Tropea, la troppo bella, la perla della Costa degli Dei, la dea tra le dee di Calabria, nella prima serata di una Pasqua discreta e contenuta, ha vinto l’ottava edizione del concorso Il Borgo dei Borghi 2021, promosso dalla trasmissione Alle Falde del Kilimangiaro su Rai 3, brillantemente condotta da una sempre professionale Camila Raznovich, regalando un’ondata di gioia e orgoglio alle famiglie calabresi, attente sostenitrici della cittadina. La si è potuta votare da casa dal 7 sino al 21 marzo: a decretarne la vittoria finale è stata la giuria di esperti, costituita da Mario Tozzi, geologo e conduttore di Sapiens, Rosanna Marziale, chef pluristellata, e Jacopo Veneziani, docente e dottorando in Storia dell’Arte alla Sorbonne di Parigi.
Sul podio altri due incantevoli borghi del nostro Sud, Geraci Siculo e Baunei (rispettivamente 3° e 2° posto) ma hanno partecipato, come da palinsesto, 20 caratteristici paesini, uno per ogni regione. La felice proclamazione, annunciata sulle note de Ma il cielo è sempre più blu di Rino Gaetano, arriva in un momento particolare per il borgo, reduce dalla delusione per il risultato di Capitale della Cultura 2022: un sogno sfumato! Il progetto, tuttavia, é stato tradotto in maniera operativa per assecondare le notevoli potenzialità della cittadina tirrenica e i frutti si cominciano evidentemente a raccogliere.
Il sindaco Giovanni Macrì si è detto soddisfatto ed emozionato, oltre che profondamente grato per l’intensa rete creatasi a sostegno della candidatura e ha dedicato la vittoria, commosso, alla governatrice Jole Santelli, scomparsa prematuramente, a pochi mesi dal mandato regionale, ottenuto lo scorso autunno.
Meta ambita dal turismo tutto, Tropea sfoggia una posizione d’eccezione nella costa tirrenica e vanta sabbie purissime, baie cristalline, rupi di omerica memoria nonché risorse enogastronomiche di pregio, come l’intera provincia di Vibo Valentia può decantare. Tropea è la colorata e squisita sintesi di una moltitudine di sinergie, il cui pregevole stigma è l’accoglienza. “A Tropea rimani senza respiro. Ti viene voglia di spiccare il volo nell’infinito. Non credo che al mondo esista qualcosa di più suggestivo”, così scriveva Saverio Strati, l’autore santagatese della “PerladelTirreno”: un luogo sospeso tra falesie e storia, tra venti e mito.
Il toponimo Tropea assicura la sua palese etimologia greca nella conferma dell’esistenza, tra le alture dell’Arcadia, nel Peloponneso, di una piccola città omonima, oggetto di studio di celebri archeologi. Un nutrito gruppo di studiosi è convinto non sia affatto un caso, ma che vi siano ragioni storico-linguistiche a giustificazione dell’ipotesi: Tropaion (Tropaeum in latino), ossia trofeo o segno di vittoria, ovvero l’albero al quale si appendevano le armi dei vinti dapprima e il monumento in bronzo a celebrazione della stessa, poi. Tropea sarebbe quel luogo in cui antiche epopee glorificavano i propri eroi. Purtroppo ancora non vi sono prove concrete di simili monumenti eretti sul promontorio ma, ad oggi, è una delle teorie più degne di nota ed accreditate.
