Una saga familiare nella camera di Cechov

E' l'ironia il raffinato file rouge che lega quattro piéce del grande drammaturgo, riunite in un unico spettacolo, a Bitonto, dalla Compagnia Urbana di Marco Grossi

Sul finire del 2019, la regista e attrice barese Licia Lanera ha fatto il suo trionfale ritorno in patria, portando in scena il Gabbiano, un’opera tanto famosa quanto complicata di Cechov, che ha ottenuto il favore del pubblico e della critica, nonostante i numerosi elementi di novità, simbolo di quel teatro sperimentale tanto caro alla stessa regista. In realtà, nonostante l’immensa fama dell’opera, in pochi conoscono davvero il suo grandissimo autore e sono consapevoli della difficoltà di portarne in scena i lavori, specialmente se meno noti.

A pochi chilometri dalla città di Bari, anche la compagnia bitontina del regista romano Marco Grossi, l’Associazione Compagnia Urbana, ha voluto omaggiare questo straordinario drammaturgo, allestendo lo spettacolo In camera con Cechov e modificando la rappresentazione scenica proposta al Traetta a luglio dello scorso anno. Stavolta il luogo prescelto è stato il Piccolo Teatro Urbano che ha potuto ospitare un pubblico di soli sessantatré spettatori.

L’obiettivo di Marco Grossi, infatti, è stato riprodurre il tipico spettacolo da camera, che ha molto seguito al nord, giocando sapientemente con il titolo. Questa tipologia di teatro non prevede un grande sipario o palco e neppure un pubblico numeroso, accorciando lo “spazio” tra attore e spettatore. Le emozioni, così, si fanno palpabili, le espressioni degli attori più evidenti e la voce più bassa e vicina, rendendo ancora più difficile la performance. Se un attore commette un errore, infatti, il pubblico se ne accorge con facilità; e, d’altra parte, se uno spettatore parla, l’attore lo sente e può distrarsi.

Ma questa non è l’unica novità. Oltre a L’orso e a Proposta di Matrimonio, sono state rappresentate altre due pièce del commediografo russo: Tragico Controvoglia e Il Tabacco fa Male. Le pièce sono state concepite come commedie autonome, ma Marco Grossi ha pensato bene di unirle in due atti, ricreando una vera e propria storia familiare, che inizia e finisce con un matrimonio, mostrando il continuo divenire della vita e il suo progressivo ripetersi a ritmi alterni. E non solo. Grossi, infatti, da profondo conoscitore di Cechov e da incallito innovatore, nonché sensibile artista, ha mostrato e colto il senso ultimo delle commedie dello scrittore, rivelando il veleno e la tragedia che si celano dietro le ironiche battute e i dialoghi così raffinati.

E se la personificazione dell’ironia e del personaggio tipicamente chapliniano è il diciottenne Emanuele Porzia, in grado di far ridere il pubblico perfino con le sue espressioni facciali e con gli indimenticabili tic del suo personaggio in Proposta di Matrimonio, rappresentante del lirismo tragico è Anna Jolanda Trovato. Questa giovanissima attrice ha saputo interpretare in maniera splendida Popova, una donna incredibilmente forte in gioventù – com’è evidente ne L’orso – che in vecchiaia diviene succube di un marito padrone.

Marco Grossi, al fine di descrivere la parabola di una famiglia e i momenti bui di un matrimonio che pareva perfetto, ha trasformato il monologo di Il Tabacco fa male da comico in tragico. Non c’è stato, infatti, un povero marito che si lamentava di una moglie che lo schiavizzava; ma una donna senza forze, priva di tutta l’energia che aveva in gioventù, che si lamenta del trattamento subito dal marito e racconta, ad un pubblico commosso, la sua storia e il suo dolore, annunciando la sua fine imminente, in conclusione al suo straordinario e inaspettato monologo.

Perfino il marito, in Tragico Controvoglia (uno spumeggiante Marco Grossi), ha avuto i suoi momenti di debolezza, pensando addirittura al suicidio con un colpo di pistola. Attimi tragici, che fanno da contrappunto alla comicità di uno spettacolo stratificato e variegato, in cui la vera forza è nell’innovazione e nella versatilità di attori capaci di vincere una sfida difficilissima. Efficace la scenografia di Irene Fiore che, nonostante lo spazio limitato, è riuscita a ricreare la stessa scena portata al Traetta, sui toni del bianco, riproducendo l’ambiente signorile che fa da sfondo alla rappresentazione.

Insomma, uno spettacolo studiato nei minimi dettagli, dove nulla è lasciato al caso. La stessa tipologia di personaggi, che prevede l’alternarsi del popolano e dell’aristocratico, vuole rendere un’ulteriore caratteristica del teatro di Cechov, che si rivolge a una fascia sociale a cavallo tra ceto basso e borghesia, ricreando quella differenza di classe, tipica della fine dell’Ottocento e inizi del Novecento e, se vogliamo, perfino di oggi; rivelando quanto un classico possa essere sempre moderno e attuale, specialmente se realizzato con una tale cura del dettaglio.

Una regia e una prova d’attore davvero notevoli, che fanno dell’Associazione Compagnia Urbana uno dei migliori ensemble del territorio barese. La pièce è stata portata in scena anche a San Vito dei Normanni e presto sarà rappresentata a Perugia, grazie ad una collaborazione con l’Artist Accademy, e di nuovo a Bitonto nel mese prossimo, insieme ad uno spettacolo tratto da un’opera di Pirandello. Molti sono i progetti anche nel ramo cinematografico. Insomma, con Marco Grossi e il suo gruppo di attori non ci si annoia mai.

Questa e le altre foto dello spettacolo sono di Arianna Nanocchio