Se c’è una cosa che la pandemia ci ha insegnato è che abbiamo rischiato di perdere tutto ciò che di più prezioso avevamo, considerandolo un appannaggio naturale: la vicinanza ai nostri cari, agli amici, ai familiari. Abbiamo rischiato di perdere anche ciò che consumavamo. Tra i beni di prima necessità rientra, infatti, anche la musica, fruita da milioni di utenti e semplici appassionati. Secondo le stime dell’Associazione italiana organizzatori e produttori spettacoli dal vivo (Assomusica), nel 2018 l’industria musicale aveva incassato oltre 600milioni di euro, mezzo miliardo di più rispetto al 2017.
L’Italia rientra nella top ten dei paesi che investono più risorse nell’allestimento di concerti ed eventi live. Il blocco di questi ultimi ha causato ingenti danni, che a fine stagione estiva ammonteranno a circa 350milioni di euro per il solo settore del live. Dentro l’emergenza sanitaria ed economica, dunque, il coronavirus ha fatto emergere, amplificandole, le falle sistemiche del lavoro. Decine di migliaia di operatori dello spettacolo che si ritrovano con contratti a chiamata ora sono disoccupati. Non solo i cantanti o le star ma anche i tecnici che montano il palco e sgobbano tutto il giorno dietro le quinte.
Parlando della fase 2, il premier Giuseppe Conte non ha mai citato i lavoratori dello spettacolo dal vivo. Mentre lo guardavamo in tv ci aspettavamo arrivasse Marx (non Karl ma Groucho, grande attore comico della prima metà del secolo scorso) a dire: “La Fase 2 è solo una Fase 1 che non ce l’ha fatta”. Speravamo nell’apertura di un tavolo di discussione sugli spettacoli dal vivo, in un piano di sostegno che ripensasse anche le norme sulla sicurezza. Ma nemmeno una parola su questo. Chi asserisce che la musica può continuare a vivere in streaming non comprendere affatto il bisogno di comunità da costruire che può scaturire da quest’arte nobilissima. Nei fatti, l’intera filiera della musica è stata travolta.
E i concerti, dopo il calo delle vendite degli album, sono uno degli ambiti più remunerativi per gli artisti, con tutto l’indotto che gli ruota intorno. Il locale di tendenza per gli artisti ormai è il salone di casa o la propria camera da letto. Questo il palcoscenico temporaneo in cui da mesi molti artisti e numerose band si esibiscono privatamente, dando concerti in diretta fb e sulle pagine instagram. In questi giorni di clausura forzata in cui impazzano le dirette e le videochiamate, gli artisti pugliesi Fabio D’Errico e Annamaria Falcone, cofondatori della band Il Cremlino, si raccontano a Primo piano. La loro testimonianza è un piccolo affresco della vita dei musicisti al tempo del Covid-19.
Come nasce il Cremlino? Qual è il significato del nome?
“Siamo un duo formato da me, lo Zar, alla voce, synth e chitarre e Annamaria, Berta, alla batteria, pad elettronico e percussioni. Ci siamo conosciuti per un caso davvero fortuito. Berta stava facendo una serata in un locale a Vieste e, appena una settimana dopo, ci siamo trovati a suonare insieme. Le distanze geografiche, io di Cagnano lei di Manfredonia, non hanno impedito la simbiosi tra i nostri mood. Il nome scelto non contiene allusioni alla politica ma rispecchia le nostre passioni e la sonorità di cui ci serviamo: minimali, diretti e analogici”, esordisce Fabio. “Il nostro compito non è insegnare ma lanciare qualcosa di unico e inimitabile. Pensavamo: rendiamolo interessante, cerchiamo di amalgamare tutti i diversi background che abbiamo acquisito. Il nostro obiettivo è duplice: da una parte, tenere compagnia alle persone e stare calmi, dall’altra, dare spazio alla musica originale”, prosegue Annamaria.
