Da Dante a Louise Glück, la forza inestinguibile della poesia

L'analogia di forma e contenuti nella raccolta "Vita Nova" tra la scrittrice americana e l'Alighieri, ci rende particolarmente vicina la vincitrice del Nobel

Delle dodici raccolte di poesie pubblicate da Louise Glück, inaspettato premio Nobel per la letteratura 2020, solamente due sono state tradotte in italiano, e tra queste (sorprendentemente) non figura Vita Nova, pubblicata dalla Ecco Press di New York nel 1999.

“In quella parte del libro della mia memoria dinanzi a la quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica la quale dice: Incipit vita nova”. Così Dante, nella sua prima giovanile opera, composta dopo la morte di Beatrice; opera di memoria nella quale il poeta, come ben sappiamo, ripercorre la propria esperienza individuale inserendola in una simbologia universale. Nell’annuncio ufficiale dell’Accademia di Svezia viene giustificata la scelta della settantasettenne poetessa americana “per la sua inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende universale l’esistenza individuale”.

La copertina della raccolta di poesie “Vita Nova”, pubblicata nel 1999 dalla Ecco Press, New York

Tale caratteristica è ben presente in Vita Nova, una raccolta di trentuno poesie (la prima e l’ultima hanno lo stesso titolo): tante quante quelle presenti nell’opera giovanile di Dante, della quale la Glück mantiene il titolo originale, preferendolo a quello adottato convenzionalmente dai posteri di Vita nuova. E le similarità non si esauriscono al livello formale. La narrazione poetica di Dante, la storia del suo amore per Beatrice dall’infanzia alla maturità, non dava luogo a una congiunzione amorosa ma a una progressiva separazione. Nella poesia della Glück che apre la raccolta dallo stesso titolo (ne offriamo qui sotto la traduzione inedita), la voce poetica descrive con tratti espressionistici l’origine di una relazione adolescenziale, l’intera vita alla luce di quel momento “vivido” e “intatto”.

La ragazza si sveglia “affamata di vita, totalmente fiduciosa”, in presenza di una mortalità incombente che non cancella la tenerezza del ricordo. Mentre la seconda “Vita Nova”, quella che conclude il libro, presenterà la scena di una relazione fallita, con l’immagine surreale di un cane/figlio vittima della separazione, e il principio di una nuova vita per la madre.

Il presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, consegna la National Humanities Medal a Louise Glück nel settembre del 2016

Nutrita di classici, incoraggiata dalla mamma Beatrice (sic!) a scrivere poesie fin da quando era bambina, come la stessa Glück ha ricordato in uno dei suoi scritti autobiografici, la memoria dell’infanzia e la natura delle relazioni umane sono sempre stati temi costanti delle sue opere, dal primo volume di versi (Firstborn) apparso nel 1968 alla raccolta di saggi (American Originality: Essays on Poetry) apparsa nel 2017.

Il nome di Louise Glück, com’è stato detto, non figurava tra i probabili vincitori del Nobel, e la sua scelta da parte dell’Accademia di Svezia ha colto il mondo letterario di sorpresa. La sua poesia, fino ad oggi, non era stata molto letta al di fuori degli Stati Uniti. Nel 2006 si tenne a Firenze un convegno dal titolo “Dante. Arte che genera Arte” in cui vennero invitati, da tutto il mondo, poeti che nell’autore della Divina Commedia avevano trovato una sicura fonte d’ispirazione. Ma tra questi non figurava la Glück, che pure aveva già pubblicato Vita Nova e vinto il Premio Pulitzer per la poesia. È certo che ora troverà molti nuovi lettori nel mondo, incluso nel paese che si accinge a celebrare il 700esimo anniversario della morte del suo maggiore poeta.

Vita Nova

di Louise Glück (1999)

(traduzione di Luca Bufano)

Mi salvasti, mi dovresti ricordare.

La primavera dell’anno; ragazzi comprano biglietti per il ferry.

Risa, perché l’aria è piena di fiori di melo.

Quando mi svegliai, mi scoprii capace dello stesso feeling.

Ricordo suoni simili nella mia infanzia,

risa senza motivo, semplicemente perché il mondo è bello,

qualcosa di simile.

Lugano. Tavolini sotto i meli.

Marinai alzano e abbassano bandiere colorate.

E sulla riva del lago, un ragazzo getta il cappello nell’acqua;

forse la sua amata gli ha detto sì.

Suoni o gesti

decisivi, come

una traccia stesa prima dei più grandi temi

e poi, inusata, seppellita.

Isole in lontananza. Mia madre

che offre un vassoio di pasticcini –

per quanto mi ricordo, mutato

in nessun modo, il momento

vivido, intatto, perché mai esposto alla luce,

così mi svegliai euforica, alla mia età

affamata di vita, totalmente fiduciosa –

Intorno ai tavoli, macchie d’erba tenera, il verde chiaro

a chiazze nell’esistente terreno scuro.

Sicuramente mi è stata restituita la primavera, stavolta

non come un amante, ma un messaggero di morte,

eppur è ancora primavera, ancora tenero è il proposito.