La “rivincita” del padre ai tempi moderni

La festa del papà è l'occasione per una riflessione sul ruolo del genitore, non più subalterno nella coppia ma complementare per lo sviluppo della personalità

Oggi, non è semplice parlare del padre. Forse non lo era neanche nella prima metà del secolo scorso quando, considerata la fine della seconda guerra mondiale, il suo ruolo non era mai stato messo totalmente in discussione, almeno in Italia. Nel corso degli anni successivi, si assiste infatti, a una svalutazione del ruolo paterno che si concretizza nel mito del “padre assente”, rinforzato anche da alcune tendenze culturali che hanno focalizzato maggiormente l’attenzione sull’importanza della figura materna.

Secondo le teorie tradizionali, madre e padre offrono due diverse possibilità di identificazione, così da permettere il processo di maturazione e l’elaborazione di un’immagine di sé unitaria e completa. Attualmente, si è giunti alla consapevolezza che la triangolazione funziona concretamente quando madre-padre-figlio sono in un rapporto armonico. La svolta relazionale ha quindi, contribuito a delineare un approccio nuovo che vede emergere l’individuo dalla trama delle sue relazioni interpersonali.

La ricerca neonatale degli ultimi anni ha rivalutato la funzione paterna che sembra essere determinante sin dal periodo perinatale. La funzione di protezione maschile difatti, funge da base sicura nella fase in cui la donna è maggiormente esposta a condizioni di potenziale pericolo fisico o psicologico. Giacché in tale momento gli stati mentali dei genitori sono significativamente correlati, anche il padre potrebbe essere esposto a disturbi affettivi simili alla depressione post-partum. I padri troppo ansiosi, depressi, assenti o quelli che manifestano disturbi di somatizzazione, ipocondria o problemi comportamentali (aggressività, alcolismo, dipendenze patologiche), possono rappresentare una minaccia per l’equilibrio emotivo della compagna e per lo sviluppo di una buona relazione di attaccamento tra madre e figlio.

La relazione di attaccamento, intesa soprattutto come legame che protegge dal pericolo, ci porta a riflettere sui rapporti umani che, anche se significativi, non sempre tendono ad assumere questo valore. Fornire una base emotiva sicura è una delle funzioni più importanti del genitore. Un figlio che può contare su tanto riuscirà ad allontanarsi gradualmente dal controllo della famiglia, esplorando il mondo e dedicandosi con fiducia a quelle esperienze che lo renderanno un adulto autonomo. La necessità di poter contare su persone che costituiscono una base sicura permane per tutta la vita e particolarmente, durante quei periodi di incertezza e cambiamento, come quello che stiamo vivendo. I bambini imparano per modellamento, per imitazione, motivo per cui è fondamentale che un genitore, nonostante le fisiologiche paure, riesca ad autoregolarsi, al fine di riuscire a trasmettere serenità, fiducia e sicurezza nell’altro.

Nella società contemporanea, i ruoli familiari sono stati riorganizzati, addirittura stravolti e i copioni di ruolo hanno subìto cambiamenti radicali, mediante una continua riorganizzazione familiare che richiede dialogo, integrazione, confronto, gioco di squadra e un’alternanza di posizioni e funzioni più dinamica ed elastica che in passato. L’esercizio della funzione normativa, rimane fondamentale per favorire nell’individuo l’interiorizzazione delle regole e quindi della capacità di gestire il proprio comportamento e di autoregolare le proprie emozioni. Il divieto e la norma, sono fondamentali per permettere al soggetto di acquisire il senso del limite, di procrastinare la soddisfazione dei propri bisogni e desideri e quindi di “reggere” la frustrazione. Ciò si configura come fattore di protezione rispetto all’evitamento di quelle condotte impulsive che spesso sono alla base delle varie forme di dipendenza (da sostanze stupefacenti, alcol, cibo ecc).

Sia a livello scientifico che nell’opinione comune si va affermando un nuovo modello di padre, presente nella scena familiare, partecipe ed emotivamente coinvolto nella crescita e nell’educazione del figlio. Nelle prime fasi di vita del bambino, inoltre, i padri sembrano occuparsi maggiormente delle cure e questo favorisce la nascita di un legame significativo. Il legame con i propri figli non è una cosa scontata. L’essere padre è un riconoscimento da parte dell’uomo di funzioni e responsabilità rispetto al proprio figlio. Il sentirsi padre, invece, è la percezione emotiva della paternità, la capacità di costruirsi un’immagine accanto al proprio bambino. Questo implica che la generatività non è di per sé indice di genitorialità.

Il genitore non è semplicemente colui che genera un figlio, ma colui che si occupa in modo responsabile dei processi evolutivi di quest’ultimo, svolgendo specifiche funzioni legate al costrutto di cura. Si pensi, ad esempio, ai casi di affidamento o adozione, dove l’assenza dell’asse generativo non esclude la possibilità dell’esercizio della funzione genitoriale. È possibile rilevare una forma di esercizio simbolico della genitorialità anche all’interno degli scambi relazionali tipici delle professioni di aiuto/cura, come quella dello psicologo, che viene chiamato a rispondere alle esigenze di cura, sostegno, supporto per co-costruire un processo di cambiamento.

Orbene, per poter esplorare con serenità il mondo esterno, abbiamo bisogno di un porto sicuro, dove poter tornare, sapendo per certo che saremo i benvenuti, “nutriti sul piano fisico e emotivo, confortati se tristi, rassicurati se spaventati” (Bowlby 1988).

Nelle immagini, alcune opere di Margarita Sikorskaia