“Prendi una matita tutta colorata e disegna un lago azzurro, buttaci i pensieri, tutti i dispiaceri e sorridi al mondo intero”, cantava Mina in un famosissimo tormentone degli anni ’60, invitando a trasformare le negatività in un energico flusso creativo. Sembra così facile essere felici quando tutto fila liscio! Ma non perdere la fiducia in se stessi e perseverare nelle proprie passioni è la scelta più giusta che si possa compiere anche nei momenti di difficoltà. Un atto sovversivo quanto temerario se a parlare è il nostro animo che anela al cambiamento, pur rimanendo imprescindibilmente legato alle inclinazioni naturali che contraddistinguono il nostro essere.
In simbiosi con i colori e uno “spazio bianco” da riempire, la pittrice e bozzettista ruvese Domenichina Camerino, per tutti Lella, è l’emblema di chi affronta la vita a denti stretti aggrappandosi alla propria arte, per lei fonte di salvezza, a cui spera di rimanere legata il più a lungo possibile. Dipinge in un angolo della casa dedicato a sé, un microcosmo fatto di libri, pennelli, colori e tutto ciò che le occorre per convertire sapientemente in emozione la realtà che la circonda; nel frattempo le tornano in mente dolci ricordi d’infanzia: “fin da piccolissima, amavo guardare mio padre mentre disegnava splendidi cavalli su fogli bianchi e cercavo di imitarlo. Non potrò mai dimenticare la gioia che ho provato quando, per la prima volta, ho avuto nelle manine la scatola dei pastelli Giotto”, spiega commossa.
Quel piccolo dono ricevuto dai suoi genitori fa crescere in lei il desiderio di imparare a dipingere, non prima di cimentarsi nella realizzazione di ritratti a matita. L’ardore per l’arte accompagna a fasi alterne le varie tappe della sua vita: resta sopito dal periodo del matrimonio fino alla nascita dei suoi tre figli Massimiliano, Antonio e Paolo, per poi estrinsecarsi con pienezza negli anni immediatamente successivi. “Mi sono dedicata interamente alla famiglia, anche se spesso nei momenti liberi disegnavo a matita cercando di creare ritratti o semplicemente piccoli disegni, per soddisfare quella parte di me rimasta reclusa”, si schermisce. Ma la passione ha continuato imperterrita a bussare alla porta di Lella nelle vesti del suo secondogenito Massimiliano che, divenuto scultore e stone balancer, la incoraggia a prendere i pennelli e a seguire i consigli del mestiere.
“Inizio a imbrattare le prime tele coi colori a olio – racconta – e, con mio stupore e meraviglia, nascono nature morte ispirate alle opere di Caravaggio e ritratti, tra i quali mi piace rammentare quelli fatti ai miei sei nipotini”. Semplicità e poesia sono i principi cardine della sua arte, perfezionata negli ultimi due anni attraverso l’utilizzo degli acquerelli per immortalare scorci della bella Ruvo, scene drammatiche nonché gesti di inconsueta tenerezza. Un lampione in una viuzza, un animaletto bisognoso di coccole accarezzato da un passante, l’estasi della natura con i suoi frutti rigogliosi fanno da cornice ad una galleria di ritratti memorabili che trasudano espressività nei loro volti ora sereni e luminosi, ora pallidi ed emaciati. Visi segnati dall’amarezza di sogni infranti come quello di una ragazza siriana con gli occhi colmi di lacrime fotografata da una giornalista o quello di “Tonino” che con la sua bicicletta arrugginita e ingombra di buste si avventura in una campagna verdeggiante e assolata, o ancora quello in bianco e nero, intitolato “Mettere a nudo la propria anima”, ritraente il compaesano Antonio truccato da mimo che stringe tra le braccia un libro e porge all’osservatore una rosa rossa.
