L’amore rifiorisce nella stanza degli abbracci

Dopo i lunghi e tristi mesi di lockdown, i volontari del Progetto Mauè portano sorrisi e calore tra gli anziani ospiti di Villa Giovanni XXIII a Bitonto

Esiste una stanza degli abbracci che “cammina”. Un gazebo con teli plastificati e sanificabili, nel rispetto delle norme anticovid, pronti ad essere riempiti delle braccia dei parenti e dei pazienti che possono gustare la bellezza e la semplicità di un abbraccio. Gli ospiti e gli operatori delle residenze sanitarie per anziani hanno vissuto in maniera traumatica le disposizioni sul distanziamento sociale, lontani dai propri affetti. Ma di questa lontananza hanno sofferto anche i volontari di Vip Bari ODV (Viviamo In Positivo), confederata di Vip Italia, l’associazione di clown terapia che in tutto il Paese conta 7000 volontari e 73 sezioni.

A causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, ancora oggi, non possono accedere alle strutture riabilitative, nelle case di riposo e negli ospedali, ma la volontà di donare un gesto di vicinanza e di affetto è rimasta intatta. E’ nato così il Progetto Mauè, la stanza degli abbracci, con cui i clown portano il loro sorriso agli anziani. “Questa iniziativa rientra nei principi della nostra associazione, che si propone di regalare un sorriso e un pizzico di felicità a chi vive l’esperienza del ricovero in ospedale o in centri di assistenza”, spiega Tadala, il clown referente del gruppo Vip di Bari. “Abbiamo donato la stanza degli abbracci -riprende- ma abbiamo ricevuto tanto amore. Merito del nostro Mauè, che definirei, più di chiunque altro, il clown degli abbracci e della felicità. Nella stanza degli abbracci lui è più vivo che mai”.

Mauè è Emanuele Mariano, scomparso quattro anni fa a causa di un tragico incidente. Gli amici di Vip hanno voluto omaggiare il suo impegno, la sua passione, la sua capacità di trasmettere allegria e amore con questo progetto. “Dopo la sua scomparsa i parenti di Mauè fecero una donazione a Vip, con cui pensammo di organizzare uno spettacolo teatrale a Modugno per ricordarne la memoria. E’ stata l’occasione per raccogliere altri fondi e avviare il Progetto Mauè, dedicato proprio al nostro caro amico che voglio ricordare per la sua unicità di dare larghi e accoglienti abbracci”. Il progetto è stato accolto da Villa Giovanni XXIII, residenza sanitaria per anziani di Bitonto, che ospita la “stanza”. Spiega Tadala: “Durante i mesi di pandemia, quando i contatti umani erano venuti a mancare, abbiamo voluto creare, come in altre regioni d’Italia, una stanza degli abbracci da mettere a disposizione delle residenze sanitarie per anziani”. E continua: “Vedere i parenti che tornavano ad abbracciarsi è stata un’emozione unica. Una coppia in particolare ci ha commossi profondamente: si sono baciati anche solo attraverso un foglio di plastica. L’inaugurazione è stata un’emozione unica, si è respirata un’atmosfera di grande vicinanza dopo tanta lontananza. Anche a noi clown sono stati riservati tanti abbracci tra la commozione generale. Una gioia impagabile”.

Nelle strutture socio-sanitarie le misure di prevenzione sono ancora rigide e abbracciarsi non è ancora consentito. Così la stanza degli abbracci rappresenta una valida alternativa. La variante del virus, inoltre, ha reso più fievole la luce in fondo. “La speranza è che questo periodo passi in fretta, in modo che gli abbracci possano essere senza filtri. Ma sin tanto che ciò non avviene, ci aspettiamo richieste da parte di altre strutture”, proegue Tadala.

Il servizio al reparto di oncologia pediatrica del Policlinico e all’ospedaletto Giovanni XXIII di Bari intanto è sospeso, dopo un breve periodo in cui si è svolto all’esterno. “In questi mesi abbiamo lavorato molto online con case di riposo e insieme ai disabili. Abbiamo provato a trasferire la nostra attività sui monitor dei pc. Inoltre abbiamo provato a tenere aggiornati i nostri canali social con un concorso letterario per bambini. Seppure a distanza, abbiamo provato a donare un po’ di leggerezza, spensieratezza e compagnia. Non potevamo far altro che metterci in gioco”, chiarisce la referente di Vip.

