Il COVID-19 lancia l’assalto alle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Nel nostro paese, in particolare, caratterizzato dal numero più alto di contagi dopo la Cina, si assiste ad un susseguirsi ininterrotto di notizie sui numeri dell’emergenza, sulle ordinanze e sulle polemiche tra i diversi livelli istituzionali che generano una babilonia in cui è davvero difficile districarsi. Salgono, così, la tensione e i timori tra i cittadini, costretti a vivere tra le mura domestiche ormai da una settimana per rallentare i contagi e favorire l’attuazione dei piani varati dal governo e il lavoro del personale sanitario, impegnato in prima linea sul fronte del coronavirus. Un’emergenza sanitaria eccezionale, come l’ha definita la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, che in realtà era stata già preconizzata dagli epidemiologi e dai virologi, quando ancora i primi focolai d’infezione avevano cominciato a interessare il gigante asiatico.
Per fare il punto sulla situazione, con particolare riferimento al territorio pugliese, torniamo, dunque, a dare la parola, dopo qualche giorno, al dott. Giuseppe Lonardelli, bitontino, che nel 2009 fu nominato da Vendola a capo dell’hub sanitario per fronteggiare l’influenza suina in Puglia.
I numeri del contagio si allargano di giorno in giorno. E, insieme, i timori tra i cittadini…
Nella giornata di ieri sono stati superati i 27.000 contagi; si registrano in media 220 decessi al giorno ma per fortuna il numero dei guariti si pone sempre a un livello superiore. E, comunque, proprio da ieri si è cominciato a registrare un trend in calo dei contagi stessi. Le regioni più interessate dall’emergenza rimangono la Lombardia e l’Emilia-Romagna, rispettivamente con il 10% e il 5% dei contagiati in terapia intensiva. Nelle prossime ore si prospetta un aumento considerevole dei contagi causato dal comportamento irresponsabile nel primo fine settimana di marzo, con fiumi di gente riversata per strada per l’aperitivo: sono gli effetti della chiusura delle scuole, compiuta senza un’adeguata formazione sanitaria e senza, nel contempo, chiudere bar, ristoranti e stazioni sciistiche. Del resto, si riconferma la tendenza che abbiamo già notato nelle settimane precedenti: il virus colpisce gravemente soprattutto gli adulti di terza e quarta età che presentano già un quadro clinico compromesso da varie patologie pregresse. I bambini, invece, mostrano un atteggiamento resiliente che è di grande aiuto: infatti, pur non essendo immuni al virus non manifestano sintomi gravi.
Cosa ci dice del quadro pugliese?
Nessuna provincia è esclusa dal contagio. Sino a ieri i malati erano 230 e i decessi 16: questi ultimi nella quasi totalità ultrasettantenni con patologie pregresse. Il paziente 1, il tarantino proveniente da Codogno, è tra i guariti.
In prospettiva, tuttavia, si temono 2000 nuovi contagi nella nostra regione, dovuti all’esodo dalla Lombardia, registrato a più riprese nelle ultime settimane.
Al momento la situazione è sotto controllo. I tecnici ci dicono che le giornate tra oggi e domani saranno decisive per il centro-sud, visto che potremmo subire il colpo degli arrivi da Milano centrale. Attualmente, in rianimazione non si registrano criticità. La Puglia ha dato la sua disponibilità al coordinamento interregionale ad accettare pazienti dalle terapie intensive delle aree critiche del nord. Le autorità regionali stanno già predisponendo i siti per il ricovero dei contagiati nel barese, nel foggiano e nel leccese, e finalmente hanno approvato le graduatorie per l’assunzione di personale medico e ausiliario – a tempo indeterminato – per fronteggiare l’emergenza. Mi auguro che la politica non crei inutili allarmismi e offra il giusto sostegno materiale e morale alla popolazione. Sto registrando un forte accanimento mediatico nei confronti di chi è rientrato dal nord nell’ultimo fine settimana: per carità, la quarantena è doverosa, ma consideriamo che si tratta soprattutto di giovani studenti che, non potendo sostenersi da sé, si trovano costretti a ritornare dai genitori, o di lavoratori spesso pendolari e/o cottimisti. Probabilmente è stato più rischioso accogliere i tifosi dell’Atalanta per il match con il Lecce che si è disputato il primo marzo a porte aperte. La soluzione migliore è fare i giusti controlli e restare a casa.
Cosa ci dice delle nuove terapie che si stanno sperimentando per combattere il virus?