Prima di questo progetto vi chiamavate Velvia…
“Il passaggio di consegne, per così dire, è dovuto a un mutamento dei suoni negli ultimi anni e alla maturazione di una nostra identità musicale. Pensavamo che le nostre idee si sarebbero mescolate bene e così dal pop rock ci siamo spostati su sonorità elettroniche e minimali, accordando maggior spazio al contenuto dei testi”, racconta Annamaria. “È stata una reazione chimica completamente nuova, una sperimentazione che doveva renderci innovativi. Abbiamo aspettato il momento giusto per sviluppare una nostra identità di band. Abbiamo fatto quello che volevamo fare in quel momento e sentivamo giusto”, prosegue Fabio.
Il vostro music set a quali generi si ispira?
“Non ci inquadriamo in un settore ben preciso, ci piace molto sperimentare e raccontare qualcosa. Mai ripetere la stessa formula. La nostra musica può prendere una miriade di direzioni, qualunque possa essere la forma più rappresentativa per noi. Siamo entrambi appassionati di elettronica analogica applicata nel campo. Parte della nostra strumentazione è autocostruita, i sintetizzatori sono il vero trucco del nostro mestiere”, spiega Fabio. “Ogni volta devi ricominciare da zero, ogni canzone che suoni è come un pezzo nuovo ed è una sensazione bellissima. Abbiamo il rock nel cuore – rivela Annamaria -, una potente scarica quanto ti esibisci sul palco, ma ci interessa anche l’indie mescolato con diverse influenze elettroniche”.
Come sono andati questi primi due mesi di live in streaming?
“Siamo sugli 8000 streams, sommando i numeri di Spotify e You Tube, un dato che davvero non ci aspettavamo”, riferisce Dario Del Viscio, tournista della band e chitarrista che cura la comunicazione social della band. “Possiamo ritenerci soddisfatti delle visualizzazioni ottenute. Poiché il consumo di supporti fisici e digitali non è sufficiente a mantenere le spese. E’ una fresca boccata d’ossigeno constatare che una nostra idea, strettamente personale, venga apprezzata”, afferma Fabio. “Il pubblico apprezza la qualità – si dice soddisfatta Annamaria – e vuol provare sensazioni forti”.
È uscito da poco “Fuma”, il vostro primo inedito, interamente autoprodotto e girato da voi…
“Il brano riprende alcuni momenti della mia adolescenza in maniera molto diretta e assolutamente non nostalgica. Il pubblico deve vedere che una persona può cambiare per poter costruire il tuo personaggio in scena e fare in modo che diventi speciale. Altrimenti non ci sarebbe alcuna differenza fra la persona che esce di casa e quella che sale sul palco. Racconto me stesso fino in fondo e do tutto al pubblico. Il brano ha superato i mille streams su Spotify e settemila su you tube”, chiarisce Fabio.
Come sono andati questi primi giorni di live in streaming?
“Impieghiamo il tempo per le dirette e, soprattutto, per scrivere nuovi brani. Per noi non è nemmeno una nuova frontiera, ma un’evoluzione naturale della musica. Logicamente il digital non sostituirà mai il concerto dal vivo. Il contatto diretto col pubblico resta fondamentale, ma questi due mondi in futuro potrebbero finire per sposarsi e completarsi. Non abbiamo ancora firmato un vero e proprio endorcement con uno sponsor; da quasi due anni manteniamo lo status di etichetta, anche se stiamo lavorando costantemente con Gianni Colonna e la Kuorenero production”, dichiarano.
Quali progetti per il futuro?
“Come altre band e con nostro grande dispiacere siamo stati costretti ad annullare tutte le date in programma, in seguito a quanto disposto sul divieto di assembramento e di distanziamento interpersonale. Preferisco rimanere ottimista e confido che presto tutto torni come prima e si possano riprendere i tour. Stiamo lavorando a un nuovo brano che presto annunceremo”, precisa Fabio. “Non siamo degli snob; siamo molto scrupolosi. Vogliamo presentarci con stile perché sappiamo, fondamentalmente, che i nostri obiettivi sono simili. In attesa del ritorno alla normalità, continueremo a fare buona musica, puntando a oltrepassare i limiti di quanto già fatto finora dalla band”, conclude Annamaria.
In alto, la copertina di “Fuma”