La battaglia si combatte in corsia ma la guerra si vince sul territorio

Il dott. Giuseppe Lonardelli, già responsabile pugliese della lotta all'influenza suina, sottolinea la validità del "modello Piacenza" nel combattere il contagio da coronavirus

Con la primavera che incalza e il sole che comincia a far sentire sempre più potenti i suoi dardi, comincia a farsi strada la speranza di lasciarci velocemente alle spalle un inverno così “raggelante”, destinato a rimanere impresso a lungo nella nostra memoria. Sono trascorsi quasi quattro mesi da quando hanno iniziato a fare capolino in tv le prime immagini dal continente asiatico: prima con una frequenza piuttosto bassa e via via sempre più insistente, sino a quando, in una terrificante dissolvenza – degna del miglior film horror – non sono state sostituite da quelle del nostro paese, tra i primi ad essere colpito dalla pandemia e divenuto, in breve, il luogo con il maggior numero di contagi e, purtroppo, di decessi al mondo.

Per fortuna, sia pure nel girone dantesco nel quale all’improvviso ci siamo ritrovati, la nostra forza e la nostra intelligenza sono stati in grado di donarci scenari che continuano a stupirci e ad alimentare ottimismo nel futuro: dalla dedizione straordinaria di medici e infermieri, sottoposti allo stress di turni e turni di lavoro senza alcuna interruzione, alla solidarietà di tanti giovani, impegnati nella consegna a domicilio di farmaci e viveri agli anziani, o di grandi aziende, pronte a donare somme consistenti per l’acquisto di apparecchiature sanitarie. Un motivo di grande soddisfazione, che ha continuato ad alimentare le speranze di tutti i cittadini, costretti a rimanere in casa con l’attenzione rivolta al numero dei contagi e dei decessi (che funge da monito nei momenti in cui restare tra le mura domestiche si fa troppo pesante), e a riconoscersi, sempre più, parte di un’unica, grande comunità: l’unica consapevolezza in grado di arrestare il meccanismo infernale che genera nuovi contagi e nuove vittime in tutto il paese.

Una consapevolezza, quella di continuare a limitare, attraverso l’isolamento, le possibilità di contatti e quindi di contagi tra persone, a cui si va aggiungendo, giorno dopo giorno, quella di trovare strategie sempre più efficaci nella lotta al terribile virus.
Torniamo dunque a parlare col dott. Giuseppe Lonardelli, ex direttore sanitario del Policlinico di Bari e coordinatore della task force pugliese istituita nel 2009 dalla regione Puglia per fronteggiare la diffusione della H1N1 (l’influenza suina) già intervenuto nei giorni scorsi sulle pagine di questa testata.

“Nell’ultima settimana si è parlato molto del cosiddetto modello Piacenza vale a dire del piano di contenimento dell’epidemia realizzato dalla provincia emiliana su iniziativa del dott. Luigi Cavanna, primario di oncologia dell’ospedale di Castel San Giovanni di Piacenza”, attacca Lonardelli. Si tratta di una terapia domiciliare messa in atto da un’équipe multidisciplinare formata da medici specialisti, internisti, ematologi, rianimatori, oncologi e pneumologi che, in seguito alla segnalazione del medico di base, raggiunge l’abitazione del sospetto contagiato con una strumentazione utile al monitoraggio immediato del paziente, e, pur non disponendo della verifica del tampone, delinea un quadro clinico del soggetto anche attraverso un’ecografia polmonare.

“Nel caso in cui il soggetto presenti sintomatologia da coronavirus, il personale medico è pronto ad avviare un trattamento clinico a base di antivirali e idrossiclorochina direttamente a casa. Una strategia che mira a curare gli asintomatici o i paucisintomatici innanzitutto per ridurre la durata della malattia, considerando che tra l’insorgere dei primi sintomi e la compromissione delle funzioni polmonari corrono circa dieci giorni, e permette, inoltre, di alleggerire il numero di pazienti che occupa il pronto soccorso e le terapie intensive. Naturalmente, ai malati in isolamento domiciliare si assicurano monitoraggio e assistenza continui”, spiega il nostro interlocutore.

Questo modello sta attirando l’attenzione di numerose regioni, prime fra tutte Liguria e Toscana, mobilitatesi per applicarlo nel più breve tempo possibile. “Si tratta di una strategia molto valida -chiarisce Lonardelli- perchè l’attività del personale medico non è di semplice supporto a quella del medico di base, come avviene in Lombardia con le USCA (Unità speciali di guardia medica, istituite dal 31 marzo per intervenire sul territorio lombardo, ndr), che si limitano a un’assistenza domiciliare senza l’apparecchiatura adatta a una terapia in loco”.

Al focus sulle procedure sanitarie si aggiunge, nel commento di Lonardelli, l’attenzione all’andamento dei contagi, con particolare riferimento alla nostra regione. “Pierluigi Lopalco, il coordinatore della task force pugliese per fronteggiare l’emergenza sanitaria, ha dichiarato che dai dati epidemiologici si evince che la Puglia sta entrando nella fase due dell’epidemia, quella del plateau, cioè dell’andamento lineare dei contagi; dopo di che, c’è da aspettarsi una fase di discesa. Ma è necessario rimanere in allerta per scongiurare un’altra crescita improvvisa dei contagiati: il virus circola ancora e si può debellare solo con un vaccino o una terapia efficace di cui ancora non disponiamo”, precisa Lonardelli.

