Tra i compiti che la scuola del terzo millennio si prefigge c’è certamente quello di potenziare la conoscenza del territorio, promuovendo allo stesso tempo comportamenti virtuosi all’insegna dell’ecologia e del rispetto dell’ambiente.
È così che, nell’ambito del Programma Operativo Nazionale (il famoso PON) 2014-2020, il piano di interventi che punta a creare un sistema d’istruzione e di formazione di elevata qualità, il Liceo “Carmine Sylos” di Bitonto ha avviato un progetto dal titolo Il mondo nel Sylos, coordinato dal dirigente scolastico, Antonia Speranza, e dalle docenti Filomena Garofalo e Anna Mastronicola, rispettivamente coordinatrice del progetto e referente della valutazione. Il tutto supervisionato dalla prof.ssa Teresa Ancona, tutor del progetto. Un tentativo felice di incoraggiare lo studio del macrocosmo in cui la comunità scolastica è inserita per formare cittadini consapevoli delle risorse (culturali, economiche, sociali, ma anche architettoniche, paesaggistiche o naturalistiche) del territorio.
Uno dei moduli, ad esempio, intitolato Il mio ambiente: la Lama Balice, ha permesso a 16 ragazzi di partecipare ad un ciclo di lezioni dedicate a dieci tematiche specifiche inerenti la lama e il parco regionale, approfondite grazie alla consultazione di una ricca documentazione fotografica, utilissima alla comprensione di questo complesso ecosistema.
A completamento dell’esperienza formativa, poi, sono state previste due escursioni in altrettante aree strategiche, per osservare una parte dei luoghi descritti in aula e coinvolgere attivamente i partecipanti nella realizzazione di un reportage fotografico come prodotto finale del corso. Vediamo nel dettaglio l’articolazione delle dieci lezioni.
Geomorfologia della Lama
Da un excursus più generale sulle forme carsiche dell’orografia e idrografia pugliese si è giunti alla narrazione puntuale dello sviluppo della Lama Balice, alla sua appartenenza al sistema delle nove lame confluenti sulla città di Bari, i vari comuni attraversati, l’origine, il bacino idrografico, l’andamento con le varie diramazioni, la confluenza delle altre lame su di essa, fino allo sbocco a mare. Proseguendo, poi, con la descrizione dei profili trasversali, la sequenza e l’alternanza degli stessi sul territorio, ovvero la natura dei declivi e la differenza dei versanti nella diversa conformazione tra contesto urbano e rurale. Infine, qualche indicazione sui toponimi relativi ai luoghi, i fenomeni delle piene e delle alluvioni come eventi eccezionali e le conseguenze che questi causano sul paesaggio, con un confronto tra le città di Bari e Bitonto.
Il Parco Naturale Regionale
La seconda lezione è stata incentrata sull’istituzione del parco e la definizione del perimetro nei due comuni che ne fanno parte, Bari e Bitonto. Si è fatto cenno al concetto di ciglio alto, al criterio adottato per la delimitazione e allo studio della perimetrazione.
Grotte e cavità
Alle brevi nozioni sulla formazione carsica delle grotte e delle cavità è seguita la descrizione dei versanti particolari e delle zone della lama dove queste sono localizzate. Sono state illustrate quelle più note e le altre meno conosciute, mostrando, per le prime, i grafici di rilievo desunti dal censimento del catasto delle grotte, e sottolineando, per le altre, la necessità di mappatura per arricchire l’inventario del patrimonio naturale.
Flora e fauna
Le forme e i tipi di vegetazione che si sviluppano nella Lama Balice sono stati illustrati tramite l’osservazione delle varie aree del Parco, evidenziando le differenze tra la flora presente nel contesto rurale e urbano e quella sviluppatasi tra le città di Bari e Bitonto. Si è detto anche delle problematiche che provoca la crescita di vegetazione spontanea in alcuni luoghi e delle diverse specie faunistiche, che trovano una idoneità ambientale nell’habitat della Lama e soprattutto dell’emergenza legata alla presenza dei cinghiali nei pressi del quartiere San Paolo di Bari.
La Città e la Lama
Tema trattato principalmente con riferimento all’urbanizzazione, approfondendo il rapporto diretto e storicizzato che Bitonto ha con la lama e tralasciando, invece, quello più marginale e contemporaneo con la città di Bari. Si è visto come l’insediamento del primo nucleo urbano, sulla parte più alta dell’alveo torrentizio, e la forma più compiuta dell’abitato antico sono stati determinati da un’ansa della Lama, definita oggi dal circuito stradale di Via Solferino, Via Castelfidardo e Via Galilei, ma anche l’influenza che essa ha avuto sullo sviluppo della città storica, con i fronti urbani sfrangiati costruiti sulle direttrici stradali di Via Traetta e Via Palombaio, e la nuova espansione che si impone, con la sua cortina edilizia compatta e lineare, su Via Berlinguer.
