Qualche anno fa, esasperato dalle richieste assurde di un’agenzia pubblicitaria per cui stavamo lavorando, il mio amico e collega Lorenzo Poli commentò: “e che useranno mai? i computer della NASA?”.
NASA, National Aeronautics and Space Administration, in italiano si traduce con Ente Nazionale per le attività spaziali ed aeronautiche.
Per noi comuni mortali, che lo spazio lo guardiamo per contare le stelle o per affidare i nostri desideri alla Luna, è l’agenzia spaziale americana dove nascono le tecnologie più avanzate; il luogo certamente pieno di porte e luoghi segreti, popolati da uomini e donne geniali che studiano, fra le altre cose, come tornare sulla Luna e come arrivare su Marte.
Tutto quello che possiamo immaginare come futuristico ed irraggiungibile è facilmente associabile a questo luogo che diventa metafora della scoperta, della scienza, del successo, dell’impossibile e del futuro.
Accanto agli uffici blindati del NASA, al Mission Control e al centro di addestramento per i futuri astronauti è nato lo Space Center che attira ogni anno un milione di visitatori, incuriositi da questo centro scientifico e di apprendimento dello spazio che contiene oltre 400 manufatti spaziali, mostre, spettacoli dal vivo e teatri dedicati a preservare la storia del programma spaziale umano americano, ma anche programmi di educazione STEM (Scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) per tutte le età.
Le celebrazioni dei 50 anni dell’Apollo 11 hanno attirato durante l’ultimo weekend, qui a Houston, più di 10.000 persone: una specie di vacanza al luna park fatta di giochi, hot dog, costumi, attività a tema, musica dal vivo, birra e patatine, foto di rito, simulazioni di allunaggio e un trenino che senza sosta ha trasportato i visitatori dalle storiche sale di controllo ai laboratori degli astronauti.
La cerimonia di apertura è stata affidata al corpo dei paracadutisti dell’esercito USA, i “Golden Knights” che sono arrivati dal cielo sulla terra volteggiando lentamente, come fossero in assenza di gravità.
Moltissimi i bambini che si sono vestiti da Neil Armstrong e che hanno potuto toccare un originale pezzo di roccia lunare di 3,8 miliardi di anni, portata sulla terra dall’equipaggio dell’Apollo 17 nel 1972.
Gene Kranz, ingegnere spaziale che non solo guidò Armstrong passo passo nell’allunaggio, ma riportò indietro lo sfortunato equipaggio dell’Apollo13, ha raccontato la vicenda dell’Apollo 11 ripercorrendo ogni istante fino a quel piede che tocca deciso il suolo lunare, la sua voce alternata a tratti all’audio registrato in diretta quella notte, alle sue spalle le immagine del centro di controllo, un bianco e nero reso opaco dal fumo delle sigarette che tutti in quella stanza fumavano pervasi da ansia e adrenalina, un racconto concitato fatto di numeri e coordinate di volo eppure appassionante.
Altri protagonisti di quegli anni decisivi hanno raccontato storie, firmato autografi e libri a loro dedicati, tantissimi i ragazzi in fila per una stretta di mano e una domanda.
Un velo di malinconia negli occhi di questi uomini che hanno fatto la storia, che hanno superato ogni limite e che sono loro adesso superati da nuove tecnologie, nuovi ingegneri, nuovi piloti. Ma l’inizio di questa storia di cieli e pianeti l’hanno fatta loro.
In un giardino vicino agli uffici un roseto e delle lapidi, portano i nomi di chi alla NASA ha dedicato la vita e la carriera. Molti degli ex ingegneri fanno i volontari allo Space Center, raccontano e rispondono alle domande o forse non riescono ad andare via da lì.
All’ingresso veniva dato ai detentori dei non proprio economici “pacchetti completi” per il weekend di celebrazioni un ventaglio su cui c’era scritto: ”Io c’ero”, come a voler dire: non importa che tu non fossi già nato nel 1969, adesso avrai anche tu la tua storia da raccontare sul primo uomo sulla luna perché hai partecipato al suo compleanno, o meglio alle nozze d’oro di questa strana coppia, la luna e l’essere umano che si sono toccati per la prima volta 50 anni fa.
Un matrimonio vissuto a distanza, siderale distanza, ma gli sposi potrebbero toccarsi di nuovo nel 2024, quando, grazie al programma Artemide, dovrebbero salire sulla luna ben due esseri umani, un uomo e una donna, moderni Adamo ed Eva in tute da astronauta.
Nell’immagine in alto: Houston Space Center Apollo 11 50th Anniversary – Thomas Patten Stafford, Astronauta, Comandante Apollo 10, missione durante la quale venne testato per la prima volta il modulo lunare nell’orbita lunare
Le foto e il testo del servizio sono di Margherita Mirabella, realizzati a Houston, negli Usa, per il cinquantesimo anniversario dell’allunaggio