In un tempo come il nostro in cui, con forza sempre maggiore, viene evocato il mito dell’identità come baluardo difensivo dall’altro, dal diverso, dal difforme – a cominciare dal migrante, “reo” di indossare una pelle scura e di pensare secondo i canoni di una cultura e una religione che non sono quelle elette di noi occidentali – ecco ricomparire in scena anche quello relativo all’identità sessuale, nell’ostinato tentativo di risolvere la natura dell’essere umano, irriducibile all’univocità di qualsiasi definizione, nella distinzione tra il maschile e il femminile, visti come due sessi pieni, assolutamente distinti e opposti l’uno all’altro.
Un tema che, da un punto di vista etico e sociale, in realtà è al centro dell’attenzione pubblica e mediatica, in Europa e nel mondo. Se, tuttavia, posiamo il nostro sguardo sull’Italia, i dati relativi al grado di accettazione della diversità sessuale nel nostro paese sembrano a dir poco allarmanti, se messi a confronto con la maggior parte dei Paesi sviluppati. Un recente sondaggio dell’Ocse rivela che, negli anni tra il 2001 e il 2014, l’Italia ha registrato un basso indice di accettazione pari a 3.3, posizionandosi tra l’Ungheria e la Polonia.
Quante volte ascoltiamo episodi di cronaca riguardo a ragazzi e ragazze sfregiati nel corpo e nell’anima o che hanno rinunciato alla propria vita perché derisi in quanto manifestano un amore non conforme ai canoni tradizionali?
Giugno è il mese mondiale del “pride” che ricorda i moti di Stonewall del 1969. Nella notte fra il 27 e il 28 giugno di cinquant’anni fa, la polizia fece irruzione nell’omonimo locale gay, nel Greenwich Village di New York: il lancio di oggetti agli sbirri da parte di alcune drag queen e donne trans fu la scintilla che diede vita al movimento di liberazione omosessuale. Anche quest’anno, le comunità LGBTQI+ sono scese nelle piazze di tutt’Italia per rivendicare il proprio diritto a vivere la propria sessualità nella legalità e senza persecuzioni.
A Bari oltre cinquemila persone hanno sfilato in un corteo che, partito da piazza Umberto, si è snodato per le principali vie della città, approdando sul lungomare di Punta Perrotti. Tra le associazioni promotrici della manifestazione Arcigay, Agedo, Mixed, Uar, Fuori Mercato, Bread&Roses, La Giusta Causa, Genitori Rainbow, Unione degli Studenti, Rete della Conoscenza. Tra le fila del corteo anche le bandiere di Emergency e di Amnesty International.
Le considerazioni dei giovani che si sono espressi ai nostri taccuini sono, in ogni loro aspetto, non solo condivisibili ma utili da diffondere perché chiamano in causa la coscienza di tutti, specialmente degli adulti. Questi ragazzi non sono affatto terrorizzati dalle differenze sessuali e, soprattutto, sono lontani da ogni discriminazione che parta dal sesso.
“L’omosessualità esiste da sempre, sebbene, troppo spesso, l’ambiente sociale e familiare comprima questa realtà anziché capirla. Sono etero ma ho deciso di essere qui a manifestare, senza pregiudizi, per i diritti delle persone LGBTQI+, affinché un domani tutti siano messi nelle condizioni di esprimere liberamente la propria sessualità”, spiega Rebecca, studentessa di Beni culturali presso l’ateneo barese.
“Siamo tutti esseri umani, dovremmo avere pari dignità sociale ed essere uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali”, prosegue Annarita, studentessa del tecnico professionale Gorjux-Tridente-Vivante, mentre Ilaria, studentessa del liceo artistico R. Luxemburg, spiega: “Ho subito le dure conseguenze dell’outing sulla mia pelle e non è stato facile per me riprendermi dal trauma”.
Proviamo per un attimo a metterci nei panni di un omosessuale o di una persona queer. Chissà quanta sofferenza avrà dovuto affrontare, per colpa delle idee, della cultura, della società e dell’ambiente in cui vive. Per quanto tempo si è dovuto nascondere; quanta paura avrà avuto di essere sé stesso e a qualsiasi età. E quanto coraggio avrà dovuto avere per continuare a vivere difendendo le proprie idee e esprimendo la propria sessualità.
