Alcune coincidenze si vengono ad incrociare in circostanze non previste, che apparentemente sembrano connesse dalla casualità del tempo. Ma quando entrano in gioco l’arte e il teatro si dovrebbe parlare di legame.
Mentre lo spettro del virus occupa lo spazio della quotidianità, gli spazi della vita si rimpiccioliscono nuovamente. Non si può far altro che attendere, fondare la costruzione di nuovi spazi per tornare a riempirli di persone, creatività, immaginazione. Arte, appunto!
Spazi aperti, capaci di accogliere i differenti linguaggi dell’arte e di creare un continuum con la storia della città. Per quanto tempo sono rimasti chiusi? Sembra paradossale che proprio quando il faticoso percorso della diffusione della cultura abbia trovato una sua collocazione urbana, tutto debba essere rinviato, rimandato, restando scricchiolante.
Come il cantiere del Kursaal Santalucia, uno dei palazzi più belli di Bari in stile tardo Liberty, progettato dall’ing. Santalucia e inaugurato negli anni ’20 del secolo scorso. Era il cineteatro frequentato dalla “Bari-bene”; insieme al Petruzzelli e al Piccinni era tra i teatri più rinomati del capoluogo. Bari vantava la presenza di ben dieci teatri.
Compreso in un edificio per abitazioni a pochi metri dal mare, il teatro aveva un’ampia platea, tre ordini di palchi, un’elegante balconata e la “Sala Giuseppina” al piano superiore con gli affreschi sulle stagioni dell’anno, realizzati dai fratelli Prayer, adibita a ricevimenti. Il Kursaal s’identifica con lo stile urbanistico e artistico del quartiere murattiano. Nel corso dei decenni passando da un proprietario all’altro, chiuse definitivamente i battenti nel 2011 a causa di alcuni lavori legati alla messa in sicurezza. Oggi è di proprietà della Regione Puglia e in occasione delle Giornate d’Autunno del Fai i baresi hanno potuto apprezzarne la bellezza architettonica tra le impalcature erette per il restyling, che dovrebbe riportare in vita questo luogo culturale entro il 2021. Un altro spazio multiculturale attende di riempirsi di artisti, di pubblico, di idee e per Bari, candidata a capitale italiana per la cultura 2022, può rappresentare un altro tassello del puzzle dei luoghi della cultura che riprendono vita, come accaduto per il teatro Piccinni nel dicembre del 2019.
Le visite del pubblico organizzate dal Fai hanno riacceso l’interesse dei cittadini, che hanno associato quello splendido teatro al ricordo del grande Gigi Proietti, scomparso proprio negli stessi giorni, ultimo direttore artistico dl Kursal. Solo una coincidenza ma, in realtà, anche uno stimolo a rilanciare il dibattito sul teatro a Bari, tra spazi inutilizzati per l’emergenza sanitaria e altri da recuperare, dando voce a chi fa e vive di teatro.
“Viviamo un periodo di sospensione tra progettazione e ideazione. Per un certo tempo abbiamo continuato a tenere aperta la nostra sede, proponendo laboratori e continuando a provare tra noi soci, nel rispetto di tutti i protocolli. Poi per scelta etica -spiega Maria Passaro dell’associazione barese Artemisia– abbiamo proseguito le nostre attività attraverso il web”. L’esercitazione, anche se a distanza tiene vivo il contatto e l’attenzione dei corsisti, in modo che, non appena si presenterà l’occasione saranno pronti a tornare sul palco. Riprende Maria: “Stiamo preparando uno spettacolo in formato di sketch, pensato durante il lockdown, e ci capita di provare a gruppi di due-tre persone. Il lavoro di programmazione ci tiene vivi e attivi, anche compiendo un passo alla volta. Speriamo di riprendere il ‘Malato immaginario’ messo in scena con successo al teatro Duse di Bari e che dovremmo portare a Gravina. Intanto, cerchiamo di proporre lo spettacolo per le prossime rassegne teatrali ad Ascoli, Bisceglie, Pesaro e altre città”.
