Non è stato un evento qualsiasi ma un mettersi sulle orme di Francesco per dare una risposta ai tanti problemi che l’economia pone oggi. Un evento che tutti hanno potuto seguire attraverso un sito ufficiale, francescoeconomy.org, con relatori in collegamento da tutto il mondo. Oggi, su you tube, possiamo ancora renderci conto del lavoro che è stato fatto.
Occorreva essere rigorosamente giovani, under 35, per partecipare a The Economy of Francesco, l’appello lanciato dal santo padre a oltre 2000 tra economisti, imprenditori e changemaker a stringersi in un grande patto affinché l’economia sia più giusta, fraterna e sostenibile. A conclusione di un approfondito dibattito, articolato in 12 villaggi tematici. L’obiettivo è stato far nascere cose nuove, “grandi cose”. Un processo è stato avviato. E questo è già un grande risultato.
L’ecomonia è una scienza con base e sistemi anche storici, ben definiti. Sistemi che sono stati tutti ripensati e si continuerà a farlo, con l’obiettivo di ridurre le diseguaglianze. Priorità assoluta da dare agli esclusi, ai poveri; da mettere al tavolo per parlare con loro e non a loro.
E’ emerso con chiarezza che le tante ideologie che hanno contrassegnato il secolo breve, il 1900, sono morte; non hanno possibilità alcuna di ripresa. I giovani sono tutti figli del nuovo millennio. Sanno guardare con realismo e con concretezza ai problemi da risolvere.
Credo sia stato abbondantemente dimostrato che, come dice papa Francesco, “la realtà è superiore all’idea”. La realtà viene prima (Evangelii gaudium – EG 217-237) e va affrontata senza spirito paternalistico. Bisogna diventare amici dei poveri, farli sentire inclusi e non esclusi.
Rispetto a questa opzione oggi si riscontrano molte difficoltà. Non c’è forte impegno a sentirsi coinvolti con chi abita nell’altra parte del mondo, del mio Paese, della mia città, del mio quartiere, del mio palazzo. Senza questo coinvolgimento è impossibile capire le difficoltà dell’altro. Qualcuno ha detto che si tratta di “un’esistenza di cui non possiamo non prendere atto, per evitare di trasformare il mondo in una playstation.”
Nella terza e ultima giornata dell’evento digitale di The Economy of Francesco, il papa ha parlato ai partecipanti e a tutti i giovani con il suo prezioso videomessaggio: “La misura dello sviluppo è l’umanità”. “Urge nuova narrazione”.
Contenuti che meritano un grande approfondimento. Rappresentano la base per proseguire nel lavoro avviato. “Sapete che urge una diversa narrazione economica, urge prendere atto responsabilmente del fatto che l’attuale sistema mondiale è insostenibile da diversi punti di vista [Lett. enc.Laudato si’ (24 maggio 2015), 61. D’ora in poi LS] e colpisce nostra sorella terra, tanto gravemente maltrattata e spogliata, e insieme i più poveri e gli esclusi. Vanno insieme: tu spogli la terra e ci sono tanti poveri esclusi. Essi sono i primi danneggiati… e anche i primi dimenticati”.
Il papa stesso non manca di dare indicazioni operative precise: “Se è urgente trovare risposte, è indispensabile far crescere e sostenere gruppi dirigenti capaci di elaborare cultura, avviare processi, tracciare percorsi, allargare orizzonti, creare appartenenze… Ogni sforzo per amministrare, curare e migliorare la nostra casa comune, se vuole essere significativo, richiede di cambiare ‘gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società’ (S. Giov. Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1maggio 1991), 58). Senza fare questo, non farete nulla”.
Come al solito, papa Francesco non perde occasione per rimettere al centro la persona, l’uomo e soprattutto gli uomini scartati, i poveri, uscendo dall’attuale binomio produzione e consumo, e allungando lo sguardo all’ambiente, la nostra casa comune.
Proprio questi giorni, in piena pandemia da coronavirus, stiamo verificando le spinte al consumismo che servono a dare identità alle feste. Ieri lo è stato per l’estate, oggi per il Natale. Nell’immaginario collettivo solo il consumo stagionale serve e segna la festa: campi da sci, acquisti, regali, pranzi. Tutti elementi che identificano un modello economico che crea diseguaglianze.
“Non dimenticate, da una crisi mai si esce uguali: usciamo meglio o peggio. Facciamo crescere ciò che è buono, cogliamo l’opportunità e mettiamoci tutti al servizio del bene comune. Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più ‘gli altri’, ma che impariamo a maturare uno stile di vita in cui sappiamo dire ‘noi’.[23] Ma un ‘noi’ grande, non un ‘noi’ piccolino e poi ‘gli altri’, no, questo non va.” “Non temete, perché nessuno si salva da solo”
C’è proprio da chiedersi: nascerà questa alleanza fra l’entusiasmo prorompente dei giovani di tutto il mondo e il freddo calcolo economicistico degli adulti?
Si sono misurati, confrontati e presentati – i giovani – ben attrezzati a un mondo fatto da adulti, manager, docenti universitari, imprenditori affermati. Lo hanno fatto nella consapevolezza di farsi sentire, anche se, forse, accolti, con il ghigno di chi ti tollera. Non si sono persi. Si sono presi e si sono dati la parola! Tutto è avvenuto alla presenza di economisti di spessore con un pacchetto di domande e proposte ben meditate e circostanziate.
L’incontro generazionale certamente è stato positivo: un confronto obbligato, necessario, dal quale nessuno ha potuto sfuggire. Ma, tentiamo di dare uno sguardo alle richieste e alle proposte presentate, alle paure e alle egemonie che governano il mondo.
Una delle questioni avanzate è la povertà energetica che impedisce ai popoli di crescere in civiltà. L’abolizione dei paradisi fiscali: risorse che vengono sottratte proprio al presente e al futuro dei giovani. Che le grandi imprese e le banche abbiano un comitato etico indipendente, con veto in materia di ambiente e impatto sui più poveri. Che imprese e organizzazioni facciano di tutto per dare pari opportunità alle donne, quelle stesse che oggi sembrano appannaggio esclusivo dei lavoratori. Emblematico e chiaro e diretto quello che scrivono: “Noi giovani non tolleriamo più che si sottraggano risorse alla sanità, al nostro presente e al nostro futuro per costruire armi… Vorremmo raccontare ai nostri figli che il tempo della guerra è finito per sempre”.
Ma tutto questo avrà un seguito, un futuro? Perché no? Anzi, va tenuto in considerazione proprio quello che ha detto papa Francesco ai giovani: “Niente scorciatoie, sporcatevi le mani”.
“A voi giovani, provenienti da 115 Paesi, rivolgo l’invito a riconoscere che abbiamo bisogno gli uni degli altri per dar vita a questa cultura economica -ha detto il papa-capace di far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani, e ispiri ai giovani – a tutti i giovani, nessuno escluso – la visione di un futuro ricolmo della gioia del Vangelo”. [dal Discorso all’inizio del Sinodo dedicato ai giovani (3 ottobre 2018)].