Giovani e famiglia il primo impegno di “don Giuseppe”

La vicinanza ai familiari dei giovani scomparsi negli ultimi giorni, testimonia la scelta di mons. Satriano di padre attento e amorevole della comunità a lui affidata

In conferenza stampa, nella mattinata di lunedì 25 gennaio, all’inizio del suo mandato come arcivescovo della diocesi di Bari-Bitonto, mons. Giuseppe Satriano, aveva detto ai numerosi giornalisti che per lui giovani e famiglia sono due priorità pastorali, capisaldi del suo impegno, leggendo e ascoltando le varie realtà. E così è stato.

Nel pomeriggio della stessa giornata, la stampa riportava la triste notizia di quanto accaduto a Bari, nel quartiere di San Girolamo: un bimbo di nove anni impiccatosi in casa. il dolorosissimo ritrovamento e l’allarme dato dagli stessi genitori. Qualche giorno prima, analoga notizia da Palermo, collegata a tragici giochi on line.

Mons. Satriano, letta la notizia sulla stampa, ha voluto recarsi di persona a far visita a quei genitori, prostrati dal dolore. Lo ha fatto all’ora di pranzo, quando la stampa aveva tolto l’assedio alla casa del piccolo.

Niente clamore. Silenzio, raccoglimento, conforto e preghiera: in casa, da quei disperati genitori, alla ricerca di un perché e di una carezza che potesse lenire in qualche modo la loro sofferenza. Una sofferenza che, in realtà, aveva toccato tutta la comunità cittadina, quando aveva accolto la “devastante notizia”, come l’aveva definita il sindaco di Bari, Antonio Decaro.

Qualche giorno dopo, venerdì 29 gennaio, una nuova, drammatica, atroce morte: un giovanissimo di 15 anni muore lanciandosi in un volo di 50 metri a Grumo Appula. “Le parole non ci sono, le parole non servono, morire a quell’età e in un modo così atroce” si legge sulla pagina Fb di ‘Tradizioni grumesi’: “Grumo Appula piange una giovane vita e si stringe ad una famiglia disperata e distrutta”.

A sera, mons. Satriano, si presenta in casa del giovane. “Si, è venuto… che uomo umile! Ha trasmesso pace e portato conforto… era di una semplicità unica, tanto che ha detto chiamatemi solo don Giuseppe. Alla fine abbiamo pregato tutti insieme… è stato con noi una bella mezz’ora”, così il racconto di una parente del ragazzo.

La mattina del 31 gennaio si celebra la festa liturgica di San Giovanni Bosco, il grande educatore di tanti giovani, il fondatore degli oratori diffusi in tutto il mondo dall’Ordine dei Salesiani. A Bari, nella chiesa salesiana del Redentore, a celebrare con i giovani vi è mons. Giuseppe Satriano.

“Chiesa in uscita”, dimensione costitutiva della Chiesa, come spesso dice papa Francesco: “Andate, annunciate il Vangelo”. “Bisogna dialogare con i giovani e non di loro”.

Una presenza che è già testimonianza, quella di mons. Satriano. Con i giovani, là dove i giovani vivono, soffrono, muoiono, giocano, in quartieri che sono periferia della città. A casa di chi è nella disperazione, nel dolore. A soffrire insieme, a donare speranza, ad accarezzare quei cuori che si chiedono il perché di avvenimenti così drammatici. A pregare con i familiari che cercano insieme di pregare e di sostenersi nel momento di una prova così dura.

Guardiamo non senza stupore, in silenzio, questo cammino che un vescovo, da solo, fa discendere da una scelta preferenziale, ricca di misericordia, di amore. E preghiamo con lui. Grande aiuto a chi è nella solitudine e nella disperazione.

Consapevoli che tutto nasce nel periodo più nero della nostra vita, quello della pandemia, che ci impedisce di poter piangere insieme, abbracciati, stretti a chi sta per intraprendere l’ultimo viaggio, alla salma a cui siamo costretti a dare sepoltura senza l’affetto e la vicinanza degli amici e dei parenti.

Ma, nella solitudine, nel dolore, un padre, portatore della paternità di Chi è ricco di misericordia, viene e si mette accanto a noi, in silenzio; ci aiuta a pregare, prega con noi e condivide questo percorso della via crucis che alcuni di noi sono costretti a fare il più delle volte soli, travolti dall’angoscia e dalla disperazione. Anche Gesù, leggiamo nel Vangelo, pianse per la morte di Lazzaro. Sappiamo pure cosa fece, dopo aver pregato il Padre: lo risuscitò!

“Questa tragica morte è diventata seme di grazia e di benedizione per tutta la famiglia. È il primo frutto della morte di questo ragazzo: Michele ha unito insieme in preghiera per la prima volta l’intera famiglia. Ho condiviso in lacrime il loro dolore ma ho anche condiviso con interiore commozione la serenità, che questa sera lo Spirito Santo ha effuso sull’intera famiglia”, così ha commentato la sua visita a casa di Michele il parroco di Grumo Appula don Michele delle Foglie.

Questi giorni, così dolorosi, portano con sé una tragica assuefazione al dolore, alla morte. Una condizione esistenziale che ci porta a coltivare una terribile indifferenza verso quanti dalla morte sono coinvolti direttamente. Ha ragione papa Francesco: “Abbiamo il dovere di tutelare sia la nostra, sia l’altrui salute”. “In ballo è il destino della nostra società e dei nostri ragazzi, dei nostri figli”, ha detto la dott.ssa Vanna Pontiggia, vicepresidente dell’Ordine degli psicologi di Puglia. E ha aggiunto: “C’è un disequilibrio sanitario, sociale, economico, psichico che questa pandemia ha portato. Non è stato adeguatamente soppesato e i risultati li stiamo verificando”.

Che dire? Che fare? Mettiamoci in cammino con il nostro vescovo don Giuseppe, con i nostri sacerdoti, con i tanti volontari. Sosteniamoli con la preghiera e mobilitiamo le nostre energie in modo da accompagnarli là dove c’è più bisogno di essere presenti accanto a chi soffre. Nessuno si senta solo, escluso, abbandonato.

Diamoci voce, in questo tenebroso tempo di lacrime. Chiamiamoci per nome, proprio come ci ha chiesto il nostro vescovo: “Chiamatemi don Giuseppe”.

Nelle immagini, alcuni momenti della celebrazione liturgica per l’insediamento del nuovo vescovo di Bari-Bitonto, mons. Giuseppe Satriano (foto Produzionestampa Bari)