Di questo la popolazione è consapevole, visti gli effetti positivi della diminuzione dei contagi e soprattutto, proprio negli ultimi giorni, dei ricoveri nelle terapie intensive, specie nelle regioni più colpite. A volte, tuttavia, la nostra proverbiale attitudine all’ottimismo ci fa perdere di vista l’importanza del contributo di ciascuno di noi in questa battaglia e della responsabilità a cui l’amore per il prossimo ci chiama: i quotidiani e i media narrano, infatti, di numerosi cittadini che continuano a popolare le strade, dimostrando una leggerezza che sfocia spesso in egoistica faciloneria. È fondamentale restare a casa soprattutto in queste ore, in cui il sistema sanitario può cominciare a tirare un sospiro di sollievo, stando al crescente numero di posti liberi in terapia intensiva e a un più regolare funzionamento degli ospedali, non più congestionati come nei giorni scorsi.

Il dott. Giuseppe Lonardelli

“In merito alle nuove terapie -prosegue il medico bitontino- tengo a segnalare l’uso dell’eparina sui pazienti dell’ospedale di Piacenza: già sperimentata in Cina sui ricoverati per coronavirus. Si tratta di un farmaco anticoagulante, o meglio antitrombotico, che si sta rivelando efficace sui soggetti positivi perché fluidifica il sangue che si raggruma nelle arterie polmonari”.

Una delle principali cause di morte da coronavirus è, infatti, l’embolia polmonare, cioè l’ostruzione di una o più arterie polmonari: l’azione del farmaco in questione risulta utile sia in fase terapeutica, per intervenire su quadri clinici già compromessi dal virus, sia in fase preventiva, per favorire la terapia domiciliare e non rendere necessario il ricovero ospedaliero.

“La scuola di medicina dell’università di Pittsburgh, specializzata in malattie emergenti, sta lavorando al vaccino che garantisce l’immunità al virus SARS-CoV-2, il nuovo coronavirus. L’équipe, di cui fa parte un giovane ma già molto autorevole ricercatore barese, Andrea Gambotto, ha già realizzato il primo vaccino contro la SARS nel 2003, mentre nel 2014 ha studiato il vaccino per la MERS. In questi giorni ha elaborato un cerotto che contiene 400 microaghi di 0,5 mm di lunghezza e 0,1 mm di larghezza, da applicare direttamente su braccio o spalla, in modo da liberare la proteina Spike nell’organismo, che colpisce le punte di cui è composta la corona del virione e con cui si fissa alle cellule del nostro organismo. La sperimentazione ha avuto esiti positivi sui topi, che hanno sviluppato gli anticorpi da SARS-CoV-2 in due settimane, e ora si attende l’assenso della FDA americana (Food and Drug Administration, l’ente governativo statunitense che si occupa di regolamentare i prodotti alimentari e farmaceutici, ndr) per avviare la sperimentazione sull’uomo. Se questa avrà esito positivo, nel giro di cinque – sei mesi il vaccino potrebbe essere pronto per la produzione industriale.”

Notizie confortanti, insomma, dal mondo della ricerca medica e farmacologica, che lasciano ben sperare in una risoluzione in tempi abbastanza brevi dei problemi creati dal virus, soprattutto in ospedali, case di cura per anziani e carceri, i luoghi di aggregazione più sottoposti all’accelerazione dei contagi.

“Particolare attenzione -riprende Lonardelli- va dedicata da subito al monitoraggio e alla vigilanza attiva verso le strutture sociosanitarie che ospitano, in promiscuità, anziani e portatori di handicap. È delle ultime ore la notizia di un ennesimo cluster epidemico in una casa di riposo, questa volta di Minervino, con oltre trenta contagiati. Non è più tollerabile che gli ospiti e gli operatori di queste strutture non vengano protetti e tutelati. Si rischia una replica della situazione, ormai drammaticamente nota, del Pio Albergo Trivulzio di Milano”.

E prosegue: “Vorrei richiamare l’attenzione sul primo decesso di un detenuto a Bologna. La questione delle carceri, con i problemi di sovraffollamento, sta creando non poche preoccupazioni a cui bisogna dedicare particolare attenzione, come ha già affermato il segretario dell’UilPA, il sindacato della polizia penitenziaria, Gennarino Defazio”.

“Confido molto nella validità del modello Piacenza: mi sono impegnato personalmente per richiederne l’attuazione in Puglia, sollecitando l’attenzione delle competenti autorità regionali. Sono del parere che questa battaglia si combatte in corsia, ma la guerra si vince sul territorio, con un’assistenza extra-ospedaliera ben organizzata tanto nelle regioni più colpite quanto in quelle con un numero più contenuto di contagiati”, conclude Lonardelli.