Prima che l’avvento della rivoluzione industriale, nei primi decenni del 1800, mutasse definitivamente il mercato del lavoro, la società europea basava la propria economia quasi esclusivamente sull’agricoltura. Col passare del tempo, poi, il settore manifatturiero e – ancora dopo – quello dei servizi, più avanzati e tecnologici rispetto al primo, hanno tolto sempre più spazio al lavoro della terra. Ed ecco come buona parte della nostra società, soprattutto quella più moderna e all’avanguardia, si è ritrovata ben lontana dai territori agricoli e più vicina ai grandi centri urbani.
Nelle campagne è rimasto, il più delle volte, chi ha scelto di raccogliere il testimone dei propri genitori o dei propri nonni, portando avanti una tradizione per lo più familiare. Da qualche tempo a questa parte, si va registrando, tuttavia, un cambiamento in controtendenza rispetto al passato, che ha portato alla crescita esponenziale dei cosiddetti “agricoltori di prima generazione”.
Si tratta di giovani under 35 che provengono da altri settori lavorativi o da diverse esperienze familiari, ma che hanno deciso di investire nel settore agricolo. Tra questi, circa la metà possiede una laurea: il 57% ha – di fatto – apportato tante innovazioni all’attività agricola, ma soprattutto il 74% è orgoglioso della propria attività. Ed è considerevole che tra questi nuovi imprenditori, secondo un’analisi Coldiretti/Ixè, la presenza femminile arrivi a toccare persino il 32%.
“E’ in atto un cambiamento epocale – sottolinea la Coldiretti, la più importante associazione degli agricoltori – che non accadeva dalla rivoluzione industriale. Oggi, il mestiere della terra non è più considerato l’ultima spiaggia di chi non ha un’istruzione e ha paura di aprirsi al mondo, ma la nuova strada del futuro per le giovani generazioni istruite”.
Nel terzo millennio, l’antichissimo mestiere del contadino si trasforma, dunque, in un lavoro ultramoderno in cui poter coniugare la creatività e l’ingegno dei giovani con la tradizione. Non più solo aratri, zappe e picconi ma anche tanti macchinari all’avanguardia e, persino, i social network per promuovere la propria azienda: è così che, in Italia, si sta registrando uno storico “ritorno alla terra”, con oltre 56mila giovani under 35 alla guida di imprese nel settore.
Attività che, in gran parte dei casi, sono in grado di creare vantaggi occupazionali e di crescita professionale da non sottovalutare. Basti pensare che le moderne aziende agricole, guidate dai nuovi imprenditori, hanno, in media, un fatturato più elevato del 75% rispetto a quelle tradizionali. La Puglia, dal canto suo, continua ad essere tra i leader di questo mercato: sono 5.306 le imprese agricole giovanili presenti nel territorio. Un dato inferiore soltanto a quello di Sicilia (6.673) e Campania (6.255), due regioni che – assieme alla Puglia – sono storicamente tra le più attive e prolifiche nel settore.
“E’ necessario investire sull’agricoltura, un settore strategico per far diventare l’Europa più sostenibile con una politica agricola forte, semplice ed efficace e con risorse adeguate per consentire alle imprese di svolgere un ruolo essenziale nel presidio territoriale, nel contrasto alla crisi climatica e contro il dissesto idrogeologico in un percorso di grande supporto al Green Deal”, ha spiegato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
La crisi climatica, quella economica e le agromafie non scoraggiano, dunque, i contadini, che d’altra parte, scelgono di contrastare queste problematiche cercando di proporre una politica di svecchiamento delle proprie imprese. Oltre alla vendita diretta, infatti, sette aziende, con a capo uno o più under 35, su dieci svolgono compiti che passano dalla trasformazione aziendale alle fattorie didattiche, dagli agriasilo alle attività ricreative, senza tralasciare l’agricoltura sociale, settore che coinvolge disabili, detenuti e tossicodipendenti.
È questo oggi il mestiere del contadino, a cui si dedicano non più solamente persone senza una specifica formazione culturale, legate tradizionalmente alla campagna, ma anche studenti che puntano a modernizzare e digitalizzare, con la tecnologia del terzo millennio, la nobile e antica arte dell’agricoltore, senza mai tralasciare l’amore per la terra.