“Costituire una testimonianza straordinaria dei principali periodi dell’evoluzione della Terra, comprese testimonianze di vita, di processi geologici in atto nello sviluppo delle caratteristiche fisiche della superficie terrestre o di caratteristiche geomorfiche o fisiogeografiche significative”. Questo uno dei criteri fondamentali di valutazione cui la commissione di valutazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura si riferisce per insignire un luogo del prestigioso e ragguardevole titolo di Unesco Global Geopark.
L’Aspromonte è ora un luogo tra quei luoghi. Quello “dove non si ammira la natura ma si diventa natura”. Quel luogo capace di creare una simbiosi tra terra e cielo, tra vallate ed alture, tra borghi lontani ed impervi pendii, tra bergamotto e mare, tra ginestre e fiumare. La Giornata Mondiale della Terra, il 22 aprile, ha fatto da pregnante cornice ad uno degli eventi più attesi, non solo dagli aspromontani, ma dalla Calabria intera e diremmo dal Sud tutto: il titolo di Unesco Global Geopark all’Aspromonte.

È stato anche il giorno della Majella, come noto. Tuttavia, la vittoria dell’Aspromonte assume un significato “morale’”, di riscatto. Vedremo anche perché. Per una strana ma felice coincidenza, il giorno che celebra la vita e la bellezza della Terra, a promozione anche della pace nel mondo, ha regalato al maestoso massiccio il meritato e tanto agognato titolo.
John McConnell, attento attivista ed ecologista, ha fortemente richiesto e voluto che una data rendesse omaggio al pianeta che ci ospita, per rendere l’umanità consapevole di quanto sia necessario preservare gli equilibri ecologici minacciati dalla nostra presenza, perché da essi dipende ogni forma di vita. Tale consapevolezza e tale responsabilità ci devono rendere degni, ogni giorno, di poter respirare tutta la poesia che ci abbraccia.
Equilibri ecologici che l’Aspromonte da sempre tutela ed esalta. Equilibri ecologici che i geositi aspromontani possono vantare a gran voce. Equilibri ecologici che soffondono una pace preziosa e permeano le coscienze.

È stato un percorso arduo e sofferto, avviato già nel 2017 dall’ente Parco, presieduto allora da Giuseppe Bombino, poi portato avanti dal compianto Sergio Tralongo e felicemente conclusosi con il lavoro dell’eccellente team di studiosi, guidati dal presidente Leo Autelitano, che afferma fiero: “L’ingresso nella rete mondiale dei geoparchi Unesco è per noi motivo di orgoglio ma, è soprattutto, un incentivo a lavorare con sempre maggiore attenzione e maggiore slancio per ottenere risultati visibili sul territorio. La nostra candidatura è stata accolta grazie al lavoro incessante del nutrito e professionale team del progetto Geoparco e al supporto che le altre istituzioni e associazioni, assieme a tutto il popolo dell’Aspromonte, hanno voluto concedere attraverso un’attiva partecipazione e una fattiva collaborazione”.
“È un’opportunità ma è anche una responsabilità, questa consapevolezza accompagnerà ogni scelta futura. Le nostre rocce, uniche e grandiose, che sopravvivono ai millenni, in una continua e lentissima trasformazione, siano da esempio per una crescita costante e solida a cui questo territorio deve aspirare”, ha poi continuato.

Il digital event attraverso il quale la ratifica del titolo è giunta a noi ha unito 160 Paesi del mondo e ha avuto una larga risonanza nel mondo scientifico, data l’attenzione che tutta l’area ha attratto negli ultimi anni ma, purtroppo, è rimasta nella quasi totale indifferenza dei media nazionali.
L’Aspromonte ha un’anima “bianca”, come il probabile oronimo greco definisce; è una bellezza aspra e selvaggia, come invece ne designa la proposta etimologia latina: una diatriba linguistica che veste le tante fascinose discrasie di quelle pareti scoscese ma passionali ed autentiche, lambite da storie e miti ancestrali e cristallini, come le rocce che le caratterizzano.
I paesaggi suggestivi e i panorami mozzafiato ospitano un’eccezionale biodiversità ed estese foreste di alberi secolari. Il cuore del lembo più meridionale della nostra bella penisola batte al ritmo di un costante e ben noto sollevamento geologico che rende l’area tra le più attive del Mediterraneo.

