Restare umani vuol dire opporsi alla politica dei muri

Con l'intervento del fondatore e presidente, Giuseppe Florio, la sezione bitontina di Progetto Continenti partecipa alle celebrazioni per i trent'anni dell'associazione

Sedetevi un attimo, chiudete gli occhi e provate a riportare le lancette del tempo indietro di trent’anni. Era il 1989. Giulio Andreotti si avvicendava a Ciriaco De Mita, come presidente del consiglio, e a capo della repubblica era inseditato Francesco Cossiga. In radio spopolavano Madonna, Tina Turner, i Depeche Mode, Raf e Zucchero.

Che l’abbiate vissuto o che non foste ancora nati; che sia stato un anno di svolta nella vostra vita personale oppure uno grigio, uguale a tanti altri; che vi sembri siano passati tre giorni anziché tre decenni oppure che lo avvertiate come un tempo remoto, è innegabile che il 1989 abbia stravolto l’assetto del mondo: trent’anni fa, infatti, cadeva il muro di Berlino e, con esso, sembrava concludersi una stagione di divisioni e conflitti.

Ironia della sorte, nello stesso periodo si costituiva – e questo è un primato tutto italiano – la Lega Nord, il movimento politico che nella sua “gloriosa” storia tanto ha contribuito in maniera diretta e indiretta all’erezione di nuovi muri (stavolta mentali), primo dei quali, in ordine cronologico, quello che oppone il nord “ricco e laborioso” al sud “fannullone”.

Tra questi due estremi, è possibile collocare nel 1989 un ulteriore avvenimento: la nascita dell’associazione Progetto Continenti. Organizzazione non governativa di ispirazione cristiana, opera nei campi della solidarietà e della cooperazione internazionale ed è presente in diversi paesi in via di sviluppo (principalmente in Centro America, Sud-est Asiatico e Corno d’Africa) dove, in collaborazione con le realtà locali, ha implementato oltre 160 progetti rivolti a bambini, giovani e donne in condizioni di essoluta povertà e fragilità socio-politica.

Per fare un bilancio dei primi trent’anni di attività, oltre che per discutere dei principali cambiamenti avvenuti nel mondo proprio in questi anni, la sezione bitontina di Progetto Continenti ha organizzato una tavola rotonda, col coordinamento di Marco Tribuzio, presso il Traetta, dal titolo Popoli senza frontiere: #restiamo umani. Il confronto – a cui è seguito un bel momento musicale animato dai Time 2Quartet e dagli Otherwise live duo – ha avuto come principali interlocutori Giuseppe Florio, fondatore, presidente dell’associazione e biblista, e don Matteo Moretti, docente universitario di Diritto del commercio internazionale ed Etica economica, ma anche teologo e sacerdote dell’arcidiocesi ecuadoriana di Portoviejo.

Definiti ultras della solidarietà, i due relatori hanno dibattuto principalmente sulla crisi della democrazia e sull’avanzata in Europa e nel mondo dei populismi, talmente efficaci nel cavalcare l’onda della rabbia, inculcando violenza e paura del diverso, da rendere necessaria l’organizzazione di una sorta di contropropaganda che ci ricordi costantemente la necessità di rimanere umani. Ma cosa vuol dire esattamente? “Restare umani non è un senso di pietà generico -spiega Giuseppe Florio, con parole che sono pietre- e non è neanche indignarsi ed essere in disaccordo, perché, uno, soprattutto se cristiano, lo sa già che deve schierarsi dalla parte delle vittime. Essere umani vuol dire agire e riportare al centro l’uomo; e per farlo bisogna cominciare a parlare di superamento delle logiche neoliberiste, di lavoro e di redistribuzione della ricchezza”.

Otherwise live duo

Restare umani vuol dire non farsi soggiogare dalla logica della frontiera che regola attualmente le relazioni internazionali -prosegue don Matteo Moretti o, meglio, Matteo come preferisce essere chiamato. “Essa porta antagonismo e paura reciproca. Al contrario, dobbiamo recuperare il concetto di confine che, a differenza di quello che si potrebbe pensare, ha un significato bellissimo perché presuppone sì la delimitazione degli stati, ma contiene nella sua etimologia anche un senso di comunità dato dal cum che presuppone rapporti di buon vicinato e creazione di un diritto internazionale che faccia gli interessi di tutti”, ha spiegato.

Tanti i punti toccati nel corso delle quasi due ore dell’incontro: globalizzazione, crisi di rappresentanza politica, fake news, diritti e doveri dei cittadini in democrazia e, soprattutto, il ruolo della chiesa nel mondo odierno: una chiesa che, in linea con il pensiero di papa Francesco, opera in accordo con il vangelo e dalla parte dei più deboli.

Da sin. Marco Tribuzio, Giuseppe Florio e don Matteo Moretti

La forza dei populismi sta nel portare avanti continuamente una critica tanto violenta quanto superficiale nei confronti di non ben precisate élite –conclude Matteo- e invece noi dobbiamo fare autocritica, perché solo così si cresce. Il problema, infatti, non sono solo i Salvini del mondo ma anche i cristiani che li votano. E noi, come chiesa, abbiamo il dovere di chiederci cosa stiamo sbagliando. Ma questo vale per chiunque e in qualunque campo”.

Fare autocritica, dunque, per mettere a nudo i nostri difetti e per riconoscersi, nella propria infinita fallibilità, umani come le decine di centinaia di migliaia di altri esseri umani che popolano questo nostro pianeta, al di là dei muri, dei limiti e delle barricate. Che tanto, prima o poi, sono destinati a cadere.

Nella foto in alto, l’incontro al teatro Traetta di Bitonto