La Città vista dalla Lama
Questo argomento è strettamente correlato al precedente, ma viene da un esame effettuato con un taglio diverso, che prende in considerazione la rappresentazione della città, ma solo ed esclusivamente per quanto riguarda Bitonto. E cioè come la città è stata osservata e ripresa da vedutisti, incisori, pittori e fotografi, secondo punti di vista privilegiati, dal versante opposto della Lama. È stata accentuata la visione della città che emerge del tutto singolare e personale da alcuni dipinti dell’artista Francesco Speranza e quella che affiora dalle immagini fotografiche, dalla cartolina alla produzione più autoriale.
Il patrimonio architettonico
Una rassegna sul ricco patrimonio architettonico presente nella Lama, dalle emergenze monumentali alle architetture minori, da quelle di particolare rilievo storico, culturale ed artistico a quelle prive di questi caratteri ma pur sempre dignitosi esempi di costruzioni, indagate nelle varie tipologie urbane e rurali. Tra queste si possono menzionare i complessi conventuali di San Francesco d’Assisi, di Santa Teresa, del Carmine, dei Cappuccini, le chiese urbane e quelle campestri. E ancora, le strutture più strettamente rurali come le torri, più diffuse nel territorio di Bitonto (e particolarmente addensate in certe zone) o le masserie, concentrate invece soprattutto nel territorio di Bari. Infine altri edifici singolari come la neviera di contrada Casalicchio, il Casale San Marco, l’edificio dell’ex mattatoio su Via Solferino, il Villino Castellucci e Villa Framarino, sede del parco.
Opere idrauliche ed altri manufatti
Anch’esse appartenenti al patrimonio architettonico, ma più rispondenti ad una precisa funzione, le opere idrauliche, ossia l’insieme dei manufatti realizzati al fine della regimazione dei corsi d’acqua – muraglioni, argini, massicciate e canali – meritavano una trattazione a parte, così come pure i ponti, sia quelli di grande rilevanza storico-artistica che gli altri, quelli costruiti più di recente, ma anche le grandi cisterne per l’approvvigionamento idrico della popolazione. Per terminare, poi, con i terrapieni e i terrazzamenti, che caratterizzano fortemente il paesaggio urbano e agricolo della Lama Balice.
Interferenze infrastrutturali
Le interferenze e le intersezioni che si generano tra il sistema naturale e il complesso delle opere infrastrutturali sono determinate sia dalla rete viaria che da quella impiantistica che costeggia e/o attraversa la Lama o dal passaggio sopra o sotto l’alveo torrentizio. Oltre le strade e la rete fognaria, storicamente legata allo scorrimento nella Lama Balice sono state descritte le altre condotte di impianti come l’acquedotto pugliese e il metanodotto.
Criticità
Tra le situazioni critiche della lama e del parco, diverse per natura oltre che dipendenti da vari aspetti, sono state evidenziate quelle relative allo sviluppo urbano delle città di Bari e Bitonto e, in particolar modo, al fenomeno dell’abusivismo con i conseguenti rischi idrologici che ne potrebbero derivare in occasione di eventi eccezionali come le piene, ma anche l’insediamento di alcune particolari unità produttive, come quelle di tipo estrattivo che hanno generato uno squilibrio e un degrado avanzato nell’ecosistema della Lama. Un problema, quello delle vecchie cave dismesse da bonificare, che costituisce un tema nodale su cui lavorare negli anni a venire per la riqualificazione del parco regionale. In questo ambito è stata affrontata anche la questione delle proprietà private, le cui delimitazioni e recinzioni compromettono di molto la fruizione stessa del parco. Un ultimo argomento, verso il quale diversi alunni hanno mostrato notevole interesse e sensibilità, è stato quello dei rifiuti, la cui presenza costante di ogni genere – suppellettili, pneumatici, auto rubate – ai bordi e nella lama, restituisce un’immagine piuttosto degradante del parco.
Le uscite sulle due aree
Le due uscite sono state strategicamente organizzate su due aree, quella di Santa Teresa e quella del Carmine, simili tra loro perché accumunate dalla presenza degli stessi elementi, perciò gemelle, ma eterozigote per il differente rapporto tra di essi. Entrambe le aree, infatti, sono caratterizzate dalla porta urbana per l’accesso alla città antica, il ponte sulla lama, il complesso conventuale con la relativa piazza antistante, la cisterna pubblica per l’approvvigionamento idrico e l’abbeveratoio. Eppure i due sistemi differiscono per alcune particolarità.
