Il 2020 sarà un anno difficile da dimenticare. Oltre l’emergenza sanitaria, con tutto il suo drammatico corollario di vite spezzate, quest’anno rimarrà impresso nella memoria per la scomparsa di alcuni tra i più celebri protagonisti del mondo dello spettacolo.
Nelle ultime settimane, Sean Connery e, proprio negli ultimi giorni, Gigi Proietti. Attori grandi, magnifici in maniera diversa, che hanno reso ancora più buio un anno già così triste. Eppure, con lo spirito di chi vuol vedere del buono anche nell’assoluto grigiore dei tempi e scovare il lato inedito nelle storie e nelle vite di persone così poco comuni, ci chiediamo in che modo possano essere collegati due attori così grandi. In verità, vi è un particolare evento che lega e connette questi artisti, così distanti geograficamente e spiritualmente, ma che la magia del cinema ha saputo riunire in maniera del tutto inaspettata. Ma procediamo con ordine.
Durante il 1996, era previsto che uscisse nei cinema statunitensi un film parecchio atteso, un fantasy per la cui realizzazione fu investito un capitale parecchio consistente, fiduciosi com’erano i produttori e lo stesso regista della grande affluenza di pubblico al botteghino: si parla, naturalmente, di Dragonheart, di Rob Cohen. Il film vantava, tra le altre singolarità, un cast di tutto rispetto, con Dennis Quaid e un promettente David Thewlis nei ruoli principali. Tra i due si sarebbe distinto, quale straordinario cattivo, proprio Thewlis, mostrando un talento che avrebbe fatto ben parlare di lui negli anni seguenti.
Eppure, oltre il formidabile cast, ad attirare il pubblico sarebbe stata, senz’altro, la storia narrata e i soliti effetti speciali, godibilissimi in una sala cinematografica (un privilegio che chissà quando torneremo ad avere). Ed è qui che entra in gioco Sean Connery, il grande attore scozzese che ha dato vita e anima a James Bond. Al regista occorreva, infatti, qualcuno che interpretasse il drago, di nome Draco per l’appunto, e non un attore qualunque.
Nelle idee del regista, il drago sarebbe dovuto essere un personaggio fondamentale, un tassello indispensabile nella storia. Non si sarebbe trattato, difatti, del solito spaventoso mostro, di quell’incubo che il cavaliere protagonista avrebbe dovuto ferocemente abbattere, sulla scia di San Giorgio. Piuttosto, si sarebbe dovuto trattare di una creatura buona, che avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di aiutante (molto sui generis) del protagonista.
E che, in più, avrebbe dovuto avere un oscuro legame con il cattivo in questione, tanto da doversi sacrificare per salvare la vita del suo amico, nonché di tutti coloro che fossero in pericolo. Tale drago, infatti, sarebbe dovuto entrare nella schiera degli antieroi, che oggi si incontrano così spesso nelle serie televisive e nei film. Un eroe, perciò, che avrebbe avuto le caratteristiche esteriori di un cattivo o comportamenti tipicamente da malvagio, ma che a conti fatti si sarebbe rivelato ancora più buono dello stesso protagonista.
Lo spettatore avrebbe fraternizzato con questo tipo di personaggio, perché appare più umano, così pieno di difetti, eppure pronto a migliorarsi e a compiere sacrifici incredibili, impensabili. Chi avrebbe dovuto doppiare, quindi, un personaggio così complesso? Sean Connery. Rob Cohen ne era convinto, ma un tantino meno il nostro attore che, dopo un’opera di convincimento durata giorni e protrattasi per ore di telefonate, finalmente rispose positivamente alla proposta.
Naturalmente, si rivelò un grande doppiatore e il film conobbe un successo oltre le aspettative, ma non solo in America. Anche nel Bel Paese, Dragonheart ebbe la fortuna sperata, spronando specialmente le famiglie ad accalcarsi nelle sale e a gustarsi dei popcorn davanti al maestoso schermo, nell’attesa di vedere un drago e un cavaliere non in lotta tra di loro, ma eccezionalmente a collaborare per un grande fine: salvare un intero regno, minacciato da un crudele tiranno. In realtà, il pubblico italiano non udiva l’accento scozzese di Sean Connery ma la voce piena e inimitabile del nostro amato Gigi Proietti.
Non possiamo che pensare a questi due grandi artisti, uniti dalla voce di una figura così singolare come quella di un drago e non possiamo non pensare alla frase tristemente significativa che questo drago ha pronunciato, spegnendosi nel finale del film, in una scena commovente che nessuno poteva immaginare avrebbe assunto un tale e inaspettato significato, in questo frangente: “E adesso, Draco, senza di te, che cosa faremo? A chi ci rivolgeremo?”, chiede il cavaliere, vedendo il suo amico colpito a morte.
“Alle stelle, Bowen. Alle stelle ”, la risposta di Draco. E noi spettatori, afflitti dallo stesso interrogativo del cavaliere, volgiamo gli occhi al cielo. Lì dove splendono questi due grandi e indimenticabili artisti, pronti a rendere ogni vita più piacevole e, chissà, magari salvandone davvero qualcuna.
Nell’immagine in alto, Draco il favoloso protagonista di Dragonheart