Se il viaggio è conoscenza, abbandono di ogni stereotipo, e se l’approfondimento è sempre migliore, più stimolante e avvincente delle definizioni superficiali e dettate dalla paura, ancora una volta, le attività dell’Erasmusplus Youth on the Heritage Path, progetto internazionale che coinvolge sei paesi (Italia, Lituania, Portogallo, Romania, Spagna e Turchia), hanno avuto il loro (felice e positivo) senso per i ragazzi del liceo scientifico “Galileo Galilei” di Bitonto.
Abbiamo parlato già l’anno scorso del progetto: viaggi, l’altro da sé, l’apertura al confronto. Una nuova avventura, questa volta, in Turchia, paese che – considerate le drammatiche vicende di cui si è reso protagonista – ha causato una certa apprensione, specie tra le famiglie, quando si è pensato di inviare i nostri ragazzi. Diversi i giorni lontani da casa, l’aria di guerra con l’attacco ai curdi. Sdegnate reazioni internazionali (flebilmente sdegnate, per la verità).
Ma dopo aver programmato tutto alla perfezione, approfondita la conoscenza dei tragitti da compiere, i timori si sono diradati. Ed ecco che, nei giorni scorsi, una delegazione di otto studenti (Barbara Colamorea, Giuseppe Colapinto, Giovanni Cusumano, Letizia Elia, Giuseppe Mattia, Michele Pazienza, Margherita Tarantino e Giuseppe Uva) accompagnati dai docenti Clementina Chirico e Giuseppe Ungaro, è partita alla volta del paese della “mezza luna”, per trascorrere alcuni giorni a Istanbul e altri a Düzce, a circa 300 chilometri sia dall’antica Costantinopoli sia dalla capitale Ankara.
“La prima cosa che ci ha sorpresi –spiega Clementina Chirico- è stata l’enorme varietà che caratterizza il modi di vestire delle donne, diciamo pure agli antipodi: alcune indossano i classici abiti della tradizione musulmana, che le coprono ovunque, fino ai capelli, lasciando solo uno spiraglio per gli occhi. Ma la maggior parte veste all’occidentale, con gonne o minigonne o décolleté audaci. Sapevamo che la Turchia fosse un paese laico, ma non immaginavamo fino a questo punto!”
Il prof. Ungaro torna sulle difficoltà iniziali. “La decisione di partecipare a questa mobilità –attacca il docente di religione- è stata difficile a causa del conflitto in corso. Stiamo parlando di una vera aggressione militare ai danni del popolo curdo. I genitori erano giustamente preoccupati per i ragazzi. Anche la dirigente scolastica era allarmata. Oltre a monitorare quotidianamente il sito della Farnesina, Viaggiaresicuri, sono state inviate email alla sezione Erasmus+ Indire di Firenze e al consolato italiano di Istanbul. Le risposte rassicuranti ci hanno spinto a partire”.
L’indecisione sulla partenza era dettata, in realtà, anche da principi etici: era giusto andare in un paese il cui forte ed equipaggiato esercito stava massacrando civili inermi? I valori rappresentati da questo stato, mediante l’aggressione, sono all’altezza di un progetto, come l’Erasmus, legato all’Unione Europea ed alla sua storia, una realtà che si fonda sul valore della pace e della concordia tra i popoli?
“C’era, però, un altro principio da considerare, quello deontologico nei confronti degli altri quattro paesi che sentivano fortemente il dovere di portare a temine il progetto internazionale dell’Erasmus, che, altrimenti, dopo un anno di impegno quasi quotidiano da parte di tutte le sei scuole, sarebbe stato invalidato e revocato”, sottolinea Ungaro. Alla fine, dunque, la scelta di partire anche perchè, nel frattempo, la situazione si è un po’ tranquillizzata con l’entrata in vigore della tregua.
“Appena atterrati, ci siamo resi conto che la vita scorreva serenamente per turchi e turisti, ignari di quel che succedeva ai confini con la Siria –spiega Giuseppe Ungaro-. Giunti a Düzce, città sede della scuola partner del progetto, io e la collega abbiamo conversato con i nostri referenti su tanti argomenti – organizzazione e sistema scolastici, arte, fede, cultura, tradizioni, cibo – ma soprattutto sul genocidio armeno e l’aggressione turca dei curdi. La loro risposta è stata pressoché unanime: è una guerra di difesa contro i terroristi”.
Come circolano le notizie in Turchia? Quale la reale informazione dei cittadini, specie dei ragazzi? “Con grande dispiacere -è l’amara osservazione del prof. Ungaro- abbiamo appreso da alcuni ragazzi che internet è controllato e wikipedia è limitato e monitorato da sezioni speciali. Ma uno di loro ci ha chiesto anche quale fosse l’idea europea attorno alla Turchia e al suo popolo, una domanda che ha dimostrato coraggio e senso critico da parte di quel giovane”. Un incontro vero, insomma. Tra le culture ma anche tra le intelligenze e gli spiriti liberi che inevitabilmente entrano in relazione.
L’originale domanda posta dal ragazzo turco ha davvero stimolato i docenti bitontini: “Sì, perché ne sono subito scaturite altre sulla dimensione etica: se non sfocia in qualcosa di utile e costruttivo non rischia di diventare autoreferenziale, fine a sé stessa? Lì, di fronte a quel ragazzo sincero, il principio etico non è stato forse vissuto in modo fruttuoso perché raccolto anche da lui che adesso si sente meno isolato?”
Scambi fra tradizioni gastronomiche così diverse, difficoltà con la lingua, il clima, la straordinaria ospitalità: per i ragazzi, alla fine, si è trattato di una esperienza davvero ricca. Ciò che era nato come diffidenza, se non addirittura “paura”, è poi diventato cultura, conoscenza, confronto. Giuseppe Colapinto e Giuseppe Uva hanno trovato, nell’ospitalità ricevuta, qualcosa di “mai visto da nessun’altra parte e in nessun altro nostro viaggio”. Le ragazze si sono confrontate con le loro coetanee, soprattutto sullo stile di vita, in una nazione dove i condizionamenti della religione sono molto pesanti: “Ci è sembrato un paese moderno, libero, fatto di gente aperta, non necessariamente etichettabile in un’ottica politica. Abbiamo stretto tante interessanti amicizie con i nostri colleghi e ora non vediamo l’ora di ospitarli qui da noi”. Già, perché a marzo saranno i ragazzi turchi a giungere in Italia, a Bitonto. Sarà, come sempre, bellissimo e stimolante.