Ai “nasi rossi” è mancato enormemente il contatto diretto con i piccoli pazienti. Lo scopo del servizio di clownterapia è, infatti, portare gioia e sorrisi proprio ai bambini nelle strutture ospedaliere. Chiarisce Tadala: “Prima dell’emergenza sanitaria eravamo impegnati ogni weekend nel servizio in corsia. Era un appuntamento a cui ci preparavamo durante la settimana, con lo scopo di far uscire i bambini dalle stanze in cui trascorrono gran parte del loro tempo”. La realtà virtuale non può creare le stesse sensazioni che crea l’esperienza diretta sul campo, sebbene le attività proposte durante il lockdown siano state coinvolgenti. “Il contatto diretto che si crea in corsia è del tutto impossibile stabilirlo online. Il rapporto diretto che nasce tra i clown e i piccoli pazienti è insostituibile. Senza dubbio il distanziamento sociale ha aiutato a far comprendere il valore dei piccoli gesti, come un abbraccio”, sottolinea Tadala.

E’ mancato indossare il nasino rosso e il camice d’ordinanza, che trasmettono una grande carica di energia. Le attività a distanza sono, comunque, servite per reinventarsi. In questo periodo, ad esempio, ampio spazio è stato dedicato alla formazione. Fare il clown non significa semplicemente fare animazione; è qualcosa di più delicato e profondo: “Significa saper curare gli animi delle persone, dare sorriso senza far rumore e in punta di piedi. Il clown entra nella vita delle persone con estrema delicatezza. Per diventare clown non occorrono specifici requisiti, ma grande spirito di dedizione: “Non si tratta di ritagliarsi del tempo nella vita frenetica di tutti i giorni, perchè in realtà questo è un tempo trovato” spiega Tadala.

Per entrare nelle corsie di un ospedale occorre una grande dose di umiltà: solo così si può comprendere la sofferenza di chi è ricoverato. “Occorre imparare ad accettare le sofferenze e a trovare l’energia per aiutare i pazienti a sorridere, nonostante tutto. Se una persona ha timore di entrare in ospedale o in contesti di sofferenza difficilmente potrà impegnarsi nella clown therapy. Bisogna essere disposti ad imparare. Entrare in corsia con il naso rosso è un passaggio delicato: bisogna essere disposti ad imparare con umiltà, senza pensare di essere i migliori. E ogni volta che si entra in corsia è come la prima volta perché accade sempre qualcosa diverso”, aggiunge la nostra interlocutrice.

Ogni anno viene organizzato un corso base per quanti desiderano avvicinarsi alla clown terapia e successivamente si svolgono due allenamenti mensili. La preparazione è decisiva sia per la “prestazione” in corsia, in cui il gesticolare, il gioco di sguardi, il linguaggio non verbale sono strumenti, sia per cementare l’affiatamento tra clown, che è risultata l’arma vincente durante le chiusure. Dietro uno schermo la complicità tra i clown si è rivelata un punto di forza.

La formazione ha tenuto impegnati i clown con training specifici e, venendo meno le occasioni di incontro in presenza, si sono condivisi i disagi e le difficoltà imposti dalla pandemia con tutti i clown d’Italia. Tra i circa cento volontari di Vip Bari ci sono educatori, psicologi e persone di tutte le età. Compresi tanti giovani. “Non esiste un’età per fare il clown. La risposta dei giovani è sempre positiva. Molti di loro si approcciano al volontariato perché sono convinti, ci mettono il cuore. Chi dice che i ragazzi non hanno valori, non li conosce a fondo. Non si tratta di un’attività come tutte le altre: i giovani e i volontari si espongono ad emozioni molto forti. Iniziare questo cammino aiuta a comprendere i propri limiti”, conclude Tadala. La terapia per la vita contro ogni sofferenza prevede sorrisi, colore, creatività, gioia. Saperli donare, come fanno i nasi rossi, ci rende  persone speciali, proprio come Mauè.