Sardegna, l’isola dal “cuore” di pietra

Dalla Tomba dei Giganti di Arzachena al museo Nivola di Orani, un viaggio tra le più significative e suggestive testimonianze legate all'antica civiltà del basalto

Un giro isolano, un giro sardo, deve necessariamente essere fatto a tappe. Ed eccone un’altra, dopo le precedenti. Un’isola, lo si è detto, dalle notevoli suggestioni. Toponimi e nomi, tradizioni, riti, costumi. È un’isola. Sono le voci antiche dell’isola che parlano. Te lo dici subito. Ed eccoci, dunque, col racconto del particolare tour per giornalisti ed operatori del turismo cui abbiamo recentemente partecipato.

La Sardegna “profonda”, che è nella pietra, ci è così sembrata accogliente, amica, squadernata davanti a noi in quella stessa pietra che parla, attraverso il tempo che si tradisce nella nostra visione, ma anche mediante le parole di chi ci è stato guida sapiente. Un press-tour affascinante, insomma, non foss’altro che per l’accurata selezione dei posti scelti. Il tutto a cura della Rete Mice Sardegna, sodalizio cui aderiscono ben 35 imprese del settore degli eventi, diretto da Nicola Pala, cofondatore del networking. Come si legge sul suo portale istituzionale, “la rete si propone di curare la promozione dei servizi delle imprese aderenti e di coordinarne l’offerta al fine di garantire le migliori opportunità per realizzare un evento in Sardegna”.

Vista di Arzachena

Noi chiaramente, abbiamo riservato un occhio particolare alla scoperta del luogo culturale, paesaggistico ed antropologico in sé, scorgendo bellezze talvolta anche fuori dal flusso turistico “naturale”: quello, appunto, volto alla massiccia fruizione delle ambite ed arcinote località marine. Ma è la pietra al centro della civiltà sarda, senza dubbio. Quella pietra presente nelle opere di Grazia Deledda (così come di tanti altri grandi narratori sardi) e che così fece scrivere a Giuseppe Dessì: “La Sardegna parla in una pietra silenziosa, si racconta in una identità fuori dal narcisismo”. Quella pietra riconosciuta come patrimonio di civiltà dall’Unesco.

Una pietra lavorata e reinterpretata, come nel caso del famoso scultore Pinuccio Sciola, da San Sperate (Sud Sardegna), scomparso nel 2016. Sua la sonorità della pietra, suo il canto. Un itinerario, quello seguito attraverso il nostro giro, che dalla pietra parte e che alla pietra torna: senza soluzione di continuità. Diversi i posti visti, come già detto. Questa volta parliamo di Arzachena e Orani, simbolo di quella Sardegna interna e profonda, anima ancestrale di un territorio. Una Sardegna davvero da desiderare, laddove si imprima al viaggio la necessaria dimensione di scoperta delle radici di un territorio.

Il nuraghe La Prisgiona ad Arzachena

La pietra, questa millenaria storia che viene da lontano, resta principio dunque irrinunciabile. Non si può conoscere questa terra senza la pietra. Non basta il mare, che pure viene dalle stesse storie geologiche e che la pietra basaltica conserva al suo interno, nel profondo delle sue viscere. Un basalto che talvolta fuoriesce sotto forma di incredibili e suggestive conformazioni rocciose. Il nostro viaggio “odierno” non può che partire da quell’Arzachena, in provincia di Sassari, nota anche perché vicinissima alle località turistiche più rinomate.

Eppure, ecco l’eco della pietra e della storia. Il piccolo centro vanta la presenza nel suo territorio della famosa Tomba dei Giganti: un grande sepolcro collettivo nuragico che non custodisce alcun “gigante”, ma è chiamato così per le sue dimensioni, appunto imponenti. Una tomba che svetta su un rialzo collinare abbastanza evidente, nella regione Li Muri. Qui si coglie il canto antico della pietra. Civiltà anche funeraria, l’uomo che costruisce il culto degli avi: con la pietra che è insieme mezzo e fine stesso di questa atavica ritualità.