Artemisia è una realtà amatoriale. “Tante piccole realtà compiono un grande lavoro di divulgazione culturale a Bari e il loro impegno fa aumentare la fame di bellezza e di teatro in città”, afferma Maria. Proprio per questo non si può far altro che essere contenti per la riapertura di nuovi spazi come il Kursaal: “Spazi del genere sono un incentivo per il pubblico, per gli utenti, per chi non è mai stato a teatro. Forse proprio attratto dalla curiosità per questi spazi storici, il pubblico può decidere di assistere a uno spettacolo. Tutto può essere una forma di attrazione verso il teatro e sapere di avere alternative culturali in città è senza dubbio un passo importante”.
A dare un parere sull’attuale momento è anche William Volpicella, protagonista del duo Wilva insieme alla compagna Valentina Gadaleta, con cui condivide la passione professionale per il teatro. “In un momento storico così complicato per la cultura -chiarisce William- il fatto che una città come la nostra spinga per avere spazi nuovi o per ripristinarne di vecchi è vitale. Purtroppo a Bari, però, non c’è mai abbastanza spazio per fare teatro, nel senso che la pratica di inserire in cartellone i “soliti noti” è diffusa. Siamo chiari, i soliti noti sono bravi; ma chi si occupa di interloquire con le realtà locali dimentica spesso di interpellare “i soliti meno noti”, che in realtà percorrendo qualche chilometro vengono valorizzati fuori città. Ma si sa, noi siamo amanti dei forestieri!”
Questa riflessione offre lo spunto per un dibattito sulla valorizzazione dei talenti della città e, soprattutto, mette in luce l’impegno e i sacrifici, a volte eccessivi, richiesti a coloro che vivono di teatro. Dalle parole di Volpicella si evincono la passione per il lavoro e uno spirito creativo che fortunatamente sono più forte della pandemia: “Collaboro ormai da tre anni con l’Associazione Malalingua di Molfetta. Con la mia compagna siamo entrati anche nella compagine associativa”. “Con Marco Grossi e Marianna de Pinto, membri del sodalizio, abbiamo prodotto lo spettacolo “Il Colloquio – The assessment”, vincitore del bando SIAE ‘Per chi crea’. A causa dell’emergenza sanitaria abbiamo rinviato il debutto a settembre”, spiega.
L’obiettivo è portare in scena lo spettacolo a Bari e dintorni; ma fare programmi oggi è troppo complicato per le compagnie teatrali e per i gestori. “Per chi fa un lavoro come il nostro, stare fermi ad intermittenza è prassi. Ci sono lunghi momenti di attesa. Ma in questo caso le cose sono diverse: non possiamo fare alcuna previsione di quando potremo tornare a calcare le scene”, aggiunge Volpicella. Certamente, se proviamo a guardare il lato positivo della situazione, questo periodo stimola l’ispirazione e la creatività. “Dobbiamo usare questo tempo per pensare ed elaborare nuove cose. La differenza rispetto al solito è che non avendo prospettive certe, diventa tutto più complicato. Il mio spazio lavorativo in quarantena è il mio studio, col mio green wall ed il mio green screen, dove quando non preparo la memoria per qualche spettacolo, mi piace affinare i linguaggi di video making e fotografia, due grandi passioni. In periodi di blocco come questo diventa un po’ una tana, che condivido con la mia compagna”.
La sua determinazione e la capacità di mettersi in gioco, insieme alle parole per ricordare Gigi Proietti, assomigliano al fascio di luce che illumina il palco prima dell’inizio dello spettacolo teatrale: “Figure come quella di Proietti non le soppianti, mai. Sono il teatro che cammina anche fuori dal teatro”. Un ottimo viatico sulla strada della ripresa.
Nella foto in alto, il teatro Kursal Santalucia sul lungomare di Bari