Girando tra le storie dei paesi e tra i paesi e le loro antiche strade, sei più attratto dai dettagli rispetto alle sontuosità. E del resto, grandi spazi, nei piccoli paesi, per ovvie e logiche ragioni, non ne trovi. Così come, molto spesso, non trovi il superfluo nei paesi. Regni dell’assenza di ciò che eccede, stretti all’entusiasmo -che davvero fu degli antichi- e alla sensazione persino emotiva del poter bastare a sé stessi, del chiudersi per difendersi e poi dell’ospitalità come pure irrinunciabile progetto di prossimità, i paesi vivono nello spazio che diresti conchiuso.
E’ nato così il paese. Il fenomeno storico dell’incastellamento lo dice senza tema di smentita. I paesi appollaiati romanticamente sul poggio a favore di macchina fotografica? Non scherziamo. Più che l’estetica poté la politica, una qual certa difesa dei confini, anche perché la fotografia era ancora lì da venire. Non saremo proprio noi a discutere la bellezza dei paesi e delle loro soavi logistiche, tuttavia il paese in alto nasce essenzialmente per tutelarsi. Che paese è un paese che non ha i suoi confini delimitati? Verrebbe da domandarsi.
Ecco, i confini; importanti come i dettagli. Erano aree sacre i confini, oggi pian pianino stanno ricostituendo la rispettiva radice antropologica e culturale di salvaguardia di usanze e di civiltà. Il barese, si sa, non è terra propriamente di borghi classici, tantomeno in altura, anche qui per ovvie ragioni. Sammichele è invece uno dei centri della Città metropolitana di Bari che più conserva, almeno nel suo centro storico, una ben riconoscibile identità di borgo. Il barese vive di centri storici spesso molto grandi (si pensi a Bitonto) oppure in cui fai fatica a riconoscere la soluzione di continuità, col relativo rischio contaminativo tra vecchio e nuovo, autentico e posticcio, origine e superfetazione. Di Sammichele, intanto, ecco l’odore, ti aspetta e però te lo porti anche.
Il centro è celebre per i locali e le macellerie, dove poter gustare l’ottima zampina. L’odore della carne, si dirà: la carne persino quando non c’è ancora, la carne prima del tempo, diciamo fuori orario. È infatti mattina quando torniamo a Sammichele e l’odore è dunque anche quello delle pietre, delle case disabitate, realtà abitudinarie dei borghi del Sud. Il caldo è torrido, il caldo d’estate tanto atteso in quelle bigie serate tardoinvernali immiserite dai drammatici computi Covid. L’odore della carne nelle pietre e quello specifico della carne delle pietre stesse.
Vero, il gioco di parole ci sta tutto ma esiste questo specchio del tempo proposto e riproposto da queste pietre. Pietre che respirano e pulsano. Capita così che a dieci metri dal bel castello Caracciolo, giustificato vanto del paese, tu veda -percependone l’arrivo da tempi che puoi immaginare e di cui puoi provare a tracciare le storie- una casa diruta che sembra venir fuori dalla canzone forse più celebre di Lucio Battisti: “pietre un giorno case ricoperte dalle rose selvatiche”. “Rivivono”? Chissa. Di certo nella Sammichele vecchia rivive l’anima primigenia di questa realtà storica e antropica (ma diremo delle ‘vere’ origini). Una comunità segnata anche da importanti momenti fondativi e istitutivi, episodi noti agli storici di quest’area di Puglia.
Si pensi a Giacomo Spinelli, prolifico autore di volumi di studio e passione su questo centro ad est di Bari, oppure a Nicola Fanizza, con all’attivo un recente libro dedicato al grande Vaals, conte di Mola ma fondatore nel ‘600 della Sammichele per come possiamo immaginarla oggi, figura straordinaria. Torneremo su questo libro e su questo discusso (ma da Fanizza finalmente riabilitato una volta per sempre) personaggio storico, uomo legato alla Puglia come viceré del Regno ma lusitano di provenienza. Giacomo Spinelli, delle strade e delle chiese di Sammichele, sa tutto. Ci accompagna con la sapienza del camminatore di una volta. Ogni angolo ha una sua storia.
E’ con noi anche Gianni Spinelli, firma d’oro del giornalismo sportivo e sammichelino doc. Interessante la storia della Maddalena, chiesa praticamente inglobata nell’area del castello, tra i non tanti edifici religiosi italiani consacrati al famoso -e dalla dubbia precedente moralità, ma anche su questo potrebbe discutersi molto- personaggio evangelico. Pregevoli gli affreschi e le tele. Tutte storie raccontate nel volume La centuriona, appunto di Giacomo Spinelli. Le notizie storiche sui primordi di Sammichele, sul nucleo agli albori del paese, sui casali e sugli insediamenti che hanno costituito le radici del paese ci sarebbe molto da dire, appunto torneremo parlando del libro di Fanizza.
Quel che preme sottolineare, passeggiando attraverso graziose viuzze e ascoltando la voce di chi sa, è la persistenza di questa identità di borgo, piuttosto moderna (in senso storico) ma assolutamente affascinante per chi dovesse visitare questo paese della vecchia Terra di Bari. Ogni tanto, insomma, i borghi di Puglia, borghi che crescono e diventono città (come la stessa Sammichele), ci parlano da un passato, invero, ancora presente, spesso silente, noto agli storici e ai cittadini più consapevoli ma da far conoscere ai più. La bellezza va condivisa, una bellezza sempre anch’essa consapevole, va da sé: ossia conosciuta, tutelata. E solo così realmente amata.
In alto, la chiesa di San Michele. Le foto sono di Franco Deramo