Il giornalismo tra i banchi? Merito dell’alternanza scuola-lavoro

Al termine del percorso Pcto, gli studenti del liceo scientifico “G. Galilei” raccontano i meriti formativi e professionali dell’esperienza con Primo piano

Avvicinare i giovani al mondo del giornalismo e della comunicazione nell’era del web, attraverso una formazione orientata a far acquisire conoscenze e competenze, è un valore aggiunto in vista delle loro future scelte in campo universitario e lavorativo. Se i ragazzi non leggono i giornali, ma Instagram sì, allora la vera sfida per il giornalismo e i giornalisti è andare a educarli là sul digitale alla lettura e alla partecipazione consapevole nell’ecosistema comunicativo. Con il debito e consapevole discernimento tra quello che, per l’informazione, è un rischio e ciò che, invece, può essere un’opportunità.

Questi gli obiettivi del percorso Pcto (“Giornalismo 4.0. Come cambia la comunicazione durante e dopo la pandemia”), promosso da Primo piano tramite i suoi redattori, Pier Girolamo Larovere e Massimiliano Dilettuso, e avallato, con entusiasmo e decisione, dalla dirigente scolastica del liceo scientifico “G. Galilei” di Bitonto, Angela Pastoressa, e dalla referente, Agnese Licinio. Svoltosi interamente in DAD, il progetto si è rivelato un canale relazionale aperto, in cui ciascuno studente ha fatto brillantemente la sua parte, appropriandosi con stile unico dei fondamenti essenziali della professione giornalistica.

Riproponiamo, nel seguito, la cronaca delle varie attività laboratoriali svolte dagli studenti della classe 3^C del Liceo Scientifico “G. Galilei”, curiosi pionieri di un lavoro di squadra affascinante, di scoperta e di frontiera. Le testimonianze degli alunni sono sintomatiche di quanto la “materia” si sia incarnata nelle loro vite, incrementando la fiducia nell’autonomia comunicativa garantita da una corretta informazione volta alla costruzione del bene comune. La scuola del futuro, in vista dell’imminente riapertura, dovrà essere l’inizio di qualcosa di nuovo: luogo di cura integrale dello studente, inteso come soggetto di possibilità inedite e capace di realizzare, in piena libertà, qualcosa che solo lui può creare. 

“Attenti alle trappole in rete!”

Gli studenti della 3 C a confronto con il giornalista Rai Michele Cucuzza sui rischi e le opportunità del web e dei social network.

(di Acquafredda Carlotta, Campanelli Asia, Cerrotti Vincenzo, D’Aucelli Giulia, Dimaggio Agnese, Moretti Giovanni, Tassiello Thomas, Sivo Francesco)

Volto storico della Rai, giornalista, conduttore televisivo e radiofonico ma anche scrittore prolifico, Michele Cucuzza è nato a Catania. Da oltre trent’anni, però, vive a Roma dove conserva, nel cuore e nello spirito, le proprie origini siciliane. Signore indiscusso della tv e dell’infotainment, ha condotto il Tg 2 per un decennio, dal 1988 al 1998, in quello successivo il programma “La vita in diretta” prima su Rai 2 e poi su Rai 1, “Uno mattina” e tanti altri programmi di successo.

Nella sua brillante carriera si è interessato di notizie di cronaca legate al costume, al gossip e in generale all’attualità. Osservatore impeccabile dei mutamenti interni alla società, nel suo ultimo libro Fuori dalle bolle! (Armando Curcio Editore, 2020) Cucuzza passa al setaccio il mondo della rete e dei social media. Ai giovani e le loro famiglie, destinatari di questo “manuale di pronto soccorso”, il giornalista suggerisce di non utilizzare i social come un mero passatempo, bensì invita caldamente a sfruttarne gli indiscussi vantaggi in ambito lavorativo e i benefici sociali.

In occasione del progetto Pcto Giornalismo 4.0. Come cambia la comunicazione durante e dopo la pandemia, coordinati dal turor esterno Pier Girolamo Larovere, gli studenti della classe 3C del “G. Galilei” hanno intervistato Cucuzza in video chiamata Zoom, curiosi di conoscere dall’interno il mondo dell’informazione e imparare, così, a districarsi tra le onde di quel mare in tempesta che è il web.