Nella prima area, quella di Santa Teresa, dove purtroppo non vi è più alcuna traccia della vecchia Porta Pendile, si ha una relazione diretta, frontale, tra l’accesso alla città e la seicentesca chiesa di Santa Maria del Popolo con l’annesso settecentesco convento. Questi ultimi elementi, difatti, si pongono come fondale di tutto il sistema nella sequenza: porta – ponte – piazza – chiesa/convento. Tra la porta urbana e il convento si frappone il ponte, eretto tra il 1846 e il 1850 dal Castellucci, e la piazza Carmine Sylos. La grande cisterna, che prende il nome dall’attigua chiesa, realizzata nel 1612 e restaurata nel 1822 dall’architetto Giuseppe Gimma, è posta di lato in modo trasversale, assieme all’abbeveratoio ad essa integrata.
Nell’altra area, quella del Carmine, invece, dominata dall’imponente edificio dell’Istituto Maria Cristina di Savoia (l’orfanotrofio costruito tra il 1839 e il 1852 su progetto di Luigi Castellucci) che avvolge la vetusta fabbrica della quattrocentesca chiesa di Santa Maria delle Lame e del convento, la presenza dell’importante arteria Via Ferdinando di Borbone (la vecchia strada Mediterranea, che conduce a Palo del Colle, Modugno e Bari) crea una separazione tra i vari elementi. Porta la Maja e il ponte del Carmine risultano disposti in modo assiale, mentre l’Istituto e la cisterna si fronteggiano divisi proprio dalla via. La cisterna del Carmine, progettata nel 1838 dall’architetto Francesco Lerario, è sottoposta rispetto alla quota della strada, innalzata al momento della realizzazione del ponte del Carmine tra il 1846 e 1860 sempre su progetto del Castellucci, perciò non è visibile. L’abbeveratoio posto sullo stesso lato della cisterna è da essa staccato, isolato posto a margine della carreggiata, così come il piazzale, che prende lo stesso nome della via, sembra assumere più la connotazione di un semplice slargo che quello di una piazza. Entrambe le aree sono poi caratterizzate dalla vicinanza di edifici singolari, anch’essi visti durante le due uscite.
In prossimità dell’area di Santa Teresa si trova l’edificio dell’ex Mattatoio, costruito nel 1838 su progetto dell’architetto Francesco Lerario. La costruzione si raccorda, tramite il muraglione che sostiene via Solferino, realizzato sempre dallo stesso architetto nel 1833, al ponte di Santa Teresa. Mentre sull’area del Carmine si trova il Villino Castellucci posto oltre la fine del muraglione che sostiene la strada di servizio al Maria Cristina e che si raccorda al ponte del Carmine.
Queste due aree una volta erano accumunate anche dalla presenza di strutture per altre attività, più agricole su quella del Carmine, con il frantoio dei Basso e la fabbrica posta nell’invaso, tuttora esistente, e industriali sull’area di Santa Teresa dove purtroppo dei vecchi opifici con le rispettive ciminiere, che caratterizzavano quel luogo, non rimane più nulla.
Persino il pittore Francesco Speranza ha lasciato il suo segno su entrambe le aree con due memorabili dipinti: “Paesaggio Italico“ del 1932, con un’inquadratura ripresa nelle vicinanze della chiesa di Santa Teresa e “Paesaggio del mio Paese“ del 1939 con una composizione tratta dal Villino Castellucci. Ci piace ricordare, infine, il passaggio su questi luoghi di due importanti autori della fotografia italiana, Luigi Ghirri con un’immagine della piazza Carmine Sylos, sullo sfondo della città antica, e Olivo Barbieri che dal Carmine riprende in dettaglio la chiesa di San Francesco d’Assisi.
Durante il ciclo delle lezioni, con la visione di appositi materiali, i partecipanti sono stati preparati anche dal punto di vista fotografico. Infatti non sono mancate le indicazioni e gli accorgimenti utili per la costruzione di un’immagine; un aspetto, questo, che ha suscitato una grande attenzione da parte degli alunni, i quali hanno trovato le informazioni molto stimolanti, mettendole, poi, in pratica sul campo, in occasione delle due uscite.
Le foto raccolte con grande entusiasmo dai partecipanti sono state visionate in aula per poter poi realizzare un reportage fotografico, come prodotto finale del corso. Le immagini sono state accuratamente selezionate e manipolate a tavolino, per renderle più idonee ad un progetto narrativo coerente. Il reportage, infatti, è stato concepito con una serie di trittici tale da dare più efficacia al racconto. Le composizioni così ottenute danno una visione e una lettura sapiente dei luoghi, delle fabbriche e dei manufatti visti.