Dall’assolato atrio del MArTA, il museo archeologico di Taranto, riparte il Circuito del Contemporaneo in Puglia, format ideato da Giusy Caroppo e rivolto a creare, col sostegno economico della Regione Puglia e l’esperienza organizzativa del Teatro Pubblico Pugliese, una rete dedicata alla diffusione, valorizzazione e produzione dell’arte contemporanea, in grado di mettere in dialogo i comuni, le aree turistiche, le diverse culture, le personalità e le istituzioni più importanti della regione. Con lo sguardo puntato verso lo scenario artistico mondiale. Un progetto ambizioso, condiviso dall’Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, che riunisce 23 realtà museali tra le più importanti e che vuole istituzionalizzare l’arte contemporanea.
La ripartenza da Taranto non è casuale: la città più di tutte incarna la volontà di riscatto e di riappropriazione, dopo l’alienazione causata dall’isolamento dei mesi passati e scrollandosi di dosso il “sogno” industriale dell’Ilva, con tutte le sue nefaste conseguenze. Il direttore del MArTA, Eva Degl’Innocenti, ha accettato la sfida di mettere in relazione la missione conservativa e identitaria del museo col progetto di ricerca internazionale Taranto Voice dell’artista Piero Mottola (Caserta 1967, vive e lavora a Roma) che coinvolgerà, gruppi di studenti, cittadini, coristi, di qualsiasi età e sesso. Utilizzando la sua Mappa 10 emozioni, l’autore indaga le relazioni tra la voce umana e il rumore, misurandone le varie distanze emozionali che esprimono la nostra vita.
Da questo studio è possibile ricavare una struttura riproducibile che permette un’evoluzione estetico-musicale definita “una musica che parte dall’uomo, torna all’uomo e viene riprodotta dall’uomo” nella quale ci si può riconoscere. Le registrazioni saranno incise nel museo e installate come opera sonora in una delle sale, oltre che trascritte in una partitura per grande coro, che Mottola eseguirà in uno spazio non convenzionale della città ionica, come avvenuto per CHINESE VOICES, eseguito nel MACRO – Museo d’Arte Contemporanea di Roma nel 2017.
In parallelo nella città di Barletta, che già da tempo ha mostrato la sua vocazione come “luogo del contemporaneo”, si è inaugurata nel castello svevo la mostra Inhuman, con opere di Andres Serrano (New York City, 1950), Oleg Kulik (Kiev, 1961) e Kendell Geers (Johannesburg, 1968) a cura del direttore artistico e autore del Circuito, Giusy Caroppo, allestita nei sotterranei.
L’esposizione si apre col progetto Torture di Andres Serrano, allestito in una delle sale cannoniere del castello, in cui viene mostrata tutta la crudeltà a cui sono sottoposti coloro che finiscono in carceri dove non si ha il diritto di essere uomini. Luoghi sinistri, dei quali riecheggia il terribile passo degli aguzzini, evocato dagli stessi passi dei visitatori.
Lasciata la sala circolare la mostra continua con i lavori di Oleg Kulik, artista visivo, performer e attivista politico russo, che propone situazioni estreme, claustrofobiche contro la violenza e le sperimentazioni ai danni degli animali, verso i quali si pone in simbiosi, come quando impersona l’uomo cane nella performance Dog House (1996), ripreso nel film The Square.
Il racconto si intreccia con i lavori dell’eclettico Kendell Geers che, smascherando ogni abuso di potere, l’uso della forza da parte delle istituzioni, le contraddizioni del cristianesimo o dell’animismo, affronta la questione identitaria scandagliandone i limiti e i confini e auspicando una nuova spiritualità, che parta da una semplice domanda traducibile “in cosa credi?/in quale bugia credi?”
Riemergendo in superficie, il percorso si conclude nell’ultima sala del lapidarium, dove è allestita la mostra Heimat/Sharing the land di Jasmine Pignatelli (Canada,1968 – Vive tra Bari e Roma) a cura di Tommaso Evangelista e prodotta in collaborazione con il Museo della Scultura di Matera – MUSMA, che rientra nella sezione outsider(r) e nella filosofia di promozione degli artisti del territorio. Siamo difronte a una poetica molto intensa e privata, che vede come protagoniste assolute la terra e tutte le storie che l’hanno vista protagonista. Sono storie che ci riguardano da vicino, perché questi cumuletti provengono da luoghi simbolo della recente storia italiana in una raccolta collettiva che si fa memoria, come per La scomparsa delle lucciole, che proviene dall’idroscalo di Ostia dove fu ucciso Pier Paolo Pasolini “poeta dell’Heimat italiano”, e che confluiscono in un’unica grande Madre Terra, da cui proveniamo e nella quale ci riconosciamo, costruiamo e ricostruiamo le nostre identità.
Due mostre potentissime e opposte tra loro, che descrivono l’orribile smarrimento delle coscienze e l’assuefazione alla violenza in tutte le sue forme, facendoci riflettere sulle nostre azioni, le nostre convinzioni, la nostra quotidianità da un altro punto di vista, più scomodo, scandaloso e provocatorio. Forse potremmo salvarci ritrovando la semplicità delle terre che abitiamo e che troppo spesso violiamo, dimenticandoci che l’uomo è un essere naturale, bestiale che, lasciato allo stato brado, non è diverso dagli altri esseri viventi.