Gli studenti dello scientifico a confronto con Michele Cucuzza (in alto, a sinistra)

Vorrei provare a raccontare a voi giovani che siete tra i maggiori fruitori della rete”, esordisce Cucuzza, “che essa è una conquista decisiva nella storia della comunicazione e dell’umanità”; con la differenza che, mentre “in passato era un privilegio riservato ai soli addetti ai lavori, oggi chiunque sia in possesso di un telefono, un tablet o un pc può accedere direttamente alle fonti ed esprimere la propria opinione”.

Al pari di tutti i media che veicolano messaggi “anche Internet è come una piazza o un supermercato in cui c’è di tutto, e ci si può facilmente imbattere nelle bufale, a mio avviso, ben più pericolose delle fake news”, spiega. E porta alcuni esempi. “L’anno scorso, la celebre pop star Madonna aveva affermato che il vaccino anti Covid c’era ma lo Stato non voleva distribuirlo ai cittadini per continuare a tenerli nella paura. Era una grande bugia, una sciocchezza enorme, se è vero che, dopo quasi un anno, le aziende farmaceutiche hanno già vaccinato molti pazienti”. Tuttavia, “se io leggo questa stupidaggine e poi la condivido, la commento e ci credo, inevitabilmente nei siti in cui navigo si attivano delle pseudo notizie che concordano con quanto detto, ad esempio, da Madonna”, prosegue.

Il problema principale dell’informazione in rete è che siamo di fronte a una miriade di contenuti diversi ma “tagliati a misura” per noi. Come è possibile? Non è magia, ma il risultato di quella che l’esperto in comunicazione Eli Parisier ha chiamato filter bubble o bolla di filtraggio. Si tratta di un problema sorto con l’avvento del web 2.0: “L’utente finisce in una specie di bolla dove tutti confermano la pseudo notizia. Google e gli altri motori di ricerca non mi danno più spontaneamente tutte le notizie, ma solo quelle che corrispondono a sciocchezze a là Madonna. Ecco qua la bolla in cui rischio di finire se non sono sveglio e lucido”, precisa l’ex direttore del Tg 2.

Come fare, allora, a venir fuori da queste bolle?”, domandano gli studenti. “Migliorate anzitutto la vostra autonomia rispetto a tutto ciò che trovate sul web, non siate mai passivi e andate oltre le apparenze. Occorre essere curiosi e avere il coraggio di dubitare per uscire dalla propria confort zone e argomentare le proprie idee con spirito critico”, consiglia Cuccuzza. E aggiunge: “Il fatto che Madonna sia una persona popolare e importante, non per questo le sue affermazioni sono garanzia di autenticità. Restare prigionieri delle bolle significa isolarsi dentro una propria verità opinabile che non ha nulla di oggettivo”.

Con la rete, oggi alla portata di tutti, sia un’opportunità anche per le giovani generazioni non ci piove. Basti solo pensare ai tanti professionisti alla ricerca di ragazzi che curino la parte social delle piattaforme o dei siti web. C’è la possibilità che, in futuro, la sorte arrida agli sviluppatori di app se quest’ ultimi, mettendosi in gioco, sapranno sfruttare consapevolmente le straordinarie opportunità lavorative offerte dai mezzi tecnici e informatici.

Un altro momento dell’intervista su Zoom

Quando si pensa a Michele Cucuzza viene subito in mente il giornalista o il conduttore di tv e radio. La sua brillante e intraprendente carriera, tuttavia, lo ha sempre indotto a sperimentare i campi più disparati. Conseguita la laurea in Lettere e divenuto, nel frattempo, giornalista professionista, ho esordito a Milano con Radio Popolare, storica emittente privata milanese ancora oggi attiva. Poi sono andato in Rai e così via dicendo. Quando ero giovane non pensavo che avrei fatto il giornalista radiofonico o televisivo, anche se la passione per la scrittura mi ha permesso di esprimere al meglio il mio pensiero”, chiarisce.