Ciononostante, non si possono eludere a priori, o ritenere meno attendibili, altre ipotesi che riscontrano nel toponimo in sé molteplici significati. Infatti, secondo alcuni studiosi, la denominazione affonderebbe le sue radici nel termine tropaios, che indicava uno “Zeus vincitore capace di mettere in fuga i nemici”; altri ne identificano la provenienza nel termine elleno Tropaia, “vento variabile, burrasca” ed altri ancora sostengono un’interpretazione differente del tutto: trophis, “carena di nave”, dunque un significato legato alle attività marinare evidentemente praticate nel borgo. Da ultimo, ma non ultimo, un’ulteriore fascinosa interpretazione sarebbe da attribuire alla mitologia greca, secondo la quale Ercole, figlio di Giove e Alcamena, allattato e tenuto in vita dalla generosa Giunone, di ritorno dalle Colonne d’Ercole, si impegnò a costruire una città da dedicare alla sua nutrice, denominandola Tropea, per la radice del verbo greco “trepho”, cioè nutrire, alimentare.
Altre fonti designerebbero Tropea come la città fondata da Publio Cornelio Scipione l’Africano che, nel 209, di ritorno a Roma dopo la conquista di Cartagine, avrebbe offerto un trofeo agli dei munifici, a riconoscenza dell’assistenza ricevuta durante la seconda guerra punica. Ad ogni buon conto, tutti questi studi e queste teorie nutrono abbondantemente il fascino e il mistero di questa singolare cittadina. Nel tempo, difatti, essa ha rappresentato un importante crocevia nonché uno scenario di rilievo nella storia del nostro amato Mediterraneo. Intorno al 530 Belisario, inviato da Giustiniano, fortifica Tropea, da sempre teatro di azioni belligeranti e, nella seconda metà dell’800, viene invece occupata dai saraceni e liberata poi dal generale dell’Imperatore Basilio, Niceforo Foca.
Nel periodo iconoclasta, si narra vi abbiano trovato fortunato rifugio centinaia di monaci, rassicurati dalle scoscese pareti delle Serre: testimoni di tali anfratti di storia medievale sarebbero i numerosi ruderi di chiese rupestri sparsi nel territorio, ma non vi è ancora alcun riscontro effettivo che renda certa l’ipotesi. Oggi, di certo, il luogo più sacro risulta essere la chiesa dell’Isola bella, detta Santa Maria dell’Isola, che signoreggia innanzi alla città, su di un isolotto circondato in buona parte dal mare, di cui però non si hanno certezze in merito all’anno di costruzione. In stile gotico, è dedicata alla Sacra Famiglia e custodisce la statua della Madonna che, in precedenza, era venerata in una grotta naturale dello scoglio su cui essa sorge e vi si accede attraverso una gradinata ottenuta scavando la rupe stessa. Nonostante Tropea vanti un’alta rupe, di circa 60 metri, una reale difesa naturale contro i nemici, i bizantini, dopo averla fortificata con la cinta muraria, innalzano anche un castello tra la cattedrale (X secolo) e la porta Nuova.
Contesa per la sua strategica posizione, resta a lungo palcoscenico di invasioni, saccheggi e guerre, accettando suo malgrado, la supremazia dei normanni, degli angioini, degli aragonesi e infine dei Borbone, monarchi del Sud fino all’Unità d’Italia. Distintasi per l’alta fedeltà dimostrata ai D’Aragona contro gli Angiò di Francia, Tropea ottiene privilegi dal re Ferdinando II, a conferma di quelli già noti dei normanni: nel 1495 è insignita del più antico titolo di “città” in Calabria e da quell’anno può lodarsi della scritta nello stemma “Sola Tropea sub fidelitate remansit” (unica del Regno di Napoli). Mantiene, pertanto, sempre una forte autonomia amministrativa ed economica contro i signori feudatari, grazie alla tutela dei sovrani spagnoli che ne preservano, con cura, origini e bellezza.
