Gli squadristi che mercoledì scorso hanno violato il Congresso degli Stati Uniti, com’è noto, avevano uno scopo preciso: bloccare la proclamazione del vincitore delle elezioni del 3 novembre. E molto probabilmente non hanno approfittato dell’occasione per osservare i tesori artistici del Campidoglio statunitense: centro del potere legislativo, che ospita nelle sue due ali il Senato e la Camera dei Rappresentanti, ma anche primo museo storico-artistico della nazione e simbolo di democrazia.

Per circa tre ore hanno occupato sale e corridoi, devastando uffici e sostando con aria trionfante nella rotonda, la parte centrale del palazzo dove hanno luogo importanti cerimonie di stato, normalmente aperta alle visite turistiche. Impegnati com’erano a farsi selfie e a gridare le loro bestialità, è improbabile che abbiano alzato gli occhi verso la volta della cupola, 54 metri più in alto. Se lo avessero fatto avrebbero visto il grande affresco dipinto alla fine della Guerra Civile dall’artista italo-greco, naturalizzato americano, Costantino Brumidi, nato a Roma da padre greco e madre italiana nel 1805, morto a Washington nel 1880.

Pittore neoclassico, Brumidi si era formato alla scuola purista di Tommaso Minardi, presso la prestigiosa Accademia di San Luca in Roma, dove ebbe come insegnante anche Antonio Canova, dando prova del suo talento fin dagli anni dell’adolescenza e ricevendo importanti commissioni dal Vaticano. Sue sono anche le decorazioni del Teatro di Villa Torlonia. Seguace di Mazzini, nel 1849 prese parte ai moti della Repubblica Romana; venne arrestato durante l’occupazione francese, condannato a 18 anni di carcere, e rilasciato dopo pochi mesi con il vincolo di abbandonare per sempre il territorio dello Stato Pontificio. Presa la via dell’esilio, nel 1852 approdò negli Stati Uniti, di cui diventò cittadino. Come pittore fu attivo principalmente a Washington, dove eseguì i suoi lavori più celebri all’interno del Campidoglio, affreschi ispirati alla lotta per l’indipendenza americana; tra questi l’Apoteosi di Washington, sulla volta interna della cupola.
L’opera è chiaramente influenzata dall’arte rinascimentale italiana, e in particolare dall’Apoteosi di Cosimo dipinta da Giorgio Vasari sul soffitto del Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, a Firenze. Se il principe mediceo è incoronato dall’allegoria della Gloria e circondato dagli stemmi delle Arti fiorentine, Washington è fiancheggiato dalle allegorie della Vittoria (alla sua sinistra) e della Libertà (alla sua destra), quest’ultima con in testa il cappello frigio, simbolo di emancipazione dalla schiavitù, e circondato da 13 fanciulle che si tengono per mano, ciascuna con una stella sopra la testa, rappresentanti le tredici colonie delle origini. Quattro fanciulle sostengono un drappo con la scritta “E PLURIBUS UNUM”, il primo motto degli Stati Uniti, formato da tredici lettere.

Nel corso di venticinque anni, Brumidi affrescò molte altre sale e corridoi del Campidoglio, tanto da guadagnarsi l’appellativo di Michelangelo statunitense. In tardivo riconoscimento alla sua dedizione, nel 2008 gli venne conferita la Medaglia d’oro del Congresso, oggi esposta nel nuovo visitor center. Nell’atto legislativo è riportata una frase che egli pronunciò durante i lavori: “La mia unica ambizione e la mia preghiera di ogni giorno è quella di vivere abbastanza a lungo da poter rendere bellissimo il Campidoglio del paese che mi ha accolto nella libertà”. Chiunque visiti il palazzo seguendo il percorso didattico che ha inizio nella Emancipation Hall (Sala dell’Emancipazione), può rendersi conto che ci riuscì.
Ma gli squadristi del 6 gennaio hanno seguito un altro percorso per arrivare sotto la cupola. La bellezza che li circondava non ha certamente sfiorato l’improbabile sciamano Jake Angeli e i suoi camerati del movimento QAnon, rimasti schiavi delle loro folli idee.
Nella foto in alto, “L’apotesosi di Waschington” di Costantino Brumidi