particolare attenzione al patrimonio artistico, alla nostra storia e alle varie professionalità relative al sistema “arte”. Un’attività educativa – lo dico con una punta di amarezza – a cui si “oppone” l’intervento non sempre costruttivo delle famiglie, preoccupate solo del mero risultato, senza guardare alla formazione complessiva che dovrebbe portare i propri figli a diventare i cittadini del futuro.

L’atrio del Palazzo Sylos Calò, sede della galleria nazionale intitolata ai fratelli Devanna

La speranza è che questi gap siano superati con l’azione sinergica delle istituzioni politiche, della scuola e delle famiglie. Per rinforzare questo concetto, prendo in prestito le parole del maestro Riccardo Muti pronunciate al termine di un concerto per il “G 20 della Cultura” a Roma: “Questa orchestra è l’esempio di come dovrebbe essere una società. Ci sono diversi strumenti, violini, violoncelli, ottoni… ma tutte le frasi devono convogliarsi nell’armonia finale di un’idea che è il bene di tutti. Questa è la bellezza della cultura in tutte le arti e le forme… Spero che il vostro lavoro sia fruttuoso!”

Come in un orchestra anche nella società civile ci sono diversi attori che interagiscono: madri, padri, figli, istituzioni, professionisti, lavoratori. Volgiamo lo sguardo a Mino Devanna: dovremmo assumerlo ad esempio, contribuendo tutti, ognuno con la propria responsabilità e col proprio impegno, a costruire una società più equa e armoniosa. Questo il “testamento politico” di Mino.

Nella foto in alto, il prof. Mino Devanna (foto di Giuseppe Fioriello)