Strano a dirsi, ma quest’anno il mese di luglio porta con sé dei refrigeri essenziali: dopo la frescura che ha appena interessato il nostro territorio, creando non pochi disagi a causa delle abbondanti precipitazioni, anche il panorama musicale ha avuto modo di rigenerarsi, con l’ultima chicca di Giannicola Speranza, 24 anni, rapper bitontino meglio noto come Ill Preso Male: nei giorni scorsi, infatti, è stato pubblicato il suo album di esordio, Hi I’m ready, su Spotify, la piattaforma di musica in streaming più gettonata del momento. Per l’occasione, abbiamo incontrato Giannicola per rivolgergli alcune domande e spiegare la maturazione artistica e il lavoro musicale di uno dei più interessanti e originali protagonisti della scena artistica locale.
Ci spieghi, innanzitutto, perché sei “preso male”? E come mai l’articolo “il” del tuo nome d’arte contiene una ripetizione della consonante?
“Ill” bisogna intenderlo all’inglese: significa malato. In fondo siamo tutti malati, me incluso, ma desiderosi di guarire in futuro: una conquista da cui potrà conseguire anche l’evoluzione del mio nome. Magari diventerò soltanto Preso Male o, finanche, Preso. “Preso Male” è, poi, un lifestyle che mi contraddistingue: sono solito prenderla male per qualsiasi cosa. Pessimista e scettico, non riesco ad apprezzare le cose buone che mi capitano. Ho esordito come Red Hat otto anni fa, ma allora ero un Giannicola adolescente, meno maturo, interessato solo a fare rime e ad agire per me stesso. Tre anni fa ho assunto il nome di Ill Preso Male.
A cosa è dovuta questa svolta?
Innanzitutto, ai nuovi modi di fare rap. Se prima scrivevo impulsivamente ciò che mi passava per la testa, ora sono più interessato a porre a me e a chi mi ascolta delle domande: magari sia un quindicenne che un trentenne potrebbero trovare interesse in ciò che canto. Ma la svolta in sé è legata a un contest in particolare. Stavo accompagnando un mio amico, quando lui fu attaccato ingiustamente da un altro concorrente. Allora, afferrai il microfono e cominciai a rappare. Da lì mi iscrissi al contest come “Ill Preso Male”. La svolta, insomma, è avvenuta quasi per caso.
Hai collaborato con altri rapper, prima di incidere il tuo disco?
Certo. Ho collaborato, e collaboro tuttora, con i Bari Jungle Brothers, un collettivo formato da Max Il Nano, Reverendo, Ufo, Torto OG e Walino: prima come dj, poi come cantante d’apertura dei loro live. In particolare, devo molto a Walino, che menziono in Torre di controllo, terza traccia del disco Hi I’m ready: ha la capacità di indirizzarmi nella direzione giusta e tenermi a bada sia in campo musicale sia nella vita quotidiana. Per quest’ultimo album, inoltre, ho collaborato con molti artisti esordienti, tra cui Rafja, il bitontino che debutta proprio nel mio disco, Tagore Baby dei South Squad, Kender & Trigger e gli 80Empire. Alla base del disco c’è proprio quest’idea: non circondarsi di gente già famosa ma dare a molti esordienti l’opportunità di farsi conoscere. È stata una mossa volutamente antisistema rispetto al delirio di fama che ci propina il mercato musicale oggi.