Amo il giornalismo perché mi piace stare a contatto con le persone, condividendo con la gente ciò che penso e faccio. Chi fa un mestiere artigianale come il mio sa bene che la realtà è in continua evoluzione e che ogni giorno bisogna cercare stimoli nuovi. Girando il mondo, ho potuto apprezzare culture e tradizioni diverse, conoscendo meglio me stesso. Adesso che scrivere e raccontare è diventato un diritto di tutti, più si legge e meglio si scrive. Non smetto mai di ideare nuovi progetti”, conclude.

A conclusione dell’intervista, gli studenti hanno compreso che giornalismo e informazione di qualità rappresentano un bene pubblico ed espediente irrinunciabile per il funzionamento di qualsiasi Paese che intenda definirsi “democratico”. Siamo di fronte a una crisi dell’informazione causata da un’ondata comunicativa di proporzioni senza precedenti. A chi comunica spetta, dunque, il compito di rendere ogni giorno “potabili” le notizie che entrano nelle case dei cittadini-fruitori, attraverso un continuo processo di verifica e autocorrezione delle fonti. Informarsi è un diritto dei giornalisti e un dovere per i cittadini.

Nei vostri occhi non siamo più invisibili

Tra paura dei flussi migratori, volontariato e tentativo di dare dignità allo “straniero”, Angela Falconieri e Antonio Tomaino raccontano il progetto Alter ago. Attraverso i tuoi occhi agli studenti della 3C.

(di Acquafredda Gaia, Cazzolla Maria Letizia, Fioriello Giulia, Frascella Desireè, Leone Rebecca, Paparella Isabella, Santopietro Agata, Valla Stella)

Nell’area circostante la cittadina di Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia, la terra la coltivano gli immigrati: sono loro a raccogliere la maggior parte della frutta e degli ortaggi che finisce sui banchi dei supermercati e nelle nostre case. Molti sono senza contratto, vivono in baracche, ai margini dei grandi centri abitati, dove capita che muoiano, arsi vivi da incendi divampati da malmesse stufe o braceri improvvisati. Questa baraccopoli abusiva è il buco nero in cui precipitano sempre più uomini e donne, colpiti da precarietà, miseria e umiliazioni di ogni tipo.

La pista intorno a Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia (San Giorgio Ionico, Lesina)

Sentiamo spesso le cronache locali e nazionali nominare questi disperati “vittime” dei caporali. Come se il caporalato non sia una piaga che avvantaggia un sistema economico già di per sé iniquo. Come se ghettizzare esseri umani in baraccopoli e tendopoli non sia la prova tangibile della diffidenza – si legga paura – che ci porta a legittimare la mancanza di diritti nelle loro vite.

La necessità di costruire un nemico perfetto risponde, in realtà, a un duplice scopo: da un lato, bloccare l’invasione incontrollata di questi sciagurati che dall’Africa tentano la traversata per l’Europa, via Italia, dall’altro compattare l’elettorato italiano sul tema della paura assicurandosene il voto con la promessa dell’“uomo forte” che lo liberi da un sentimento di insicurezza e inquietudine.

Per non indulgere più in una narrazione edulcorata di dinamiche complesse che paventano gli istinti razzisti più biechi, gli alunni della 3 C del liceo scientifico “G. Galilei”, impegnati nel progetto Pcto sul giornalismo 4.0, hanno provato a fare chiarezza sui fatti gravissimi che investono la realtà di Borgo Mezzanone assieme ad Angela Falconieri e Antonio Tomaino. Fondatori assieme a Federica Schiavello dell’associazione Alterego, il cui scopo è promuovere lo scambio e l’integrazione tra culture diverse, questi ultimi vogliono provare a decostruire la cultura del razzismo e dell’indifferenza nei confronti dei migranti, dando spazio e soprattutto voce a questi “ultimi” senza nome né volto. 

Tutto è cominciato nel 2018, quando “un fotografo spagnolo, nell’ambito del progetto Barrios Project, ha consegnato delle macchine fotografiche analogiche a ventotto ragazzi dodicenni, chiedendo loro di realizzare alcuni scatti dei quartieri più precari di Madrid; lo scopo era far conoscere questa realtà attraverso la loro lente prospettica” esordisce Angela. “Di ritorno da un progetto di volontariato, ‘Io ci sto fra i migranti’, al quale avevo partecipato durante l’estate, insieme ad Antonio ho deciso di fare ritorno nel ghetto di Borgo Mezzanone per mettere a frutto ciò che avevo appreso in quell’esperienza”, spiega.

