La vita come una dolce sinfonia dedicata agli altri

Lascia un vuoto incolmabile nella comunità bitontina la prematura scomparsa di Carmela Panebianco, docente di musica e artista di straordinaria sensibilità

“Non vedo l’ora di tornare a scuola!” ripeteva Carmela con gli occhi lucidi di nostalgia e pieni di futuro, lo stesso che inseguiva anche nell’ora più triste e buia della malattia. “Ti aspettiamo con gioia” rispondevamo speranzosi noi colleghi, confidando che nulla potesse portarla via e strapparla come il più delicato e candido fiore.

È difficile sforzarsi di capire. È come bere in fretta qualcosa di sbagliato e sentire ardere in gola un invisibile dolore.

Stabat mater dolorosa
iuxta crucem lacrimosa,
dum pendebat filius.

Stava la Madre, addolorata
ai piedi della croce,
dalla quale pendeva il Figlio.

Quando Carmela insegnava ai suoi alunni a cantare questo testo con vigore e passione, ogni muscolo del suo volto traduceva una lingua difficile da apprendere, quella della solitudine di una madre dinanzi al corpo del proprio figlio. La stessa scena che abbiamo visto in chiesa il giorno del suo funerale, affranti e sgomenti e divorati da una malinconia, che lì non faceva rumore ma gelava il corpo fra le lacrime.

La musica era un aggettivo in più, un nome stipato nel cuore, l’accenno del bisogno di trovare una definizione al suo esistere. Era la sua stessa natura immersa in una sorta di divino stupore, più tersa di un’alba tanto agognata.

Carmela viveva per la musica. Se suonava o cantava le arie da soprano, se dirigeva un coro, acquistava una determinazione, una bellezza sopraffina, un entusiasmo che contagiava chi la ascoltava o le stava al fianco ammirandola.

Il per sempre, a volte, può avere lo stesso fiato corto di due nubi gonfie di pioggia o far fumare l’aria nello scalpiccio di stemperati desideri. Il rischio più grande? Restare accoccolati dentro un ricordo per sciogliere la paura e avere un nuovo senso della cura e della protezione.

Non si è mai pronti a lasciar andare e si resta trasognati pensando che ora appartiene a un altro mondo mentre ruvida appare la fragilità della nostra stessa vita.

Ti lascio, ahimè, con lacrime,

dolce mia terra! Addio.

Ahimè, non avrà termine

sì gran dolore! Addio.

Faceva vibrare l’anima la sua voce limpida e forte al contempo suscitando grandi emozioni. Si accorcerà l’ora della desolazione? Urlerà dal profondo la sua impotenza? La tenerezza della Vergine e la protezione degli angeli. Un suono celestiale a mietere ancora speranza.

Prima di sgomitare, dobbiamo imparare a rispondere. Prima di risollevarci, dobbiamo saperci tuffare nelle perplessità derivanti dalla morte.

La Vergine degli Angeli
vi copra del suo manto,
e voi protegga vigile
di Dio l’Angelo santo.

Carmela era un’amica speciale, zampillante di generosità aiutando chiunque ne avesse bisogno perché la verità del dono se la portava dentro in modo semplice e immediato. Costruire la realtà per lei significava scavarne le radici e scoprire qualcosa di prezioso che superasse la banalità dei giorni con meticolosa attenzione all’altro.

Le persone belle restano, non vanno mai via davvero. Si trasformano nel segno della mancanza e lampeggiano brillando quando tutto può sembrare più difficile e vuoto.

Siamo fatti di un tempo sottile che dobbiamo restituire ma l’antidoto è la pienezza di cui ci riempiamo fra schermaglie di silenzio. La sua impronta resterà indelebile presso l’Istituto “C. Sylos” dove insegnava da anni e continueremo a parlare di lei con orgoglio perché si è sempre legati al mistero delle stelle e si ha necessità di semi da ripiantare.

Al riparo dal gelo, in una nuova intimità con Dio, guarderemo lo scorrere delle nuvole, certi che da qualche parte ci starà guardando, sorridendo e scrivendo nuove note che ci insegnino a credere e a non mollare.