Veniamo all’album. Ciò che risalta subito è l’alta qualità del sound, molto curata nonostante sia un lavoro d’esordio…
Hi I’m ready è stato pubblicato alcuni giorni fa dopo un anno e mezzo di lavoro. È stato realizzato grazie alla fiducia che mi ha accordato l’ADAS, l’Accademia delle Arti di Strada barese creata dagli stessi Bari Jungle Brothers, ed è stato prodotto da Kif Kiffen. L’album è stato anticipato dal video di Controra, una traccia dei Bari Jungle Brothers in cui la mia ragazza (Federica Miccione, ndr), è l’interprete femminile proprio per rendere l’idea della genuinità del Preso Male, senza essere circondato dalle solite ragazze in topless e perizoma. Inoltre, per la promozione dell’album abbiamo realizzato migliaia di bigliettini con un QR code sul retro che al momento reindirizza solo al mio profilo Spotify. La cover è stata disegnata dal fumettista Luis Meamis, con il rendering di Giovanni Caputo. In realtà abbiamo inciso una quarantina di canzoni nello studio di registrazione dell’ADAS, ma alla fine ne abbiamo selezionate solo dieci per ottenere un sound più pulito e perché più giuste come brani musicali di un disco, mentre le altre sarebbero state più adatte a un mix tape.
Ti sei ispirato a qualche rapper in particolare?
Non direttamente, ma di sicuro mi hanno influenzato molto il ritmo e l’immagine di Ocean Wisdom, un rapper londinese che riprendo soprattutto in Intro, la traccia di apertura dell’album. Poi ci sono Lil Mosey e Travis Scott, americani. Guardo anche alla scena musicale italiana per notare cosa propone il mercato e anche per capire le scelte da evitare. Inoltre, ascolto molto rap in inglese perché è una lingua molto più fluida dell’italiano, e nel rap il fattore linguistico è decisivo per il flow.
Il disco è il resoconto del tuo stile di vita: descrizioni dei tuoi modi di fare, riflessioni sulla società affetta dalla social-mania, che denunci in Impersonator, deliri di onnipotenza, parentesi sentimentali e momenti di pessimismo cosmico. La filosofia che sottende a Hi I’m ready è molto semplice: essere pronto a sporcarsi le mani, a metterci la faccia…
Esatto. Ho deciso di raccontare ciò che vivo quotidianamente soprattutto per modificare l’idea che i miei concittadini hanno del rap: non è un hobby o un modo per far soldi quando raggiungi una certa notorietà. Avrei anche potuto prenderla bene, cantare in positive, ma non possono non prendermi male tante cose storte che avvengono qui e più in generale al sud. Uno dei motivi di maggior sofferenza è il fatto che non ci sia un lavoro stabile, ciò che crea grandi disagi e favosrisce la criminalità: in Andrà tutto bene canto “Voglio un lavoro per i raga e per i padri di famiglia, una city più amorevole con gente più tranquilla. Ti fan crescere coi sogni, la realtà non ci assomiglia. Vorrei riempire ‘sti fogli ma lontano mille miglia”.
Perché la musica, secondo te, può rappresentare una risposta alla crisi del sud? In Gocce a Ferragosto la definisci “una chiesa in una piazza che strilla”…
La musica, di ogni genere, conta molti proseliti, ma a differenza di molte credenze non è moralista. I messaggi contenuti nella musica sono molto espliciti: io stesso mi impegno nei miei lavori a raccontare ciò che vedo e ciò che sento senza filtri di alcun tipo. L’hip hop e il rap sono stati una grande occasione per fare i conti con me stesso e con le mie fragilità: al termine del lavoro mi sono sentito libero e soprattutto liberato. È stata un’esperienza terapeutica. Credo che il messaggio che la musica debba trasmettere sia proprio questo: andrà tutto bene, nonostante tutte le storture di questo mondo.
Ritieni che questo album sia più un punto d’arrivo o un punto di partenza?
Ho lavorato a questo album mettendo in pratica tutto ciò che ho imparato in questi anni. Di certo non posso dirmi arrivato con questo disco; anzi, è il mio bigliettino da visita per farmi conoscere da altre etichette discografiche. Rappresenta, comunque, una tappa importante del percorso che ho intrapreso.
Hai in progetto altri lavori?
Ora posso solo dirti che mi piacerebbe cambiare flow e sperimentare altre cose. Se siete curiosi di scoprire cosa sta per combinare Ill Preso Male vi consiglio di tenervi stretto il QR code sul retro del biglietto promozionale. A breve potrebbero esserci delle sorprese.
Nella foto in alto, da sin, Tagore Baby, Ill Preso Male e Rafja