Tre scenari futuri dell’economia mondiale

Recessione globale o crisi temporanea, per risollevare il lavoro ed evitare la catastrofe sociale serve un'eccezionale quantità di denaro pubblico sui mercati

A più di un mese dalla repentina discesa dei titoli, prima azionari e poi obbligazionari, può essere utile proporre qualche considerazione, di carattere generale, su ciò che sta accadendo sui mercati finanziari e nelle economie mondiali. 

La prima va fatta sull’inizio dei ribassi, partiti come uno tzunami il 19 febbraio, nonostante i problemi di potenziali contagi fossero già ampiamente conclamati e conosciuti da un mese, nel corso del quale, in realtà, i mercati hanno continuato inspiegabilmente a salire. Nessuno aveva dato il via alle vendite eppure i mercati si comportavano irrazionalmente, continuando a crescere. 

La discesa di oggi è, pertanto, quantificabile empiricamente? In realtà, no, visto che nessuno è in grado di calcolare esattamente i danni dell’attuale immobilismo e i benefici degli interventi di Stati, Banche Centrali e Fondo Monetario Internazionale. La fuga a gambe levate dai mercati sembra causata, dunque, più dalla paura di rischiare di ritrovarsi col cerino in mano, fino alla totale combustione, che dalla mancanza di volontà di voler far luce. 

Una seconda considerazione riguarda l’attuale situazione economica che può essere definita di raffredamento. Non una distruzione di tessuto, come accade nelle guerre o nella morte, ma un rallentamento del metabolismo come avviene nello stato di torpore delle specie animali che vanno in letargo. Minore produzione è vero ma anche minori consumi. Il fabbisogno in questo momento è rappresentato dal cibo (che non manca e non mancherà) e dall’energia (che non manca ed è scesa anche di prezzo). 

Terza considerazione: gli scenari futuri. Il più catastrofico vede il diffondersi della pandemia in maniera incontrollata, una pestilenza che metterebbe in ginocchio il sistema sanitario e produttivo dell’intero pianeta. In questo contesto potrebbe accadere di tutto: nelle ipotesi più drammatiche il sistema monetario perderebbe di significato per come lo interpretiamo oggi. Il denaro non avrebbe più alcun valore sostituito da beni primari, come generi alimentari e manodopera, e dall’oro, come riserva di ricchezza. Il tessuto economico sarebbe in gran parte compromesso, rendendo difficile un ritorno al vecchio modello. 

Un secondo scenario intermedio, molto più realistico, è che la pandemia si sviluppi in maniera comunque controllata ma senza alcuna misura stimabile sulla durata, in assenza di un vaccino che potrebbe essere pronto tra 12 o 24 mesi e di cui bisognerebbe anche valutare l’efficacia. In questo caso la situazione porterebbe sicuramente a danni dovuti alla mancanza prolungata di interazioni e quindi di economia, ma il grosso potrebbero farlo gli Stati, le Banche Centrali e l’FMI, cambiando radicalmente le attuali politiche e mettendo in campo i migliori “inneschi” a loro disposizione per riaccendere nuovamente il fuoco dell’economia.

Mario Draghi promotore del Whatever it takes

Ma non è tutto cosi facile. La politica monetaria basata sui tassi di interesse vede gli stessi ai minimi storici e quindi senza più margine operativo. La politica auspicata da Mario Draghi (non più presidente della BCE) del Whatever it takes (“ad ogni costo”) non fa impazzire gli stati e la BCE. Le conseguenze porterebbero sicuramente ad inflazione e forse allo stravolgimento della mappa della distribuzione delle ricchezze, che rischierebbe di cambiare confini: un’ipotesi che a chi comanda non va proprio giù. In realtà, questa situazione potrebbe anche rivelarsi un’opportunità, viste le attuali ed esagerate sperequazioni che creano enormi sacche di ricchezze inutilizzate. Una cosa è certa, tuttavia: se entro 15 o 30 giorni non verrà garantito un reddito di cittadinanza a tutti coloro che sono stati bloccati nel lavoro e non verranno sospesi tutti i pagamenti, il rischio di disordini sociali sarà altissimo. 

Terzo ed ultimo scenario, quello che tutti auspichiamo, è il contenimento territoriale e temporale della pandemia che potrebbe ridurre a 3 massimo 6 mesi l’attuale immobilismo, senza creare problemi insormontabili all’attuale sistema economico e, comunque, risolvibili con aggiustamenti temporanei di politica fiscale e monetaria. I danni sarebbero minimi e facilmente recuperabili lungo la strada. I mercati finanziari dopo la forte correzione da incertezza ritornerebbero al vigore di prima del contagio.

Osservando lo scenario che ci riguarda più da vicino, un fatto appare comunque certo: se non verrà immessa rapidamente sul mercato una grande quantità di denaro (sbloccando, ad esempio, le fondamentali opere pubbliche, di cui si parla da anni), una misura da adottare di concerto tra tutti gli stati membri dell’Unione Europea, in deroga alle restrizioni imposte dalla necessità di contenere l’inflazione e il debito pubblico, e superando gli egoismi nazionali, sarà difficile garantire alla stragrande maggioranza dei cittadini del vecchio, caro continente, e tra questi agli abitanti del Belpaese, un futuro di pace e, possibilmente, di prosperità.