“Una smisurata preghiera, un modo per riconoscere che se Padre Nostro è nei cieli, Madre Nostra è in terra”. A rileggere con trasporto questa sintetica ed ispirata auto-definizione che il reporter e videomaker bitontino Lorenzo Scaraggi dà del suo ultimo lavoro – “Madre Nostra” appunto (qui il trailer), documentario sul potere della terra di redimere luoghi e persone, prodotto da Fondazione con il Sud e Apulia Film Commission – verrebbe quasi da pensare a Kapuściński, poeta del viaggio, mistico dell’inchiesta sociale, testimone profondamente partecipe, quasi evangelico, delle disgrazie di coloro a cui prestava voce, parole, immagini.
Sarà che il reporter polacco è stato recentemente “evocato” da Goffredo Fofi, come fosse uno spettro dimenticato, in un emozionante talk tenutosi nel seminario vescovile di Molfetta per il progetto “La frontiera” (ideato e realizzato anch’esso da giovani bitontini impegnati nel racconto sociale), dedicato al lavoro di quell’Alessandro Leogrande che tanto avrebbe apprezzato il documentario di Scaraggi, ma lo sguardo sembra coincidere, a tratti, intriso com’è della stessa profonda compartecipazione alle sorti dei suoi protagonisti.
Che sono, per dirla con il Vangelo e con Don Tonino Bello, “pietre scartate dai costruttori che fanno le sorti della storia”, la cui centralità è non a caso scolpita già nel nome stesso di una delle quattro realtà che Scaraggi visita nel corso del suo viaggio-documentario, la cooperativa sociale “Pietra di scarto” di Cerignola.
Ex tossicodipendenti, detenuti, persone in difficoltà che cercano nell’agricoltura sociale il loro riscatto, una seconda possibilità, una rinascita. Pietre di scarto che non aspettano altro che (ri)fiorire, grazie all’aiuto di costruttori che sappiano valorizzarne l’unicità, sostenerne la (ri)fondazione, come i soci e fondatori delle cooperative pugliesi che Lorenzo incontra e intervista.
Gente capace di “scavare e allineare tanta pietra”, laboriosa come “un popolo di formiche” – avrebbe detto Tommaso Fiore –, da Pietro Fragrasso e Giuseppe Mennuni (Pietra di scarto) che da quasi dieci anni producono olive e pomodori sui terreni espropriati alla mafia foggiana, a Fabrizio Guglielmi (Il Trullo Sociale di San Michele Salentino) che insegna che la coltivazione dello zafferano non è utile soltanto a riguadagnare biodiversità, ma soprattutto a generare attività sociali e lavoro; da Angelo Santoro (Semi di vita, a Bari), ex venditore di mobili passato dal fare 400 chilometri al giorno “per portare il pane a casa” a gestire 26 ettari di terreno confiscati alla criminalità organizzata fino a Mario Consales (Spazio Esse di Loseto, periferia di Bari), direttore di una comunità terapeutica in cui lavorare la terra diventa prima di tutto una liberazione dalla dipendenza da sostanze tossiche e tossiche abitudini.
Coltivatori di uomini, li chiama Scaraggi; lui, vendemmiatore di storie-elisir, argonauta instancabile che da anni macina chilometri al timone del suo amato Vostok100k, la bussola sempre puntata sulla bellezza che salverà il mondo. Quella degli uomini che resistono all’errore e all’inciampo, quella degli assolati campi di grano che fanno capolino durante i titoli di testa, mentre le musiche originali di Alberto Iovene e i colori brillanti, surreali, della campagna, fanno quasi pensare di essere capitati, per un istante, in una favola di Miyazaki, coi suoi mostri da sconfiggere e l’umanità da riconquistare.
Dev’essere stato questo messaggio universale, o meglio glocale, a colpire e convincere la giuria dell’Italian Film Festival di Cardiff, dove il mediometraggio del giornalista pugliese ha ottenuto il secondo posto nella sezione dedicata ai documentari per essere riuscito a trasmettere un “messaggio di positività e speranza sull’instancabile opera dei volontari che lavorano nelle terre confiscate alla mafia”.
Perché Madre Nostra è davvero la madre di tutti.