Vi ricordate le religioni politeiste, con tutte le loro divinità ed entità soprannaturali? A partire dalla rivoluzione industriale, si può affermare che l’uomo, travolto dalle vicende della modernità, abbia incluso nel suo panorama cosmico una nuova dea: la tecnologia. Che, in realtà, era già presente sin da quando i nostri progenitori hanno sentito il bisogno di inventare nuovi sistemi per le più svariate esigenze di vita: dall’utilizzo del fuoco alle armi per difendersi ai primi mezzi di tarsporto. La tecnologia ha accompagnato ogni momento della storia con i suoi vantaggi e i suoi rischi.
Le macchine hanno velocizzato i tempi di produzione e hanno snellito la manodopera ma di certo l’operaio è stato vittima delle più terribili forme di alienazione, costretto a ripetere come un animale in cattività gesti meccanici e creare profitto. Le scoperte tecnologiche hanno prodotto anche danni non irrilevanti per l’umanità: nessuno dimenticherà che dalla scoperta dell’uranio, due città del Giappone, come Hiroshima e Nagasaki, sono state rase al suolo, al termine del secondo conflitto mondiale. La dea tecnologia continua ancora oggi a produrre notevoli innovazioni che generano reazioni di stupore ma allo stesso tempo preoccupazione.
Un caso di non poco conto, come quello della scoperta delle intelligenze artificiali, è stato l’argomento di una conferenza al Dipartimento di informatica dell’universita’ di Bari. Il moderatore, Francesco Paolo De Ceglia, direttore del Centro interuniversitario di ricerca, ha aperto la discussione, rifacendosi a una delle opere più importanti di Sigmund Freud, Appunti sul movimento psicoanalitico, nella quale sono presentate le tre rivoluzioni contro l’autocompiacimento dell’uomo: la rivoluzione copernicana, quella darwiniana e, infine, quella psicoanalitica operata proprio da Freud.
Poi però, come ha ribadito De Ceglia, si è fatta strada una nuova rivoluzione guidata da Alan Turing, nella prima metà del XX secolo: secondo l’idea di Turing l’uomo commette un errore nel considerarsi l’unico essere pensante. Nasceva così l’era dei primi computer, sofisticati apparati tecnologici, in grado di svolgere alcune funzioni del pensiero umano. Le macchine oggi sono in grado di imparare quasi più dell’uomo: è per questo che si parla di intelligenze artificiali, di strumenti in grado, tramite algoritmi, di agevolare l’essere umano nei più svariati campi, in particolar modo in quello della medicina. Ma quali sono i rischi, di chi sono le responsabilità di eventuali danni?
A tal proposito si sono susseguiti una serie di interventi come quello del prof. Antonio Felice Uricchio, componente del consiglio direttivo ANVUR, il quale ha anticipato i problemi giuridici di tali scoperte tecnologiche, affrontati analiticamente dal prof. Ugo Ruffolo dell’università di Bologna. Questi ha introdotto il concetto di “tecnologia giuridica”, come forma di intelligenza artificiale che vive in maniera sistematica. “La vera novità dell’intelligenza artificiale -ha sostenuto Ruffolo- è la capacità di imparare, il self learning: impara dai dati e dall’esperienza e modifica il proprio comportamento evolvendosi”.
In questo processo risiederebbe però un problema etico. La tecnologia è in continua evoluzione ed è sempre molto difficile disciplinare alcuni processi prima che ne vengano inventati altri. La scienza giuridica potrebbe sicuramente essere razionalizzabile da una macchina. In merito alle responsabilità di eventuali danni l’Unione Europea mostra ancora parecchie divergenze: si tratta di danni causati da fattori naturali o artificiali? Sempre secondo l’osservazione di Ruffolo, a partire dal 2020, sarà ampliato il numero dei device medicali per il monitoraggio e la cura dei pazienti. Il cattivo addestramento della macchina genera la responsabilità dell’ente. Rimangono però aperte diverse questioni secondo Ruffolo: “Come incorporare in un codice macchina, un codice etico? E’ semplice responsabilità da progettazione? E’ responsabilità solo contrattuale verso il committente?”
Se nella prima parte si è riflettuto sugli aspetti giuridici, la seconda dell’incontro ha riguardato per lo più i risvolti prettamente economici, medici e farmaceutici. Di notevole spicco l’intervento di Loreto Gesualdo, presidente della Scuola di medicina dell’università di Bari: “L intelligenza artificiale permetterà di recuperare il rapporto medico-paziente. Viviamo nell’epoca della medicina di precisione. Una più corretta analisi fornita dagli algoritmi delle intelligenze artificiali, permetterà al medico di fare maggiore chiarezza sui sintomi del paziente”. Per ciò che riguarda i vantaggi economici è intervenuto Sergio Fontana, presidente di Confindustria Bari-Bat: “Nel territorio diverse realtà si occupano di intelligenza artificiale: essa diventa un’opportunità per le aziende e l’industria farmaceutica, la quale sarà in grado di somministrare meglio i propri prodotti”.
Per chiudere il dibattito è intervenuto Giovanni Migliore, direttore generale dell’Azienda ospedaliera universitaria consorziale del Policlinico di Bari, per il quale ha illustrato il progetto ambizioso di una evoluzione in “smart-hospital”, prseguendo sulla strada già intrapresa grazie all’introduzione di sofisticate apparecchiature per il controllo medico.
Viviamo nell’epoca del transumanesimo, in cui l’uomo vuole migliorare se stesso tramite le macchine. Ma quanto può essere vantaggioso potenziare un uomo piuttosto che un altro oppure immettere la conoscenza di un uomo in un computer? Mentre la tecnologia va avanti l’essere umano si pone enormi interrogativi. Ma nel bene e nel male nulla potrà fermare il progresso tecnologico.