I viaggi della poesia sono un piacere divino

Il reading di versi di Carla Abbaticchio tra le proposte più interessanti del Festival della poesia, promosso nell’ambito dell'Estate bitontina

Il Festival della poesia, organizzato dal Cenacolo dei poeti presieduto da Nicola Abbondanza, è stato uno degli appuntamenti più qualificanti e intensi dell’Estate bitontina.

Cittadini e vacanzieri hanno invaso le stradine del borgo antico spinti dalla curiosità, ma sono stati i bellissimi versi a farli fermare e poi proseguire, serbando nel cuore le meravigliose parole ascoltate.

Nel bel mezzo di questo evento, l’atrio del palazzo vescovile ha dischiuso le sue porte per ospitare la quinta edizione di “Al chiaro di luna, notte di poesia”, reading dedicato ai versi di Carla Abbaticchio, autrice di originali e vibranti componimenti e vincitrice di importanti concorsi letterari.

Ad interpretarli con efficace espressività, Federica Monte; ad accompagnarli, tra una pausa e l’altra, la splendida musica in lingua francese de “L’Assolo a due”, che si avvale della voce sensibile di Rosemary Nicassio e del raffinato pianismo di Leonardo Torres.

Il temine “poeta” ha origini greche e deriva dal verbo poieo: “fare”, “fabbricare”, “realizzare”. Il poeta è un creatore che, scegliendo e accostando parole che da sole non dicono molto, realizza qualcosa che prima non c’era e che mai, senza di lui, ci sarebbe stato. È un mestiere divino, perché è dal dio che deriva l’ispirazione, il più grande tra tutti i doni.

In italiano si è smesso quasi del tutto di usare il termine “poetessa”: il suffisso essa, infatti, ha il significato di “derivante da” e pone la donna un gradino sotto l’uomo. Alda Merini rimproverava chiunque usasse questo termine. Perciò chiameremo Carla Abbaticchio con il nome che merita: poeta.

La sua è una ricerca esistenziale che oscilla tra l’astratto e il concreto, l’antico e il nuovo, l’elogio e la critica. Non è priva di ricercatezza formale la sua poesia – tutt’altro! – né di quella documentazione storica che la impreziosisce. Né manca di quell’immancabile sinergia fra maturità e giovinezza, tradizione e innovazione, nel tentativo costante di recuperare ciò che è stato e farlo rivivere nel presente, spesso interrogandosi sulle sue trasformazioni e sul lavoro implacabile del tempo.

Il pubblico si è ritrovato come in balia di quelle parole, di quelle associazioni; figure ad esso care o estranee che si mescolavano alla sua vita, facendogliela ripensare. E pieni di quella speranza, di quel profumo di passato, di immagini chiare o misteriose, gli spettatori se ne sono stati seduti, incantati.

Non mancavano i passanti che si fermavano apposta, in piedi, nella calura estiva, ad ascoltare qualche poesia. E quando, a fine serata, gli spettatori si sono diretti verso l’uscita, avevano l’animo lieto e si auguravano di rivivere al più presto quelle emozioni, facendone prezioso tesoro nel loro animo.

Non si può non ricordare, a questo punto, il finale di quel bellissimo brano del cantante Francesco De Gregori “Poeti per l’estate”, presente nell’album del 1985 “Scacchi e Tarocchi”: Vanno a due a due i poeti, traversano le nostre stagioni / passano poeti brutti e poeti buoni. / Ma quando tra buoni poeti ne trovi uno vero / è come partire lontano, come viaggiare davvero.

È certamente ciò che è avvenuto a Bitonto. E chi c’era ha senz’altro qualcosa in più da raccontare rispetto a chi non c’è stato.

Nella foto in alto, un momento della serata dedicata ai versi di Carla Abbaticchio