Innanzitutto occorre precisare che le sperimentazioni sono state compiute principalmente in Cina. Si tratta di farmaci antivirali già utilizzati per curare pazienti affetti da HIV e SARS, somministrati a circa 200 pazienti cinesi con risultati in buona parte positivi. Ultimamente, si parla molto dell’antinfiammatorio usato per curare l’artrite reumatoide, il Tocilizumab. L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria la cui sintomatologia è data dall’eccessivo sforzo del sistema immunitario. Una sorta di risposta infiammatoria anormale che viene frenata dal farmaco in questione. La polmonite da Coronavirus si manifesta in maniera simile, per questo il farmaco è stato testato su alcuni pazienti dell’Ospedale Cotugno di Napoli con riscontri positivi. La Roche, che lo produce, ha comunicato che fornirà gratuitamente il farmaco allo Spallanzani di Roma e alle regioni più pressate dall’emergenza.

Cosa pensa di come stanno reagendo gli stati europei all’emergenza sanitaria?
Mi sembra assurdo che un paese come la Gran Bretagna, madre del primo sistema sanitario pubblico – il cosiddetto modello Beveridge, alternativo al modello privatistico Bismarck – abbia proposto di sviluppare un’immunità di gregge contro il virus. Un concetto in sé stesso anacronistico perché risale all’epoca precedente all’introduzione del vaccino. Per di più, al momento non è certo che chi contrae il virus sviluppi un’immunità permanente, come per il morbillo, o possa essere contagiato una seconda volta. Inoltre, un’immunità di gregge dovrebbe preservare tanto il 70% dei contagiati previsti quanto il restante 30% di non immuni, grazie alla creazione di ostacoli alla diffusione rappresentata dagli anticorpi degli immuni. Ma sarebbe una follia ragionare su ipotesi del genere, nemmeno tanto certe. Per quanto riguarda il resto d’Europa, credo che i paesi membri abbiano perso una grande occasione di solidarietà: oltre alle pessime parole della presidentessa della BCE Christine Lagarde, che hanno spaventato i mercati, ciascuno stato, in particolare il nostro, ha fatto credere che il problema fosse circoscritto al nostro territorio, quando in realtà si è scoperto, grazie al tracciante genomico, che il paziente 0 era tedesco e c’erano focolai in regioni del nord Europa. L’unione europea non ha fatto fronte comune per gestire l’emergenza. Mi auguro che ora, con l’uscita dell’emergenza dai nostri confini, si applichi una strategia collettiva.
Come giudica il comportamento dei cittadini? Sono tanti i casi di denunce nei confronti di chi non rispetta le disposizioni della presidenza del consiglio…
Io dico sempre che la miglior medicina è la corretta informazione. C’è bisogno che tutti rispettino le direttive del governo per tutelare la parte di popolazione più esposta al rischio di contagio: anziani, uomini e donne con patologie pregresse e immunodepressi. Colgo ancora l’occasione per decostruire il mito che si è creato attorno alle mascherine: si crede che per arginare il contagio basti indossarle e poi riprendere la vita di sempre. Le mascherine con filtro dei tecnici sanitari e dei medici, le FFP2 e le FFP3, sono le più sicure ma non facilmente reperibili: siamo in attesa di nuovi carichi provenienti dall’estero. Le mascherine chirurgiche o da verniciatore, invece, hanno l’unico vantaggio di trattenere le droplets, le goccioline che diffondiamo nell’ambiente parlando, tossendo e starnutendo, ma rappresentano una forma di tutela per chi ci sta di fronte, non per noi stessi, in quanto respiriamo un’aria non filtrata, e soprattutto possiedono delle finestre sui lati che facilitano il contatto con il viso e non coprono gli occhi, una via di trasmissione del virus. Insomma, sono una forma di difesa tenue. Piuttosto, è molto importante evitare i contatti, rispettare la distanza di almeno un metro tra le persone, lavare spesso mani e superfici e disinfettare ambienti e oggetti di uso comune. In questa settimana ci aspettiamo un picco di contagi in seguito alla superficialità a cui soprattutto il nord si è abbandonato nel primo weekend del mese. Ma il picco generale è previsto per metà aprile. La situazione, al momento, è gestita anche se con estrema difficoltà in alcune realtà del nord. E’ comunque necessario tenere alto l’allarme: si deve fare molto affidamento sui comportamenti individuali per limitare i contagi e tornare alla normalità quanto prima.