Rieccoci in viaggio. Puglia e Calabria, specie l’alto Cosentino, non sono poi così lontane. Decidi così di incamminarti prima verso Rocca Imperiale, fascinoso avamposto svevo tra Lucania e Calabria ma vicina anche all’area tarantina, poi verso la già più interna Papasidero, Pollino pieno. Ecco quindi Scalea, marina aria tirrenica, per poi chiudere l’itinerario a Maratea, potentino ultimo, straordinario paesaggio marino anch’esso del Tirreno.
Splendore, a Maratea, una magica striscia di territorio che consente alla Lucania di affacciarsi sul suo secondo mare oltre allo Jonio e, poi, di arginare l’incontro tra Calabria e Campania, regioni che grazie a questa zona non si toccano. Dalle alture di Maratea vedi Praia a Mare, appunto cosentina: a destra c’è il celebre Redentore e sullo sfondo il Cilento con Sapri. Fantastico. Papasidero è Calabria profonda, un mondo dorato, quasi completamente avulso dallo scorrere incessante della modernità. Qui scorre solo il fiume Lao, da sempre: autentico collettore comunitario.
Sì, perché basta anche solo osservare la composizione paesaggistica del minuto centro cosentino per carpirne la chiarissima identità di nucleo, sorto attorno ad una parte consistente del bacino idrografico del corso d’acqua stesso. Se il borgo nasce, infatti, dolcemente e sinuosamente appoggiato su un piccolo crinale, con sotto proprio il Lao e la sua avifauna a svegliare ritmicamente i (pochi) cittadini, d’intorno ecco un territorio vastissimo, tra i più grandi dell’intera regione. Frazioni, contrade, aree naturali. Un borgo fluviale.
E così qui cogli al volo l’opportunità del rafting, momento assolutamente riconciliante con le bellezze della natura, del bosco, delle luci del cielo. Insomma, per chi vuole, del «creato». Un’avventura dello spirito, diremmo senza esagerare. Le gole del Lao, che da Papasidero scende poi verso Scalea, ti attanagliano positivamente, ti stringono in un abbraccio osmotico con l’aria che t’avvolge. E poi le cascate, improvvise. I tributari, gli affluenti: ecco che il Lao prende acqua, sembra respirare anch’esso. E respira, respira il visitatore-ammiratore. Quelle cascatelle ti chiamano. Getti estasiato i remi, scendi dal gommone e ti lasci bagnare famelico d’assaporare quel vitale contatto.
Ma a Papasidero c’è anche la grotta del Romito. Qui già dal paleolitico l’uomo rappresentava le immagini che vedeva, creava i prodromi dell’arte, effettuava forse riti propiziatori figurando ciò che gli appariva. Con Altamira e Lascaux, Papasidero entra a pieno titolo nella storia degli avi umani più intuitivi ed espressivi. Un antico bovide è infatti acutamente rappresentato, con fine indagine anche anatomica. Un sito archeologico utilissimo anche per le tipologie di sepoltura e per la conoscenza che offre sugli usi del Sapiens. Da segnalare, a Papasidero, anche cappelle con significativi affreschi cinquecenteschi, i resti della rocca e poi un vetusto santuario, collocato proprio sul fiume, cui accedi dopo un medievale e bel ponte. Silenzio e suggestione.
Scalea ti aspetta poi per godere della vista del Tirreno. La sua torre domina e controlla a vista. Prima di Scalea merita una visita anche la piccola Santa Domenica Talao, con bei palazzi storici e un loggiato delizioso. Di Maratea abbiamo già detto. Concludi un viaggio che ti ha davvero arricchito. Rotte che consigliamo. Dimenticando magari l’auto per un po’, vi si aprirà un mondo. E poi i fiumi erano proprio le strade degli antichi. Papasidero è un paese che si manifesta ancora per quel che era, per le ragioni per cui è nato: un microcosmo sacro, sintesi mirabile d’intreccio tra i più vari bisogni dell’umano e le risorse, sempre più da tutelare, di una natura che come madre dobbiamo doverosamente amare. Un paese che rimane collocabile stabilmente e chiaramente in un paesaggio è un paese che si rispetta già nella sua etimologia. Ai tempi odierni è tantissimo.
Nell’immagine in alto, il borgo di Papasidero