Dalla tavola al cinema, l’anguilla in grande spolvero

Regina delle valli di Comacchio, è la protagonista di una sagra che, in vent'anni, è divenuta un evento enogastronomico tra i più importanti

L’anguilla, questo pesce semi anfibio che nuota, striscia e migra epicamente su lunghissime distanze, mosso da potente istinto di conservazione e riproduzione; animale poco letterario, eppure nobilitato da Eugenio Montale al punto da farne emblema della donna e della stessa poesia, forza creatrice per eccellenza:

l’anguilla, torcia, frusta,
freccia d’Amore in terra
che solo i nostri botri o i disseccati
ruscelli pirenaici riconducono
a paradisi di fecondazione.

Le Valli di Comacchio (Foto: Luca Bufano)

L’anguilla, regina delle valli di Comacchio, che per secoli ne ha determinato la cultura alimentare fornendo preziose proteine ai suoi abitanti, ma anche i più pregevoli piatti alla tavola dei nobili di Ferrara, è oggi protagonista di una sagra che, a vent’anni dalla prima edizione, è divenuta un evento enogastronomico tra i più importanti d’Italia. Si svolge a Comacchio nella prima metà del mese di ottobre, e l’intera comunità cittadina vi partecipa attivamente, esibendo le proprie risorse a un numero ogni anno crescente di visitatori, appassionati dei sapori autentici. L’evento fa da corollario alla valorizzazione di un territorio, all’affascinante recupero di una tradizione culinaria e di un patrimonio storico promosso in sinergia da una varietà di soggetti tra cui il Parco del Delta del Po, la Regione Emilia-Romagna e la Fondazione Slow Food per la Biodiversità che qui ha costituito il presidio “Anguilla marinata tradizionale delle valli di Comacchio”.

La Sala dei fuochi oggi (Foto: Luca Bufano)

Data la brevità della stagione di pesca, da tempo immemorabile le anguille venivano marinate per la conservazione secondo un procedimento codificato nel XVII secolo: dopo essere state cotte allo spiedo e fatte raffreddare, erano riposte in recipienti di legno insieme alla salamoia, preparata con aceto di vino bianco proveniente principalmente dalla Puglia, sale marino di Cervia, acqua e alloro. Fabbriche per la marinatura delle anguille sono state presenti per secoli in tutto il Delta del Po, e la cittadina di Comacchio, in passato composta di tante piccole isole collegate da ponti e separate dal mare da una striscia di terra verde, è sempre stata il centro di questa lavorazione.

Nei primi anni del Novecento l’Azienda Valli Comunali vi realizzò la Manifattura dei Marinati, un vasto complesso produttivo dove venivano portate tutte le anguille pescate nelle valli, per essere selezionate per la vendita al consumo fresco o per la trasformazione. Il cuore della manifattura era costituito dalla cosiddetta sala dei fuochi, caratterizzata dalla presenza di dodici grandi camini disposti uno a fianco all’altro sul lato orientale, dove avvenivano le quattro principali fasi di lavorazione: il taglio, la preparazione degli spiedi, la cottura e il confezionamento.

Il tipico “lavoriero” per la cattura delle anguille

La cottura costituiva il momento più importante di tutto il processo, e l’arte di governare il fuoco e lo spiedo determinava il successo dell’intera lavorazione: ciò che permetteva all’anguilla di mantenere inalterate le proprie caratteristiche organolettiche per il resto dell’anno. Questo compito veniva svolto esclusivamente dalle donne di Comacchio.

Alla fine degli anni cinquanta la maniera di cucinare le anguille mutò notevolmente, e anche la sala dei fuochi perse la sua funzione, sostituita dall’introduzione del forno elettrico. La neonata società dei consumi portò benessere diffuso, ma anche distruzione: lo sfruttamento intensivo dei bacini d’acqua dolce di Comacchio, l’eccessivo sforzo di pesca, la creazione di allevamenti per aumentare la produzione distribuendola su tutto l’arco dell’anno minacciavano di sconvolgere il delicato ecosistema delle valli, mettendo a rischio la sua sopravvivenza e quella di una pregevole specie ittica, portando all’estinzione di un sapore antico.

Sophia Loren in una scena del film “La donna del fiume” (a sin.) e Mario Soldati nel 1957 durante le riprese del suo “Viaggio nella valle del Po”

Il recupero dell’antica manifattura è iniziato nel 2000, con la ristrutturazione dell’edificio e la ricostruzione della filiera tradizionale della marinatura. Dal 2005, con la creazione del Presidio Slow Food, la sala dei fuochi è tornata al suo aspetto e alla sua funzione originari. Oggi la Manifattura dei Marinati è sede del Museo dell’Anguilla, utilissimo per capire il tradizionale ciclo di lavorazione delle anguille selvatiche, e laboratorio di marinatura da ottobre a dicembre, quando le anguille adulte sentono l’istinto di emigrare verso il mare per riprodursi e vengono catturate con il tradizionale sistema dei “lavorieri”.

Ma se tale recupero è stato possibile lo si deve anche alla presenza di una memoria del luogo, fissata su pellicola da un grande cultore dell’enogastronomia italiana, scomparso vent’anni fa: perché questo è stato Mario Soldati, oltre che un importante scrittore e regista, al punto che sarebbe giusto definirlo profeta del movimento Slow Food. Il suo memorabile documentario Viaggio nella valle del Po alla ricerca dei cibi genuini, trasmesso dalla neonata Rai in dodici puntate tra il 1957 e il 1958, non solò creò la figura del giornalista enogastronomico televisivo, ma ebbe un ruolo importante nel sensibilizzare la popolazione verso la tutela di un patrimonio di tradizioni culinarie, minacciato dall’incombente boom economico.

Il manifesto della sagra dell’anguilla di Comacchio (a sin.) e il manifesto del film di Mario Soldati (1954)

Con il suo inseparabile toscano, le spesse lenti e il mantello da “ghiottone errante” (per citare il titolo del libro di Paolo Monelli che lo ispirò nel suo viaggio), Soldati mostrò agli italiani che stavano scoprendo il benessere e l’opulenza a tavola le piccole realtà locali, i prodotti frutto di tradizioni secolari che rischiavano di scomparire, e avvolgendo quelle realtà in un’aura di nostalgia le immortalò consegnandole alla memoria collettiva. Il viaggio di Soldati si concludeva necessariamente nelle Valli di Comacchio, tra i canali del delta del Po, dove quattro anni prima lui stesso aveva girato il film La donna del fiume. Nonostante la partecipazione di Ennio Flaiano e Alberto Moravia come ideatori del soggetto, di Giorgio Bassani e Pier Paolo Pasolini alla sceneggiatura, del ferrarese Florestano Vancini (già autore di due documentari sulla vita nel Delta del Po) come aiuto regista, e di una splendida Sophia Loren al suo debutto come attrice in un ruolo drammatico, il film non è tra i migliori di Soldati.

Ma la scena iniziale girata nella sala dei fuochi, con Sophia Loren che si muove tra gli spiedi di anguille come Silvana Mangano nelle risaie di Vercelli in Riso Amaro, è memorabile. Poterla rivedere nella stessa location, con il fuoco di nuovo acceso nei camini, è una delle forti emozioni che la Sagra dell’Anguilla di Comacchio e la Manifattura dei Marinati regalano al visitatore.

Nell’immagine in alto, I tre ponti di Comacchio (Foto: Luca Bufano)