Una preziosa collezione di gigantografie delinea sentieri di fede, attraverso cui penetrare nel cuore del mistero cristiano per scoprirne una storia dalla sacralità lunga e fascinosa, ricca di cromatismi vividi e soffusi, a cui anche quest’anno guardiamo con malinconica nostalgia.
No, quella del 2021 non sarà una Settimana Santa da ricordare: mancherà il brulichio di gente nei vicoletti bui, illuminati solo dalle luci fioche delle candele; mancheranno i flash dei fotografi, pronti a immortalare qua e là i capolavori scultorei portati in processione con il ritmo scandito delle marce funebri; mancherà far visita ai “Sepolcri” e il raccoglimento in preghiera davanti ai tabernacoli ornati di drappi e fiori; mancherà soffermarsi sugli svolazzanti panni bianchi che pendono dai balconi e persino intenerirsi davanti alla sfilata dei bambini, vestiti con una tunichetta rossa e cinti da una corona di spine, che sorreggono una piccola croce di legno.
Se queste suggestioni sembrano il contorno di un’immagine momentaneamente sbiadita, è sorprendente pensare quanto, all’interno della comunità ruvese, la religione e il folklore giochino un ruolo rilevante nella crescita dei giovani.
Uno di questi è Tommaso Altamura, autore del disegno raffigurante il simulacro de Gli Otto Santi, di cui lo scorso anno si celebrava il centenario. Il capolavoro in cartapesta, custodito nella chiesa di San Rocco a Ruvo di Puglia, è un’opera che il maestro leccese Raffaele Caretta creò nel 1920, ispirandosi al dipinto di Antonio Ciseri intitolato Trasporto di Cristo al Sepolcro, risalente circa al 1870. Il gruppo statuario, dal basamento rialzato per simulare meglio la discesa dal monte Golgota, ospita frontalmente Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo che trascinano Gesù, avvolto nel sudario, trattenendolo per i piedi, assieme all’imberbe San Giovanni, la Madonna, Maria di Magdala, Maria di Cleofa e Maria di Salomè che sostengono afflitti il lenzuolo alle spalle del Cristo esanime, sorvegliati da un angioletto paffuto.
Serio e dedito alla preghiera, Tommaso ci racconta il suo interesse per la Settimana Santa maturato fin dalla tenera età, che gli ha consentito di riflettere sul sacrificio di Cristo morto sulla croce. “Porto nel cuore le tradizioni rubastine nonché le processioni del mio paese, perciò mi auguro che tutto ritorni al più presto alla normalità. In questi giorni ho realizzato un bozzetto ritraente la deposizione di Cristo nel Sepolcro. Il componimento statuario, che sfila in processione la notte tra il mercoledì e il giovedì Santo, mi affascina per la presenza di Maria, la quale è vicina al figlio unendosi ai discepoli e alle pie donne per la sepoltura di Gesù”, spiega. E prosegue: “Fin da piccolo sono legato alla notte che ruvesi e non aspettano ansiosamente. Del prezioso simulacro mi attirano lo sguardo della Madre rivolto al cielo e gli occhi chiusi del Figlio. Questo mi fa attendere con fede invitta la Resurrezione dopo il triduo Pasquale”. “In un momento delicato come questo non deve scarseggiare la presenza di Gesù che ha sacrificato la sua vita per salvare l’uomo dal peccato. In quel Gesù avvolto nel lenzuolo vedo tanti volti che attendono la resurrezione e lottano per sopravvivere” osserva.
Tommaso invita a mantener viva la fede anche nelle avversità che l’esistenza prospetta, con l’augurio che tempi burrascosi come questi abbiano una fine immediata. Suoni mesti e solenni corroborano un’atmosfera divenuta senza dubbio struggente: un rullo di tamburi e un ensemble di tromboni e clarinetti diffondono il ritmo delle più note marce funebri, tra le quali la famosissima Jone del compositore ottocentesco Enrico Petrella. Più da vicino si ode il rumore dei piedi nudi femminili che solcano l’asfalto, il leggero brusio di chi è intento nella recitazione di litanie e il silenzio assordante dei numerosi confratelli, dalla candida buffa e dalla mantellina rossa, che camminano assorti in fila indiana.
Alle parole di Tommaso fanno eco i pensieri del confratello Domenico Tambone, commosso nel rievocare la profonda devozione verso questo complesso scultoreo sbocciata all’età di quattro anni: “Mio padre Biagio ha sempre partecipato alla processione ed io l’ho sempre seguito perché amavo il clima del giovedì santo”. Una passione che si è in lui così sedimentata da portarlo a diventare, nel lontano 2003, aspirante novizio e successivamente a giurare di adempiere ai compiti della confraternita all’età di 18 anni.
Pian piano Domenico ha imparato tutti i segreti del ‘mestiere’ relativamente ai preparativi e all’organizzazione del corteo processionale: “in primo luogo tiriamo fuori la statua dalla nicchia, generalmente effettuiamo questa procedura l’ultimo giorno dell’Adorazione della croce”, spiega. “In seguito provvediamo all’allestimento delle luci, una decina di giorni prima della ricorrenza; invece per l’addobbo floreale alcuni devoti si riuniscono la notte antecedente all’uscita del simulacro”, continua.
Un sentimento religioso che nella famiglia di Domenico si è tramandato con entusiasmo di generazione in generazione. Oltre al prestigioso incarico di priore, ricoperto per quattro anni da suo nonno Matteo presso la chiesa di San Domenico (Confraternita della Purificazione Addolorata) e la mansione di vice priora, esercitata da sua madre Antonella presso la medesima confraternita, gli torna in mente il gesto di riconoscenza fatto da Angelo, l’attuale priore della Chiesa di San Rocco, durante il funerale di suo nonno paterno Domenico, anch’egli parecchio devoto ai santi come suo nipote omonimo: ha donato il suo storico abitino deponendolo sulla salma, a testimonianza del rapporto di stima e di fiducia instaurato nel corso del tempo.
Il giovane ruvese, dopo aver brillantemente conseguito la laurea presso l’Accademia delle Belle Arti, ha curato negli ultimi sei anni non solo la rappresentazione di sepolcri scenografici che riprendono le tappe salienti della vita di Cristo, ma anche l’addobbo di una mostra presso Palazzo Melodia, in Piazza Matteotti, coadiuvato dai suoi amici di vecchia data A. De Astis, G. Altamura, G. Ficco, V. Fracchiolla e supportato dal patrocinio del Comune di Ruvo, nonché dall’associazione di promozione turistica e culturale “Settimana Santa in Puglia”.
Un’assenza di riti religiosi non irrilevante per l’animo gentile di Domenico, che con un velo di tristezza dichiara: “sono molto amareggiato per l’annullamento delle cerimonie sacre, in quanto ritengo che la nostra Settimana Santa sia certamente una tra le più suggestive e ammirate a livello regionale e nazionale”. E con un anelito di speranza, misto ad un certo ottimismo, conclude: “Auguro a me e a tutta la comunità ruvese, di poter ritornare presto a rivivere e ad emozionarci ancora dinanzi ai culti processionali e le nostre antiche usanze, dimenticando questi ultimi due anni di sofferenza e paura”. Con l’auspicio di ritornare ad affollare piazze, di tingerci nuovamente d’orgoglio per una straordinaria Ruvo ammantata di sacralità nel periodo pasquale e di risentire sulla pelle il beneficio di un abbraccio, non più ligi a questa fastidiosa distanza sociale, buona Pasqua!
Nella foto in altio, il disegno di Tommaso Altamura