Ispirandoci liberamente al gesto simbolico del fotografo di Madrid, abbiamo parlato con i giovani che il ghetto lo abitano consegnandogli macchine fotografiche economiche e abbiamo chiesto cosa avrebbero fotografato per rendere concretamente visibile, dalla loro prospettiva, la realtà in cui vivono, soprattutto agli occhi di esterni ne sentono parlare sui giornali o in tv”, illustra Antonio.

Nel concreto, il progetto Alter Ego. Attraverso i tuoi occhi si è avvalso della collaborazione con la casa di produzione cinematografica Waye articolandosi in tre step: una mostra fotografica, la proiezione di una breve video-intervista ai migranti del borgo e un talk sul tema del caporalato e dell’accoglienza dello straniero. Soltanto due, per ora, le occasioni di esposizione davanti al pubblico: a Bitonto, presso il Museo Archeologico De Palo-Ungaro e a Terlizzi, presso il Mat Laboratorio Urbano.

 

La timidezza iniziale è presto scomparsa. L’urgenza di raccontare ha preso il sopravvento tra i ragazzi i quali, avvalendosi di un filtro comunicativo e visivo molto impattante, hanno voluto essere riconosciuti per le strade della pista che circonda il borgo, gridando a tutti che ce l’hanno fatta a colmare il loro gap linguistico grazie alle persone che gli hanno aiutati”, prosegue Angela.

I ragazzi hanno cominciato a raccontarsi con velocità e fame, dando luce a una realtà che a noi appare cupa, degradata e fragile, ma che per loro simboleggia il “bello”: tramonti, mare, cieli, sculture. È solo cambiando la percezione sulle persone che abbiamo vicino, costruendo nuovi esempi di convivenza, che cambi l’immaginario di un Paese, quindi la realtà. Sì, il mondo si cambia raccontandolo nelle sue differenze”, sottolinea Antonio.

A causa dell’assenza di contratti di lavoro, permessi di soggiorno e strutture che possano adeguatamente ospitare questi ragazzi, nati e cresciuti in Italia, l’ipoteca sul loro futuro è enormemente pericolosa. Ogni tentativo di edulcorare o rendere neutre queste notizie è connivenza con chi alimenta gli istinti razzisti più biechi nei confronti di milioni di persone che qui vivono e lavorano da anni”, precisa Angela. “L’unico modo per abbattere i pregiudizi è parlare con gli altri; se cominci a conoscere i migranti, a parlare con loro, scopri che riconoscendole ognuna nella propria storia, diventano persone normali”, conclude.

L’esito dell’intervista si è rivelato vantaggioso per gli studenti in un duplice senso. Che il nostro non è un Paese razzista, come ripete una narrazione edulcorata e banale, e la scuola può giocare un ruolo fondamentale nell’educare a riconoscere le differenze e a valorizzarle.

E che le giovani generazioni devono tendere la mano all’escluso, indipendentemente dalla sua provenienza geografica e culturale, ascoltandone le testimonianze assumersi la responsabilità di veicolarle una coscienza collettiva, profondamente radicata nei valori umani.

Una modesta proposta per il rilancio della città  

Tra crisi economica e ambizioni, il vicesindaco di Bitonto Rocco Mangini illustra le ipotesi dell’amministrazione per la riapertura post lockdown agli studenti dello scientifico “G. Galilei’’.

(di Colapinto Aurora, Lovascio Mariapia, Liso Martina, Minenna Marina, Pilolli Valeria e Zambetti Claudio)

Il turismo è, senza dubbio, tra i settori produttivi che più hanno risentito le ripercussioni dall’emergenza sanitaria, ormai da più di un anno a questa parte. Il crollo del turismo straniero in Puglia, secondo l’allarme di Coldiretti Puglia, ha causato un buco di circa cinque miliardi nelle spese dei viaggiatori dall’estero, precipitate del 61% nel 2020 rispetto all’anno precedente, toccando il minimo da almeno vent’anni.

