Arte e natura. Uno straordinario patrimonio artistico, tra i più cospicui e interessanti al mondo, e un paesaggio tra i più affascinanti e vari: dalle vette immacolate delle Alpi alle coste del Sud, che incorniciano un mare di cristallo, in grado di calamitare l’interesse di milioni di vacanzieri dall’interno del Paese e da tutto il mondo. E’ questa la fotografia dell’Italia, che anche quest’anno, nonostante la pandemia, può vantare un bilancio, a fine estate, di assoluto rispetto. Merito, appunto, di tanta bellezza: in primis, il mare turchese delle regioni meridionali, con la ciliegina sulla torta di Sardegna e Sicilia.
Eppure il dossier Mare Monstrum 2021 di Legambiente (qui l’intero documento) elaborato sui dati forniti delle Forze dell’Ordine e delle capitanerie di porto, ci restituisce una foto un po’ meno sfavillante del mare italico, macchiata dai reati al litorale e alle acque, rilevati nel corso del 2020. Sebbene lo scorso anno, attraversato dall’emergenza pandemica e dal lockdown totale di marzo e aprile, abbia fatto registrare una leggera flessione (-5,8% rispetto al 2019) nel numero complessivo, sul territorio nazionale, di illeciti ai danni del patrimonio marino e costiero (22.248 quelli accertati, una media di 61 al giorno, 2,5 ogni ora), il cemento abusivo continua a spadroneggiare mentre la pesca di frodo dilaga.
Tra le regioni dove si concentra il maggior numero di reati, al primo posto troviamo la Campania (con 4.206 illeciti, il 18,9% di quelli registrati a livello nazionale), seguita da Sicilia e Puglia. Quest’ultima, secondo il dossier, conta numeri purtroppo ancora molto importanti: a fronte di 2.965 infrazioni accertate, il 13,3% del totale nazionale, sono state 2.686 le persone denunciate e arrestate e 1.016 i sequestri effettuati dalle Forze dell’Ordine. Nella classifica dell’illegalità sul ciclo del cemento – dunque pratiche illecite ai danni dell’ecosistema marino e costiero – la Puglia figura al terzo posto con 1.103 infrazioni accertate, l’11,6% sul dato nazionale, con 1.230 persone denunciate e arrestate e 220 sequestri effettuati.
Emblematica in tal senso la vicenda del villaggio turistico abusivo Pino di Lenne nella pineta di Chiatona a Palagiano, in provincia di Taranto: un’area sottoposta a vincoli ambientali e paesaggistici, soggetta a rischio idrogeologico. Si tratta di un caso su cui il circolo locale di Legambiente combatte da più di 30 anni, ma sembra che a nulla siano serviti gli esposti e le denunce da cui sono scaturite decine di sentenze penali, amministrative e civili favorevoli alla demolizione. Una lottizzazione dichiarata abusiva da una sentenza penale già nel 1987 e, a seguito di ricorsi, confermata da una pronuncia del Consiglio di stato nel 2013, in cui si ordinava al comune di Palagiano di provvedere al ripristino dei luoghi, demolendo gli abusi e ricostituendo la parte di bosco di pini d’Aleppo, distrutta dalle opere.
Legambiente ha scritto al prefetto di Taranto perché fosse lo stato, in base alla legge 120/2020, a occuparsi del definitivo ripristino della legalità. Un richiamo a cui non è stato dato ancora seguito, in base all’interpretazione di una circolare del Ministero dell’Interno secondo la quale il potere sostitutivo può scattare solo per le ordinanze emesse (e non eseguite) solo dopo l’entrata in vigore della legge. Interpretazione fortemente contestata da Legambiente, oggetto di interrogazioni parlamentari e di emendamenti correttivi al nuovo decreto Semplificazioni.
Altrettanto significativo è il caso a Mola di Bari, dove sorge un complesso residenziale abusivo su un’area di 20mila metri quadrati. Una sentenza penale definitiva nel 2013 ne accertava l’abuso e nel 2019 il comune aveva proceduto a formulare un’ordinanza di demolizione. La struttura è però ancora in piedi.
A differenza del Nord Italia, nelle regioni del Sud il fenomeno dell’abusivismo edilizio ha pesantemente compromesso il territorio e le demolizioni sono ferme da anni. Il dossier Abbatti l’abuso di Legambiente fa emergere con chiarezza una penisola spaccata in due. Sulla base delle risposte complete date dai 1.819 comuni (su 7.909) al questionario di Legambiente emerge che nella Penisola dal 2004 (anno dell’ultimo condono) al 2020 sono stati abbattuti solo 18.838, il 32,9% degli immobili colpiti da un provvedimento amministrativo, un dato trainato dall’attività degli enti locali delle regioni del Centro Nord. Se si analizza il rapporto tra ordini di demolizione e abbattimenti, la performance migliore è quella del Veneto, con il 66,8%; quella peggiore è della Puglia, con il 4% di esecuzioni, solo 71 su 1.790 ordinanze emesse.
“Procedere con gli abbattimenti -come ha spiegato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, nel corso di un incontro sul tema a Trani- è il migliore deterrente perché si scongiuri il sorgere di nuovi abusi edilizi. Il quadro che emerge dal nostro dossier conferma la necessità, non più procrastinabile, di avocare allo Stato il compito di riportare la legalità dove le amministrazioni locali non sono riuscite a farlo per decenni. Per questo, su proposta di Legambiente, lo scorso anno è stata approvata una norma inserita nel Decreto Semplificazioni che assegna alle prefetture la responsabilità di demolire vista l’inerzia prolungata dei Comuni. La sconcertante circolare interpretativa della legge del Ministero dell’Interno tradisce il senso e l’obiettivo di quanto approvato in Parlamento. Per questo Legambiente ha elaborato un emendamento all’ultimo Decreto Semplificazioni del governo Draghi con l’obiettivo di eliminare ogni margine di dubbio circa la sua applicazione.
“Alla ministra Lamorgese e al Parlamento chiediamo-continua Ciafani- di rivedere e correggere la nota interpretativa del ministero, riaffermando il potere d’intervento dei Prefetti su tutte le ordinanze emesse dai Comuni. Per liberare il Paese dallo sfregio del cemento selvaggio e dall’abusivismo impunito serve un netto cambio di direzione che solo la classe politica può intraprendere. Non sono ammessi più ritardi o passi falsi”.
A preoccupare maggiormente è forse, soprattutto, la comunicazione dei dati richiesti da Legambiente: hanno risposto solo 6 dei 45 comuni costieri della Puglia (anche Bari non ha risposto). Un silenzio che comunica imbarazzo. Nel migliore dei casi.
Le foto sono tratte dal dossier di Legambiente “Mare Monstrum” 2021