La veduta sulla sua piazza militare sarà anche riprodotta, assieme alle altre più rilevanti del Regno di Napoli (Reggio, Crotone e Bagnara), nel famoso manoscritto cartaceo, risalente al XVI secolo, chiamato Codice Romano Carratelli, dal nome dell’illustre avvocato, nonché noto politico nazionale, appartenente ad una prestigiosa e antica famiglia calabrese. Conservato attualmente nel Fondo Antico della Biblioteca di famiglia, il Codice si compone di 99 acquerelli raffiguranti castelli, torri d’avvistamento e città fortificate della Provincia di Calabria Ultra (Calabria Ultra flumen Nhetum= Calabria Ulteriore, le terre a Sud del fiume Neto) e del Regno di Napoli. Il prezioso volume, in ottimo stato e di raffinata fattura, riproduce il territorio costiero, corredato da certosine note antropologiche, descrittive e illustrative dei luoghi, proponendo un sistema difensivo completo per far fronte alla potente flotta turca e, pertanto, certamente secretato.
Durante il XVI secolo si è distinta per essere una delle città più floride in ambito economico e commerciale del Regno di Napoli e, godendo dello status di città regia, si è facilmente affermata in contesti socio culturali, fregiandosi di aver dato i natali ad illustri nomi della medicina (i fratelli Boiano), del clero (cardinal Lauro e don Mottola), dell’arte (Lorenzo), della recitazione (Vallone), della scienza (Dulbecco, madre tropeana) e della filosofia. Ricordato come “patrizio della città di Tropea”, il noto filosofo Pasquale Galluppi regala al borgo, già all’alba del XIX secolo, una folata di modernità, figlia di una cultura illuminista, raffinata a Napoli, finalizzata alla salvaguardia dell’identità di stato, che lui già concepisce come “nazione”.
Tropea detiene in sé la bellezza di una natura munifica e in più l’eleganza dei palazzi nobiliari dai sontuosi portali, sovrastati dalle famose maschere apotropaiche che la legano indissolubilmente alla matrice culturale cui appartiene. Erede indiscussa di magnogreche reminiscenze, Tropea è intrisa del tramestio culturale che l’ha attraversata e realmente costruita, oltre a rappresentare la magnifica e pregnante eco di un proscenio paesaggistico che permette l’incanto: la suggestiva vista sullo Stromboli incornicia l’imponente rupe arenaria addomesticata da un dedalo di vicoli, ospiti di ridenti attività artigianali, di servizi di classe, di banchi per sagre locali e di manifestazioni musicali che sono divenute cliché di alta levatura a fine stagione.
Un dedalo di vicoli, custodi silenti di architetture dalla pregevole fattura: palazzo Braghò, palazzo Toraldo, la cattedrale normanna di Santa Maria di Romania, il museo Diocesano, la chiesa sconsacrata di Santa Maria della Neve e le eleganti piazze circondano le spiagge e le grotte che fanno sognare il turismo a vocazione balneare internazionale. La grotta del Palombaro e la spiaggia “A Linguata” occupano le pagine delle più gettonate riviste turistiche.
Lungo questi lidi selvaggi, risiede il malioso tramonto sul vulcano che concorre a divenire patrimonio Unesco dell’Umanità: è la magia della bocca dello Stromboli che ingoia il Sole di Apollo, è lo spettacoloso quadro dipinto dalla lava mischiata alle campiture rosso-arancio dei dormienti raggi solari. È la presuntuosa poesia delle sere tropeane trascorse sul prepotente affaccio al mare. È la mistica dimensione che si respira sugli arroganti balconi dei tracotanti palazzi tropeani. È il semplice paradigma che assicura la valenza e la veridicità di ogni titolo le si accosti, dono precipuo degli Dei benevoli e lungimiranti.
Il porto turistico di Tropea, ad opera del sensibile avvocato Romano Carratelli, allora consigliere regionale, è un ensemble di stile e di ricercatezza, un luogo ameno, anfitrione di affermate kermesse socio-culturali e dal quale si gode di magnifiche assi prospettiche che lasciano intravedere le interessanti cupole del variegato patrimonio artistico, culturale e religioso della cittadina. Tropea, circa 6.000 anime, il Borgo dei Borghi, il trionfo di una realtà imaginifica che permette oggi alla Calabria tutta di sognare e di “restare”.
Le foto di Tropea sono di Angela Ippolito