Lo stesso costante sollevamento che partorisce forre, gole, anfratti inestricabili e colori capaci di farci sfiorare il blu intenso dei mari sui quali signoreggia e il verde brillante della lussureggiante vegetazione poi lo tinge e lo profuma.
Terra di frane e di tortuosi torrenti, di poeti e di cantori, di utopie e di distopie, l’Aspromonte si distingue dall’Appennino Calabro Lucano, con un’identità del tutto sua, lontana geologicamente da quanto i libri di geografia ancora riportano. La studiosa Serena Palermiti, ad esempio, ci riferisce che l’Orogene calabro-peloritano non è altro che un frammento della catena alpina, spezzatosi e separatosi dal blocco sardo-corso nel Miocene che poi ha ruotato e migrato verso sud-est, fino all’attuale posizione, cioè tra l’Appennino meridionale e le Magrebidi siciliane. Incastrato a nord dall’Appennino e a sud dalla Sicilia, il blocco calabro inizia a piegarsi creando, di conseguenza, faglie, graben e bacini indotti dalla curvatura progressiva del grande cosiddetto “arco”.

Dal punto di vista geologico, la Calabria è una delle regioni italiane in cui affiorano le rocce più antiche ed è caratterizzata dalla presenza di argille varicolori ruvide, dalle cromie quindi azzurrate-aranciate-verdastre-rossastre: la loro origine anela ancora nel mistero. L’Aspromonte fa evidentemente parte del settore meridionale che parte dal lineamento Capo Vaticano-Soverato e giunge fino al lineamento tettonico di Taormina, abbracciando dunque le Serre, l’Aspromonte stesso e i Peloritani. Il settore è costituito essenzialmente da una serie di coltri di rocce granitoidi e metamorfiche con locali coperture sedimentarie, di età meso-cenozoica e quaternaria. Il carattere alpino dell’acrocoro sembra fornire un pregevole vantaggio all’etimologia greca che lo ricondurrebbe, peraltro, al più famoso e conteso monte Bianco (apros=bianco) e che sosterrebbe la natura e la cultura ellenofona dell’area, preservata fino ad oggi dalle sue selvagge rupi.

Custode silente e paterno del grecanico di Calabria, l’Aspromonte è stato, infatti, teatro di leggende, storie ed epopee epiche illustri che hanno visto, per dirne una, il giovane Rolandino ricevere proprio qui l’iniziazione di cavaliere, conoscendo così di fatto se stesso e la sua condizione di eroe (“Chanson d’Aspremont”, XII sec, prologo della “Canzone di Rolando” e dei successivi poemi “Orlando innamorato” e “Orlando Furioso”).
La terra d’Aspromonte è terra di invasioni ed evasioni, di fughe e di arrivi, di acqua e di arsura. È madre cosciente di borghi abbandonati e di città vittoriose. È madre orgogliosa di autori raffinati e colti del calibro di Corrado Alvaro e Saverio Strati, di artisti straordinari come Nik Spatari, purtroppo di recente scomparso, che nel monastero di Santa Barbara di Mammola, incastonato tra le balze del massiccio, ha realizzato uno spettacolare museo privato di arte contemporanea: il Musaba.

Un progetto dal respiro mondiale, un progetto munifico come l’anima calabrese sa, atto ad accogliere studenti universitari e artisti bohemien ma anche chi necessita di esprimere le impellenti ed emozionali sensazioni suscitate da un luogo tanto ameno quanto raro. Numerose le manifestazioni geologiche e geomorfiche che rappresentano degli unicum: il geosito ‘lunare’ della Frana Colella, i pinnacoli granitoidi del monte Tre Pizzi, le “caldaiette del DraKo” e la “Rocca del Drako” di Roghudi, la cascata Mundu di Molochio e l’argentea fiumara Amendolea ed altri.
Questi solo alcuni degli ottantanove geositi censiti, otto di cui di rilevanza internazionale. Un geoparco riconosciuto a livello internazionale, fa sapere l’Unesco, “deve possedere un patrimonio geologico particolare ed una strategia di sviluppo sostenibile, efficace ed economico per tutto il comprensorio; deve comprendere dei siti geologici rilevanti in termini di qualità scientifica, rarità, rilevanza estetica e valore educativo”.

L’Aspromonte può fregiarsi di tutto ciò e può vantare una felice commistione di culture rispettose e consce di questo. “I siti del geoparco devono essere collegati in rete e beneficiare di misure di protezione e gestione: nessuna distruzione o vendita di reperti geologici è tollerata. Un geoparco ha un ruolo attivo nel territorio e deve realizzare un impatto positivo sulle condizioni di vita dei suoi abitanti e dell’ambiente”.
Questo importante traguardo, dunque, è bene sia inteso come l’incentivo necessario ad un’ulteriore e decisiva valorizzazione di un territorio da troppo tempo dilaniato da ingiustizie e indifferenza. Auguri Aspromonte, adesso sei anche graduato ufficialmente!