A ribadire questi dati, in un’intervista rilasciata recentemente agli studenti della 3^C del Liceo Scientifico “G. Galilei”, è stato anche Rocco Mangini, vicesindaco di Bitonto nonché assessore alla cultura e al marketing territoriale, il quale così ha esordito: “non abbiamo mai smesso, durante l’intera fase dell’emergenza sanitaria, di monitorare le disposizioni del Governo e di studiare le possibili occasioni per una ripartenza delle iniziative culturali e imprenditoriali”.

A Bitonto infinite iniziative di natura culturale, dal teatro alla musica, dall’arte ai vari progetti messi in cantiere dalla giunta guidata dal sindaco Michele Abbaticchio, sono stati annullati o rallentati a causa dell’aumento dei contagi, preoccupante nel territorio cittadino e nelle frazioni. Manifestazioni ed eventi che, negli anni passati, hanno rilanciato il ruolo della “città degli ulivi” che ha attratto sempre più consistenti flussi turistici non solo dall’hinterland barese ma anche da tutta Italia.

L’assessore al marketing territoriale Rino Mangini intervistato dagli studenti dello scientifico

L’amministrazione comunale, tuttavia, non ha cessato di lavorare alla pianificazione di strategie per “ripensare il turismo di questa città in una veste più sostenibile dato l’improbabile ritorno a un turismo di massa o internazionale”. Un segnale di speranza per tutti gli esercenti e gli operatori della cultura che, ormai da troppo tempo, hanno smesso di sorridere.

Per questo motivo, da luglio ad ottobre, il comune di Bitonto ha organizzato una rassegna di eventi, intitolata Not(t)e di Musica, che ogni giovedì e domenica d’estate ha animato tre emblematiche piazze del centro storico cittadino – Piazza Cavour, Largo Teatro e Piazza Cattedrale – con concerti pubblici, nel pieno rispetto delle normative anti-Covid.

Ma “per far risollevare il comparto turistico bitontino – prosegue Mangini – è necessario non solo organizzare iniziative temporanee, bensì stilare un chiaro piano di crescita a lungo termine che possa, in un futuro non lontano, agevolare economicamente i turisti in vacanza sul nostro territorio”.

Si è pensato, infatti, di promuovere un portale online, Visit Bitonto e una guida turistica bilingue interattiva attraverso la quale il visitatore può organizzare minuziosamente la sua permanenza in città. Nonostante le tante proposte, l’assessore è certo che “per avere dei riscontri positivi nel paese, bisognerà aspettare una ripresa nazionale” ma che“per ora la parola turismo cala il sipario”.

Altro fattore importante è quello del futuro lavorativo, specialmente per le giovani generazioni: “Emigrare per lavoro all’estero non è solo una questione di prospettive e di mentalità, è anche, legittimamente, una questione più pratica: molti bitontini, appena conseguito il diploma liceale, partono per fare nuove esperienze e mettersi in gioco. Il vero problema è che poi, una volta tornati, non impieghiamo il loro talento nei settori produttivi di cui più abbiamo bisogno”.

La nostra regione, infatti, presenta molte occasioni di lavoro in ambito agricolo e turistico, ma chi decide di intraprendere studi nel campo della moda, dell’architettura e del design non aspetta perché non ha alternative e se ne va nelle regioni più all’avanguardia per qualità della vita, ricchezza e produttività. Come minimo servirebbe un’equa via di mezzo, un modo ragionevole e persino felice di tornare a vivere nel proprio Paese, dopo l’esperienza all’estero. Cominciamo a pensarla.

“Se non sono felice dentro non riesco ad essere un campione”

La geniale carriera del giocatore Loris Palazzo col pallone, dal Monza al Bisceglie, è una fortuna ma anche l’abilità specifica di un professionista.

(Acquafredda Mirko, Costa Donato, Colangelo Antonello, Fallacara Flavio, Fiore Nicola, Incantalupo Antonio, Tassiello Marco, Tricarico Marco).

Classe ’91 ed ex calciatore professionista, Loris Palazzo è un attaccante attualmente sotto contratto con il Brindisi FC. Velocità ed esplosività sono le sue caratteristiche principali sul campo da gioco, in uno con il fiuto per il gol e l’attacco della profondità. Partito dalle giovanili del Bari, Palazzo ha militato in diverse squadre: il trampolino di lancio è stato il Bisceglie, che lo ha portato poi a indossare la maglia del Monza 1912, con cui ha esordito tra i professionisti in serie C.  