Nei suoi dipinti è custodita l’immagine di una Ruvo ammantata di antichità e di purezza, il fascino di un paese ancora incontaminato dai ritmi frenetici della vita quotidiana, dove l’algida e taciturna bellezza delle abitazioni in pietra contrasta con lo sfavillio delle piante e dei fiori che le adornano: ne sono testimonianza le vedute panoramiche ad acquerelli di Piazza Dante, Piazza Matteotti, arco Miraglia, vico Trappeto Carmine e via Sant’Arcangelo, alle quali vanno aggiunte le riproduzioni della porta color carta da zucchero della ex cartolibreria “da Paoluccio”, nonché quella della storica farmacia Caputi. Le raffigurazioni del borgo antico non solo offrono la possibilità di scoprire vicoli e strade altrimenti dimenticate ma anche di rivivere le tradizioni ancestrali rivelate dagli anziani.
Non a caso Lella sceglie di rappresentare con straordinario realismo un gruppetto di uomini seduti accanto ad uno dei torrioni aragonesi e un signore intento nella lettura, seduto sulla soglia di una botteguccia che si affaccia su via Vittorio Veneto. Nei suoi quadri si celano grovigli di storie che rievocano la gioia delle famiglie all’arrivo delle festività: è il caso di via Pomponio, una stradina avvolta dal profumo del pane per il forno di mastro Giuseppe, e soprattutto quello ritraente una graziosa bambolina di pezza, un tozzo di pane “a pagnotte” e cinque pietre che offrono una lampante dimostrazione di come in passato i bambini si accontentassero di poco per giocare spensierati.
E che dire delle svariate riproposizioni ad acquerello della cattedrale vista da diverse angolature? A cambiare è il rigore prospettico, tuttavia la maestosità del monumento rimane inalterata e rifulge di luce propria sotto cieli azzurri o stellati, mentre in alto posa la luna.
Dopo una folgorante piazza Bovio avvolta sullo sfondo da un fascio tricolore, Lella ha la caparbietà di accettare e poi di vincere una sfida con se stessa. Il 25 novembre del 2018 riceve un messaggio da suo fratello Enzo contenente una precisa richiesta: la riproduzione del famosissimo “Las Meninas” del pittore spagnolo Diego Velázquez. Un progetto arduo quanto ambizioso al quale la pittrice ruvese lavora per ben due anni e che può dirsi finalmente completo in tempi di Covid. L’imponente riproduzione realizzata ad olio misura 120 x 100 cm ed è stata esposta circa un mese fa nella sua personale d’arte allestita alla Pro Loco di Ruvo di Puglia, prima di volare a Bordeaux. Ad olio dipinge anche gli archi di vico Capoferri, le casette innevate del centro antico, un interno dei tanti pianterreni che costellano piazza Menotti Garibaldi e una cesta adorna di fiori adagiata su un parapetto, dal cui manico si intravedono i tetti spioventi delle abitazioni e del campanile della Cattedrale.
“L’idea di una mostra era un sogno nel cassetto che ha preso forma grazie al sostegno della gente pervenutomi tramite Facebook, in particolare vorrei citare il professor Mario Camelio De Benedittis, originario di Ruvo e residente a Pozzallo, che ha cercato molti dei miei acquerelli per la sua collezione privata”, dice. Per questo Lella ringrazia il presidente della Pro Loco Rocco Lauciello e Domenico Scarongella, docente di arte presso l’Università della Terza Età, che si sono prodigati per la buona riuscita dell’evento. La proficua amicizia con quest’ultimo le ha permesso di affinare la tecnica figurativa e pittorica, tanto da raggiungere la bravura del maestro e da ritrarlo ad acquerello, assieme ad un’allieva, in una delle sue lezioni pomeridiane.
Allora perché non prendere in considerazione la possibilità di insegnare ai suoi estimatori? Ci aspetteremmo da lei un pizzico di civetteria in più nella risposta e, invece, controbatte così con proverbiale modestia: “non sento la padronanza di poterlo fare poiché sono autodidatta. Lo faccio nel mio piccolo con i miei nipoti quando vengono a trovarmi”. E con l’amorevolezza di una nonna a tempo pieno conclude: “la pittura continuerà ad accompagnarmi durante il cammino della vita. Dipingerò sempre, sperando di regalare belle emozioni, quelle che vivo io da quando ero piccola”.