“Finalmente si sta valutando di inserire l’insegnamento dell’educazione emotiva e sentimentale come disciplina all’interno delle scuole. Sarebbe già un notevole passo in avanti verso il rispetto degli omosessuali. Le probabilità che un genitore omosessuale possa educare adeguatamente suo figlio sono le stesse che per i genitori eterosessuali. Quanti genitori criminali eterosessuali ci sono? Quanti genitori eterosessuali sbadati, indifferenti, indaffarati, assenti, narcisisti, egoisti ci sono?”, precisa Mia, studentessa presso il liceo Socrate di Bari.
“Il coordinamento del pride ha rifiutato il patrocinio morale della Regione Puglia. Nessun logo istituzionale è presente sulle nostre bandiere perché è mancata la volontà politica di sostenere, anche simbolicamente, le nostre rivendicazioni. Sebbene Emiliano sia il firmatario della legge sulla omotransfobia, quest’ultima è bloccata in consiglio da due anni”, sottolinea Agnese, studentessa del Politecnico, tra le organizzatrici del pride.
Esiste un diritto all’amore e a manifestare liberamente i propri sentimenti? Se sì, può essere limitato o codificato? Se l’espressione socialmente più nobile del sentimento d’amore è la condivisione della propria vita con la persona amata, è lecito negare a due esseri umani dello stesso sesso il diritto a mettere su una famiglia?
“A mio parere, le sensazioni, le emozioni, i sentimenti, l’amore reale, le relazioni non possono definirsi in maniera assoluta più di tanto, perché una loro definizione ne implicherebbe sempre altrettante possibili. Bisognerebbe viverle e basta”, ritiene Iacopo, studente del liceo classico di Corato.
“Vogliamo che il concetto di famiglia venga declinato al plurale. Lo slogan del nostro manifesto, Nessun dorma, è un esplicito invito alla politica a farsi seriamente portavoce delle nostre rivendicazioni, abbreviando il più possibile l’iter legislativo. Resta aperta la ferita ereditata dal ddl Cirinnà del 2016, rivelatosi, al netto dei risultati, motivo di contrapposizioni tra le forze politiche, generate non tanto dalla natura del problema, quanto dal consenso e, quindi, dal vantaggio elettorale che se ne è potuto trarre, dicendo sì o no alle varie soluzioni. Il bambino ha bisogno di persone che svolgano un ruolo genitoriale e che lo aiutino a crescere finché non sarà in grado di proseguire autonomamente sulla sua strada. Questo qualcuno può essere chiunque. Un uomo, una donna, due uomini, un transessuale, due transessuali, un uomo e una donna; l’importante è che ci sia l’affetto, la maturità, lo spirito genitoriale, la voglia, l’altruismo”, puntualizza Vincenzo, studente universitario e responsabile della segreteria dei Giovani Democratici di Bari.
Siamo tutti cittadini dello stesso paese, l’Italia. Forse si dovrebbe modificare l’articolo 3 della costituzione, per rendere ancora più esplicita la richiesta delle comunità LGBTQI+, chiarendo che non sono ammesse distinzioni di orientamento sessuale. “La particolarità di ogni individuo, compresa quella dell’orientamento sessuale, è un fatto assolutamente normale”, sostiene Miriam, studentessa di lettere presso l’ateneo barese. “Non neghiamo a una persona sessualmente diversa da noi, ma non per questo anormale, di nostri stessi diritti”, sostiene Stella, studentessa presso la facoltà di Farmacia.
“Spero che questa possa diventare la città dei diritti, dove ognuno si senta libero di essere quello che, di amare chi vuole. Questo è il regalo più bello che possiamo fare a Bari, una città dove tutti si rispettano”, ha dichiarato il primo cittadino Antonio Decaro. “Sono sono qui per testimoniare la mia vicinanza a chi ancora oggi si sente discriminato. Dal primo giorno in cui sono stato eletto ho promesso che sarò il sindaco soprattutto di chi non vede tutelati i propri diritti”, ha concluso.
L’orgoglio del pride non riguarda se stessi, non è quell’ “esagerato sentimento della propria dignità e dei propri meriti”, come riportano i dizionari, ma rappresenta la fierezza di appartenere a una comunità, un tempo derelitta, che si è coraggiosamente e tenacemente fatta strada nella società, conquistando quel diritto fondamentale all’esistenza che non è una grazia piovuta dal cielo, non una carità concessa dall’alto, ma una lotta partita dal basso.
Appuntamento ora a Matera il prossimo 20 luglio, nuova tappa del pride. Per la città dei sassi, eletta capitale europea della cultura, sarà la prima volta in cui verrà ospitata la battaglia per i diritti civili.
Nelle foto, alcuni momenti del pride di Bari