La Tomba dei Giganti

Ben 27 metri la lunghezza di questa tomba “comunitaria”, risalente addirittura all’età del bronzo antico (1800 a.C.). I “giganti” non sono allora che gli avi. I lontani avi sardi. La storia di questa grande tomba ha visto più fasi di costruzioni attraverso le varie ere: una stratigrafia dei tempi spesso restituita da scavi che simbolicamente “narrano” le grandi fasi costruttive del sepolcro. Solo luoghi di culto in onore degli avi? Simboli di legame col territorio, in un certo senso a protezione dello stesso? Il dibattito tra gli storici è aperto, e, tuttavia, un criterio di scelta non esclude categoricamente l’altro.

Ad Arzachena anche il nuraghe La Prisgiona, a presidio di un antico villaggio dalle cento capanne. Da visitare l’intero complesso nuragico. Vi stupirà un pozzo, dal cui interno risalgono talvolta vari reperti in ceramica. Qui anche i resti dell’edificio per le riunioni della vecchia struttura insediativa: poteva contenere fino a poco più di una quindicina di persone, quelle più altolocate della zona. Il nuraghe, decisamente, “è” la civiltà di pietra della Sardegna più antica. Una civiltà su cui non ci si stanca di studiare e di “tornare”. Incamminandoci per lande deserte, indicibilmente belle, il nostro viaggio continua.

Vivi questa Sardegna interna e capisci il totale ed onnicomprensivo radicamento di una questione che qui si fa irrimediabilmente antropologica. Terra completa, dal fortissimo interesse archeologico (si pensi a Cabras, su cui abbiamo già scritto). E arrivi in un altro luogo in cui la pietra si fa sempre più collante identitario. Abbracciando l’arte. Sì, perché piena identità sarda è anche quella di Costantino Nivola (1911-1988), artista nato ad Orani (Nu), al centro di formidabili sperimentazioni, unite anche al mondo della grafica pubblicitaria. Una pietra da lui non certo elusa nel suo lungo lavoro.

Interno del museo Nivola

Ad Orani, nostra seconda tappa, minuto e fascinoso centro collinare che trovi nel bel mezzo della Barbagia storica, anche un museo a lui dedicato, luogo interessante anche a livello architettonico, costruito nell’antico lavatoio del paese restaurato a dovere. Terra di riti la Barbagia che si perdono nella notte dei tempi: si pensi a Mamoiada e al suo Museo delle Maschere apotropaiche. Meraviglia arcaica. Ma torniamo ad Orani, dove la pietra è espressione felice del territorio. Una pietra lavorata, vissuta, amata. Il tutto in un luogo che vale la visita ad un nuraghe. Perché la Sardegna profonda è anche qui. Nivola è stato un grande innovatore, in una città che ha dato i natali, tra gli altri, anche al grande scrittore Salvatore Niffoi.

Vista di Orani

Nel territorio di Orani il famoso Monte Gonare, sulla cui cima insiste il santuario della Madonna di Gonare, noto per essere anche la chiesa più alta della Sardegna. Da qui anche il nome Gonario o Gonaria, diffusi in Sardegna (specie in Barbagia). In queste zone anche l’importante nuraghe Nurdole. E qui s’interrompe il nostro giro attraverso le radici della civiltà sarda della pietra. Abbiamo raccontato le emozioni nate in zone diverse ed anche non vicine tra loro (più di 100 km di distanza) ma legate, a vario e diverso titolo, alla “questione” della pietra.

Insieme, dunque, come espressione di una storia in cammino. Che parte dalle ragioni di una terra. Ma altri luoghi sardi ci aspettano: la Gallura di Aggius e ancora la Barbagia della piccola Sarule, terre unite dalla storica tradizione del tessile sardo. Un artigianato non meno legato al territorio. Sardegna, Sardegna bella, di quella bellezza dotata di storie che vengono da lontano, storie di pietra e di pietre che attraversano, restando integre nella loro bellezza, la storia stessa. Sardegna, quanta bellezza in tuo nome.

In questa e nell’immagine in alto, opere del Museo Nivola di Orani