Colonnine “dormienti”? La mobilità elettrica in Puglia non decolla

Dopo solo qualche mese, sono oggi inattive le centinaia di stazioni di ricarica realizzate in molti comuni col progetto Puglia Active Network

Nello scorso mese di febbraio, le “auto alla spina” (PEV), che sono la somma delle elettriche pure (BEV) e delle ibride plug-in (PHEV), hanno fatto registrare, sul territorio nazionale, un incremento complessivo delle vendite del 121% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Un dato che va considerato nel contesto di una flessione globale del 12,35% del mercato auto e che fa sì che l’immatricolato complessivo delle PEV raggiunga il 5,9% del totale, anche grazie agli incentivi statali utilizzabili per tutto il mese di febbraio (a differenza di gennaio). Le ibride plug-in, la cui vendita è cresciuta del 297%, sono ancora le auto maggiormente preferite dagli italiani che decidono di passare alla mobilità elettrica, mentre le elettriche pure passano dalle 2.532 del secondo mese del 2020 alle 3.442 di febbraio 2021, crescendo dunque del 36%.

La Regione Puglia, in questo contesto così dinamico, dove si colloca? A febbraio 2021 sono state vendute 57 auto BEV (erano 32 a febbraio 2020) e 87 auto PHEV (erano 20 a febbraio 2020), ponendosi come terza regione del Sud (dopo Campania e Sicilia) quanto a numero di auto elettriche immatricolate nello scorso mese. Anche in Puglia, quindi, è evidente che la scelta prevalente dei consumatori sia indirizzata sulle auto ibride plug-in, trainate dalle flotte rental long term (che quadruplicano i numeri in Italia) e preferite dai clienti per la loro maggiore autonomia. Questi dati rendono evidente quanto sia essenziale provvedere alla crescita delle infrastrutture di ricarica: ancora oggi il range anxiety, ovvero l’ansia su quanti chilometri poter fare con un’auto elettrica prima di doverla ricaricare, è uno dei fattori che frena maggiormente la transizione alla mobilità elettrica pura.

Se è vero che le auto a batteria garantiscono chilometraggi ben maggiori di quelli di qualche anno fa, il problema si sposta ora sulla diffusione delle infrastrutture (specialmente pubbliche) ben mixate in quantità e potenza. A leggere i dati (aggiornati a dicembre 2020), la Puglia figura tra le 10 regioni italiane ad avere, sul proprio territorio, un numero di punti di ricarica compreso tra 700 e 3500 (il range più alto tra quelli proposti). Sono infatti 773 i punti di ricarica regionali e 394 le infrastrutture di ricarica presenti sul territorio: meglio della media del Sud-Italia e del Centro Italia, decisamente inferiore alla media delle regioni del Nord. Nel totale dei punti di ricarica presenti in Puglia, però, vengono calcolate anche le centinaia di colonnine della rete Puglia Active Network. Un progetto da 170 milioni di euro predisposto da e-distribuzione in risposta al bando europeo NER 300, che prevedeva la realizzazione su scala regionale di una rete capillare di infrastrutture pubbliche di ricarica per veicoli elettrici. Completata l’installazione delle colonnine di ricarica in moltissimi comuni pugliesi, queste sono rimaste attive solo per qualche mese e oggi risultano misteriosamente “dormienti” in tutta la Regione, quindi di fatto inutilizzabili dagli automobilisti.

Solo attraverso un investimento serio nelle infrastrutture di ricarica e nell’ammodernamento delle reti, la flotta di auto completamente elettriche può accrescersi, marginalizzando progressivamente anche la quota di vetture ibride. Recenti test effettuati da Transport & Environment confermano che alcune auto ibride plug-in (tre quelle analizzate nello studio) emettono tra il 28-89% in più di CO2 rispetto a quanto pubblicizzato. Il dato si registra in condizioni ottimali e con batterie completamente cariche, ma quando invece il pacco batterie risulta completamente scarico, l’emissione di CO2 cresce dalle 3 alle 8 volte in più rispetto ai valori di omologazione. Sono quindi vetture che, nell’ottica del raggiungimento della neutralità climatica, dovranno essere necessariamente superate e i sussidi (numerosissimi) che oggi sostengono il loro mercato dovranno, in tempi brevi, essere dirottati nello sviluppo di una capillare ed efficiente rete di ricarica per veicoli “full electric”.

Le auto completamente elettriche costituiscono un mercato ancora in fase di sviluppo e i veicoli attualmente in vendita si collocano su fasce alte di prezzo. Circa l’80% dei veicoli elettrici sul mercato costano infatti tra i 20.000 e gli 80.000 euro (di listino). La fascia di prezzo tra i 10.000 e 20.000 euro, che per i veicoli a combustione interna rappresenta il segmento delle auto più vendute, è raggiungibile quasi esclusivamente attraverso l’utilizzo di incentivi per auto di fascia superiore.

Nel peggiore dei casi, un’auto elettrica con una batteria Made in China e guidata in Polonia (quindi in una nazione con mix energetico basato prevalentemente su combustibile fossile) rilascia comunque il 22% in meno di emissioni CO2 rispetto al diesel e il 28% in meno rispetto alla benzina (dati di Transport & Environment). Nel migliore dei casi, invece, un’auto elettrica con una batteria prodotta in Svezia e guidata in Svezia può ridurre dell’80% l’impronta di carbonio rispetto al diesel e dell’81% rispetto alla benzina (considerando anche la quantità di CO2 emessa in fase di produzione del veicolo e della batteria). Man mano che crescerà la penetrazione delle fonti rinnovabili, il divario tra mezzi elettrici e fossili diverrà più grande, e se tutti i Paesi mantenessero gli impegni richiesti da Bruxelles per il 2030, le emissioni di CO2 sarebbero in media fino a 4 volte più basse per la mobilità elettrica rispetto a oggi.

Se i governi europei sono seriamente intenzionati alla decarbonizzazione, devono necessariamente accelerare il passaggio ai veicoli elettrici. Sfatato il mito (abbastanza diffuso) secondo cui guidare un’auto elettrica in Europa può essere peggio (o comunque indifferente) per il clima rispetto a guidare un mezzo a combustione interna, la sfida imminente sarà quella di promuovere la ricerca su riciclo e produzione di batterie nuove (magari senza cobalto) e di ridurre il divario sociale che l’auto elettrica ancora determina (difficilmente chi non ha un box auto o una villa sceglie oggi di acquistare un’auto di quel tipo).

Come si traducono questi obiettivi a livello regionale? Concorrendo allo sviluppo dell’autoproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (impianti su abitazioni private e condomini) e promuovendo l’installazione di nuove infrastrutture di ricarica pubbliche alimentate con energia rinnovabile. La diffusione delle auto elettriche dovrà essere uno stimolo ad aumentare la penetrazione delle energie rinnovabili nel mix energetico. E, viceversa, la produzione sempre maggiore di “energia pulita” renderà evidenti i vantaggi per l’ambiente (e la qualità dell’aria) di una mobilità completamente elettrica.