Il premio Nobel per la letteratura, José Saramago, ha avuto l’ardire di scrivere una poesia così bella da rendere pressoché “trascurabili” tutte le altre, seppure in una raccolta così ricca di capolavori, come Le poesie possibili: “Oggi non era giorno di parole / con mire di poesie o di discorsi / né c’era strada che fosse nostra. / A definirci bastava solo un atto, / e visto che a parole non mi salvo, / parla per me, silenzio, ch’io non posso”.
In questi versi, brevi ma intensi, il poeta afferma che ogni parola sarebbe insufficiente ad esprimere la felicità del momento in cui si è soli con la persona che si ama: perciò, si dichiara sconfitto e si affida al silenzio. Non si tratta, in verità, di una soluzione proprio originale, ma di un vero e proprio topos letterario: il poeta, scusandosi con il lettore per non riuscire a dare voce alle sue emozioni, lascia che questo possa immaginare il non detto. Secondo Hans Magnus Enzensberger – scrittore, poeta, traduttore ed editore – un bravo poeta, in realtà, dovrebbe saper anche “tacere in modo eloquente”.
Ma non si è visto, spesso, qualcuno che abbia dedicato un’intera raccolta poetica al silenzio e che tenti, soprattutto, di spiegare cosa sia e quanta importanza possa avere, specialmente oggi, nella corsa quotidiana e nell’assordante rumore di giorni così frenetici.
Artefice di questo originale tentativo è una persona che le parole le conosce bene. Le ha analizzate e sviscerate, con l’intento di comprenderle profondamente. Una forma mentis, questa, tipica del giornalista, abituato a scegliere accuratamente il suo lessico e usare quello stesso “occhio clinico” per analizzare a fondo gli eventi, scrutando la verità che si cela dietro le quinte. E Valentino Losito è innanzitutto un giornalista.
Non si parla, in questo frangente, della sua carriera di professionista, che gli ha consentito di lavorare venticinque anni alla Gazzetta del Mezzogiorno, dove è stato dapprima caposervizio di politica interna e dopo vice caporedattore centrale. E non si allude neppure al fatto che sia attualmente consigliere nazionale dell’ordine, dopo esserne stato presidente pugliese. Non sono i titoli a fare il giornalista, ma il modo di guardare la realtà e di renderla fruibile a tutti, adoperando un linguaggio pertinente ed efficace.
Losito ha un modo di procedere e di guardare la vita, di soppesare le parole e di fare poesia, dunque, da giornalista. E questo è fondamentale nell’analisi della sua silloge Sia fatta la volontà del silenzio (Secop Edizioni; illustrazioni di Giuseppe Fioriello), presentata con la voce di Franco Martini al torrione di Bitonto, dalla professoressa Lizia De Leo e da Mario Sicolo, direttore del Da Bitonto. Dare voce al silenzio e parlare di silenzio è talmente inusuale e singolare che solo chi è abituato a riflettere sulla realtà più stringente delle cose può riuscirvi.
Un giornalista per l’appunto, Losito; al suo secondo libro, considerato che ha già pubblicato nel 2017, con la stessa casa editrice, una fortunata raccolta di brevi storie sulla bellezza del tempo che fu e sulle dolci vacanze degli anni ’60 e ’70, trascorse nella ridente marina di Santo Spirito. E la chiamano estate – quando andavamo in villeggiatura, il titolo: uno sguardo malioso al passato, quale fonte inesauribile di insegnamenti, che torna in questa antologia di versi, divisa in otto sezioni e contenente una settantina di liriche.

Il silenzio è spesso una condizione notturna, che si accompagna alla penombra delle prime luci dell’alba, quando la casa è addormentata e la città è muta. E’ di notte che hanno appunto origine i versi di Losito, al ritorno dal pesante lavoro di redazione. Lo possiamo immaginare il nostro giornalista-poeta, seduto alla scrivania nel cono di luce della lampada, intento ad assaporare la quiete dell’ora profonda. E’ proprio quando fuori tutto tace che si può “ascoltare” lo scandaglio della propria interiorità: questo fa Valentino, pronto ad accogliere il silenzio, quale alleato, per ritrovare la pace in questo bisbiglio di attesa.
E nulla può raccontare il silenzio più efficacemente di una poesia, con il suo ritmo lento o rapido che sia, le sue pause meditate, i suoi picchi improvvisi o le “rovinose” cadute negli oceani tempestosi dell’anima. E il passato si preannuncia, con i suoi dolci silenzi e i giorni felici, patria di un silenzio spirituale ormai perduto: “Avevamo / il passo leggero / degli adolescenti felici / quando i giorni / erano / campi di luce. / Oggi abitiamo / i chiaroscuri / Ascoltiamo la vita / sillabare silenzi / dalle feritoie / delle diroccate ore. / Ci accudisce / la tenera notte / per sbarcarci / sottovoce / sulle periferie dell’alba.
“Ora c’è la necessità del silenzio” sembra proclamare a gran voce nelle sue poesie, perché si sta davvero poco con sé stessi e ancora meno con gli altri. Occorre ritrovare l’umanità, “l’ultima zattera / in questa tempesta”. Il poeta ci dice di ascoltare, “non ci travolga l’abisso / non sia il nulla l’ultima nostra parola. / Siamo arca, siamo mare, siamo cielo / siamo la terra promessa a ogni uomo”. Il silenzio diviene occasione per riscoprirsi umani, in un mondo di disumano orrore.
Al padre l’ultimo ringraziamento per il cuore da fanciullo e perfino per “l’umanità / scovata / in ogni anfratto di vita”; perché gli ha insegnato, forse, meglio di chiunque altro, quale sia davvero il senso ultimo del silenzio e perché sia necessario. Valentino Losito, da vero giornalista, ha voluto regalare a tutti la sua grande scoperta, così che ognuno possa giungere in quel “luogo a distanza / di purezza, dove il tempo / ritrova il tempo / e il silenzio / si inabissa di pace. E la luce bussa / alla porta del mattino / e lo trova disteso / sugli affanni degli uomini, / sul respiro di ogni madre / sulla bellezza di ogni mistero”.
Nella foto in alto, la foto di Giuseppe Fioriello, scelta per la copertina di “Sia fatta la volontà del silenzio”