Siamo nell’ultima settimana di quaresima, e molti, cristiani e non, sono anche in quarantena. Entrambe le parole, com’è noto, hanno come radice il numero quaranta: quaranta i giorni di preparazione alla Pasqua (dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo), quaranta i giorni di isolamento al quale venivano sottoposte persone ritenute portatrici di agenti infettivi.
Il significato della prima parola, per il vincolo al calendario liturgico, è rimasto collegato alla sua etimologia: la durata della quaresima sarà sempre di quaranta giorni. Il significato della seconda, invece, si è staccato dalla sua etimologia per indicare un periodo indefinito di isolamento, variabile a seconda della malattia e del relativo periodo d’incubazione. La quarantena per Covid 19, come sappiamo, è stata fino ad oggi estesa a un periodo di due settimane (a ben vedere una contraddizione linguistica).
Ma se l’italiano quaresima deriva dal latino ecclesiastico quadragäsëma, quarantena è parola veneziana, sinonimo di quarantina: “quello spazio di quaranta giorni in cui si ritengono nel Lazzaretto le cose sospette di pestilenza” (Dizionario del dialetto veneziano, di Giuseppe Boerio, Venezia, 1856). E se l’etimologia latina di quaresima ha viaggiato poco, limitandosi al francese carême, allo spagnolo cuaresma e al catalano quaresma (già in portoghese, per rimanere tra le lingue neolatine, la quaresima è emprestado e in rumeno paștelui, per non parlare dell’inglese lent o del tedesco fastenzeit), quella veneziana, al pari delle navi e dei mercanti, ha viaggiato in quasi tutto il mondo, imponendosi nelle lingue indoeuropee e oltre, come ghèto, più di ballòtta, e perfino più di ciao: quarantaine (francese e olandese), cuarentena (spagnolo), quarentena (portoghese), carantină (rumeno), quarantine (inglese), quarantäne (tedesco), karantena (sloveno), karantinë (albanese), karantin (serbo, russo e uzbeko), kwarantannain (polacco), karantén (ungherese) karantína (greco, turco e indonesiano), karantinas (lituano), karantän (svedese), karantene (norvegese), karanteeni (finlandese), kuwarentenas (filippino), koraanteen (hindi), karantini (swahili), karantiil in somalo, et cetera.
Ma perché proprio quaranta? Forse per l’importanza che quel numero aveva nella società veneziana, riflessa nella composizione dei tre supremi Consigli Giudiziari della Repubblica, detti anche Quarantìa, per essere composti ciascuno da quaranta membri. E più in generale per la densità dei significati che la Bibbia attribuisce a questo numero: quaranta è il tempo della penitenza, del castigo e del perdono. Nell’Antico Testamento sono quaranta gli anni trascorsi dal popolo di Israele nel deserto, quaranta i giorni del diluvio, quaranta i giorni di Mosè sul monte; mentre nel Nuovo Testamento sono ancora quaranta i giorni di Gesù nel deserto.
Tanto fortunata è stata l’invenzione dei veneziani per gestire le emergenze sanitarie, primi grandi viaggiatori, quindi primi esperti nel trattare con malattie esotiche, che la denominazione del loro metodo si è estesa a quasi tutto il mondo. Se oggi diciamo che l’Italia ha seguito e sta seguendo il modello Wuhan, forse potremmo anche dire che Wuhan ha seguito il modello veneziano.
Nel disegno in alto, un antico lazzaretto