Loris Palazzo con la maglia del Brindisi (foto Anna Verriello)

All’attivo ha totalizzato novanta reti in 274 presenze: il suo record stagionale di 15 gol, invece, lo ha realizzato al secondo anno di permanenza nel club lombardo. Dopo aver concluso tre ottime stagioni al Monza e la breve parentesi di Latina, il calciatore è tornato nel suo territorio natale, la Puglia, disputando prima una discreta stagione con la Team Altamura e poi vestendo la casacca dei federiciani della Fidelis Andria.

Quest’anno, la ciliegina sulla torta, con il tesseramento nel Brindisi FC: scelta legata soprattutto a motivi familiari, e in particolare, all’affetto verso suo figlio. “Perché lui mi ha dato tutto quello che desideravo, anche per giocare a calcio come piace a me: il sentimento puro e sincero, istintivamente”, esordisce così in una breve intervista rilasciata agli alunni della 3C dello scientifico “G. Galilei”.

L’ex calciatore professionista (in alto, al centro) a confronto con alcunni alunni della 3 C

Palazzo ha raccontato i trionfi, le delusioni e gli imprevisti che un calciatore assapora quotidianamente nella sua professione. “Sicuramente, esserci dentro in un’esperienza come quella vissuta sul campo a Monza – spiega – è stato un valore aggiunto; da lì in poi ho iniziato a cambiare approccio, tornato in Puglia con un bagaglio notevolmente arricchito”.

In merito all’attuale emergenza che stiamo vivendo si è detto addolorato dall’assenza dei tifosi sugli spalti, fatto “abbastanza strano, poiché solitamente i supporter aiutano a vivere il campionato per come dovrebbe essere, un’adrenalina sana coronata da gioia indescrivibile, sebbene il mio rapporto con loro oscilli tra odi et amo”, prosegue.

Oltre alla vita sul campo da gioco, tuttavia, per l’attaccante bitontino è importante anche consolidare, con i propri compagni, un rapporto umano che vada al di fuori del rettangolo verde. “Il gioco del calcio – chiarisce – è corsa, abilità tecnica ma anche, e soprattutto, testa costantemente allenata; inevitabilmente, la professione sottrae tempo agli affetti e alla famiglia, ma personalmente cerco di godermi la mia famiglia nei restanti momenti della giornata”.

Loris Palazzo sul campo del Bitonto (foto Anna Veriello)

Tralasciando la carriera da calciatore, l’ex bomber di Monza e Andria ha deciso di investire nel centro antico di Bitonto aprendo un’attività commerciale per pareggiare i conti col lavoro, una volta terminata la sua avventura sui campi da gioco: “In molti immaginano i calciatori dentro una “bolla”, su un piano più alto e isolati da tutto; eppure, l’ho provato sulla mia stessa pelle, sebbene alla base la passione resti, è impossibile pensare che la propria vita sul campo sia eterna”, precisa.

Infine, citando le parole che il telecronista sportivo Lele Adami ha rilasciato in una recente intervista, ha espresso la sua opinione circa i problemi che affliggono il calcio dei dilettanti: anche Palazzo, come l’ex difensore di Inter e Fiorentina, ritiene che “i giocatori di Serie A dovrebbero ridurre del 5% il proprio compenso annuo per sostenere e contribuire alla salvaguardia di tutti gli addetti ai lavori che operano dalla Serie D in giù”, conclude.

Un piccolo contributo che potrebbe aiutare le famiglie di centinaia e centinaia di atleti che – come tanti – in questo momento stanno vivendo un periodo non facile della propria carriera lavorativa. Il suo approccio, inevitabilmente improntato al rispetto e alla modestia, è un esempio per le nuove generazioni, i cosiddetti Millenials, che, spesso, mossi da pura ambizione, faticano a trovare la strada dell’umiltà sul campo.

 

Nella foto in alto, gli studenti della 3C del Liceo Scientifico “G. Galilei” di Bitonto che hanno partecipato al Pcto di giornalismo con i tutor esterni, Piergirolamo Larovere e Massimiliano Dilettuso, e la docente tutor interna Agnese Licinio