Perdersi, in fondo, vuol dire ritrovarsi

L'originale performance "Home 2.O" di Chiara Zilli chiude "A Maglie Larghe", la rassegna di danza contemporanea organizzata da Rigenera di Palo del Colle

“L’aver accolto un debutto nella nostra rassegna è un aspetto fondamentale perché significa che sul territorio non c’è ancora un forte ascolto rispetto agli artisti che non riescono a mostrare il proprio lavoro”. Le parole sono quelle di Alessandra Gaeta, la rassegna di danza contemporanea da lei diretta è A Maglie Larghe e il debutto a cui si riferisce è quello di HOME 2.0.

Una performance di e con Chiara Zilli che ha chiuso, presso il Laboratorio Urbano Rigenera di Palo del Colle, la quarta edizione dell’iniziativa targata Factor Hill. Scelta non casuale, probabilmente, quella di chiudere con un’artista che ha dato alla luce il frutto della sua nuova ricerca. Un debutto, d’altra parte, è pur sempre un inizio: in questo caso, la partenza di un progetto coreografico alla sua prima messa in scena.

Nato, infatti, nell’ambito dei Cantieri Coreografici di Libero Corpo Pro, promosso dalla Compagna Menhir di Giulio De Leo e dal Teatro Pubblico Pugliese, il lavoro della Zilli era stato presentato in forma di studio nell’ambito della Prospettiva Nievskij 2018. Un titolo, HOME 2.0, particolarmente evocativo se si legge la partitura scenica come itinerario di un viaggio verso casa, un processo attraverso cui il corpo si perde per ritrovarsi, per rinascere. In scena, la Zilli appare, dunque, vestita di bianco, colore che simboleggia il principio di una nuova vita.

Indagando sul concetto di perdita, lo studio coreografico mira a mettere in scena un processo danzato che porta l’interprete all’incontro con l’altro. “Sono partita dalla presenza in scena di una persona e della sua musica per indagare le trasformazioni innescate in un corpo in gabbia dalla prossimità fisica ai fili musicali prodotti da un altro essere umano. Traducendo le armature corporee in pratiche di ricerca di movimento, mi sono resa conto che lo ‘stato di chiusura del corpo’ sui cui stavo indagando davvero era quello della perdita”, spiega Chiara.

Ad accompagnarla in scena vi è, infatti, Antonio Alemanno con il suo imponente contrabbasso. E’ attraverso le corde dello strumento che il musicista instaura un dialogo con la danzatrice. La presenza di un altro essere umano e la musica che egli è in grado di produrre innescano in scena un processo che conduce la performer a venir fuori dallo stato di perdita. Un viaggio che si ispira al dipinto Le Coq Rouge Dans la Nuit di Marc Chagall, in cui il gallo rosso rappresenta colui che annuncia la fine della notte e la nascita di un nuovo giorno.

Tale fase di passaggio è evidente nella coreografia di Chiara Zilli che, in una prima fase, ad occhi chiusi, compie movimenti leggeri, naturali in direzione del musicista che appare all’angolo opposto della scena. La distanza che li separa è il momento della perdita, distanza che si accorcia man mano che le corde dello strumento richiamano la danzatrice. La musica in questo progetto non è una semplice traccia sonora su cui eseguire una coreografia definita.

E’ insieme ad essa che la Zilli danza, quasi raggiungendola, metaforicamente, sfiorandola e dialogando con quelle note che in maniera così spontanea prendono vita al delicato tocco di Alemanno. Un incontro che diviene salvezza, portando il candido corpo danzante a ritrovare il proprio centro, simbolicamente ridefinito sul palcoscenico con un gesso dalla Zilli.

Ed è lì, all’interno di quel confine ridisegnato che la danzatrice si colloca nel finale, rannicchiandosi quasi come in posizione fetale. Una conclusione particolarmente simbolica per la rassegna A Maglie Larghe, che ha chiuso il sipario sull’evocativa immagine di una nascita e, dunque di un nuovo inizio.

Nelle immagini, alcuni momenti dello spettacolo (Foto: Arcangelo Valla)